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SCRIENDI E GIOGHENDI

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Imparausu Su Sardu
 · 1 week ago
SCRIENDI E GIOGHENDI
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SCRIENDI E GIOGHENDI

Non è semplice, oggi presentare questo libro che è solo una selezione di ciò che hanno fatto i bambini e soprattutto, di ciò che con loro è stato fatto in cinque anni di scuola.


Per questo, sebbene non sia così, sfogliandolo può sembrare che si tratti solo di una serie di racconti e di regole raccolti e messi
insieme. Non è agevole, in poco spazio, scrivere e spiegare la strada che si è fatta per giungere con i bambini a ragionare sulla lingua sarda, a capirne la struttura ed essere capaci di usarla per parlare, per studiare, per esprimere sentimenti, per raccontare storie.

Cercheremo tuttavia di spiegare qualcosa perché si possa capire l'itinerario da noi seguito.


La cosa più difficile da superare in prima elementare è stata la vergogna che provavano i bambini a parlare in sardo, perché gli adulti avevano insegnato loro a pensare che parlando in italiano sarebbero sempre riusciti meglio negli studi e che il fatto di parlare la lingua sarda li avrebbe, invece, collocati ad un livello inferiore rispetto a chi parla la lingua italiana.


Di fronte a loro, fra noi maestri non abbiamo mai esitato a parlare in sardo, in sardo abbiamo loro raccontato storie e quando abbiamo potuto farlo, ci siamo sempre riferiti alla lingua sarda.
È così facendo, a poco a poco, abbiamo vinto la resistenza, persino dei più restii, a parlare in sardo.


I bambini, lasciati liberi di scrivere in sardo come volevano, hanno subito capito che ognuno poteva scrivere a modo suo, che i segni che avevano imparato per scrivere in italiano non servivano per rappresentare alcuni suoni delle parole di Gergei e che i maestri (che non erano del loro paese) pronunciavano molte parole in modo diverso da loro.


E allora? Ci saremmo dovuti accontentare di scrivere in modo disorganico, ognuno per proprio conto, senza che si potesse dire cos’era corretto o cos’era sbagliato oppure era necessario trovare un accordo di scrittura che permettesse a tutti di scrivere nello stesso modo.

Un accordo di scrittura non sarebbe stato facile da trovare, pensavamo, sapendo che non ci sono riusciti (o non ci son voluti riuscire) nemmeno gli studiosi di lingua sarda; ma non avevamo considerato che, fortunatamente, i bambini non ragionano ancora come gli adulti.


Infatti i bambini non pretesero di scrivere a tutti i costi come si parla al loro paese, avevano capito velocemente che ci poteva essere un modo per scrivere e un altro per leggere, visto che la scrittura deve essere capita da loro, ma anche dagli abitanti degli altri paesi, in modo che ognuno possa leggere secondo la propria pronuncia.


Chiarito questo, ci sembra giusto dare, velocemente, un’idea delle regole che, più o meno, abbiamo seguito in questi anni di lavoro:

- le parole si scrivono sempre intere cioè senza le elisioni richieste dalla pronuncia (per esempio: ’omu si scrive domu, ’eca si scrive geca);

- si usano tutti i segni che si usano in lingua italiana, ed inoltre “X” e “TZ” (àxina-uva, pratza-cortile), non si adopera invece la “Q”;

-si raddoppiano solo le lettere “D-L-N-R-S”;

-si eliminano le vocali paragogiche, cioè quelle vocali che nel parlato mettiamo alla fine di tutte le parole che nello scritto terminano con consonante (si dice infatti arrosasa, andausu, papanta...si scrive arrosas, andaus, papant);

-vengono segnate dall’accento grafico le parole sdrucciole e le parole tronche, l’accento viene segnato inoltre tutte le volte che serve per evitare ambiguità e confusioni;

-finiscono con la “T” tutti i verbi alla terza persona singolare e plurale (diciamo infatti: pàrtidi, pàrtinti...ma scriviamo partìt, partìnt).

- molte parole poi possono comparire scritte in modo diverso (poita-puita, maistrus-maistus, no-non, feti-sceti, aici-ainci, andendi-andendu, e altri ancora), abbiamo pensato che fosse indifferente lo scrivere in un modo o nell'altro, visto che sono tutte varianti in uso.

Non sappiamo se tutti siano d'accordo con questo modo di scrivere, né abbiamo la presunzione di credere che esso sia il migliore, ciò che è importante infatti è il modo in cui ci sono arrivati i bambini.

Resta però il fatto che, una volta decise le regole, i bambini hanno cominciato a scrivere con piacere, racconti e vissuti, nel loro quaderno e spesso anche alla lavagna per discutere tutti insieme se si era scritto in modo corretto o se c'erano cose da modificare.

Con molta naturalità si è passati dallo scrivere in sardo al cercare di capirne (diversificando le attività in relazione alle necessità) la sua struttura e a confrontare poi questa con quella italiana. Così i bambini si sono dimostrati più agevolmente delle due lingue e si è evitato di mortificare il sardo riducendolo a semplice strumento nell'apprendimento dell'italiano, e l'una e l'altra lingua hanno contribuito, in egual misura, ad arricchire intellettualmente il bambino.

Un percorso didattico non può però essere spiegato con chiarezza, con poche parole e in un centinaio di pagine di libro, cercheremo quindi di fare del nostro meglio.

Capire ciò che si ascolta e che si legge è un obiettivo fondamentale dell'educazione linguistica ed è indispensabile che i bambini acquisiscano questa abilità, per non essere tagliati fuori da tutta l'educazione.

Tutta l'attività presentata in questo libro tende al conseguimento di questa finalità, che si è cercato di raggiungere attraverso i seguenti obiettivi specifici:

a) Saper leggere (silenziosamente o ad alta voce) e capire testi di qualsiasi tipo, ricavandone le informazioni esplicite, quelle implicite e dimostrandosi capaci di fare inferenze.

b) Saper leggere e capire testi e giundere a scoprire il ruolo di chi parla e di chi ascolta a seconda del contesto in cui accade il fatto.

c) Saper riscrivere testi da diversi punti di vista.

d) Saper scrivere testi soggettivi che oggettivi.

e) Essere capaci di ampliare il proprio lessico.

f ) Saper riconoscere le parti del discorso e di ognuna capire la funzione.

Le attività proposte ai bambini, in relazione al raggiungimento degli obiettivi, sono le seguenti:

— OB.a - Le schede proposte per "capire il testo" che compaiono nel libro sono, in relazione alle difficoltà, di tipo diverso, perché sono state presentate ai bambini gradatamente negli anni, man mano che si progrediva nell'apprendimento.

In alcune di esse, per ogni domanda ci sono tre o quattro risposte e ai bambini è lasciata la scelta di quella giusta. Le domande riguardano per lo più informazioni esplicite, ma se non si è letto con attenzione il testo, esse possono trarre in inganno.

In altre vengono presentate delle domande che servono per verificare se i bambini hanno colto le informazioni esplicite, quelle implicite, a volte anche lo scopo del racconto e se sono capaci di effettuare inferenze.

Dopo aver letto silenziosamente e individualmente il brano, i bambini devono rispondere alle domande senza poter più consultare il testo.

Quando tutti hanno terminato, confrontano, in una discussione collettiva, le risposte, ed ognuno deve fornire argomentazioni valide per convincere compagni e maestri (ma è più difficile convincere i compagni) che la propria risposta può essere ritenuta corretta.

La discussione collettiva è sicuramente il modo migliore per far capire ai bambini quanto essi valgano nell'esercizio della dialettica: possono confrontarsi con gli altri e col loro modo di pensare, e così rinforzano la capacità di parlare e ragionare perché devono chiarire e far capire il loro modo di pensare per giungere, alla fine, e con il contributo di tutti ad analisi e a conclusioni più complete.

— OB.b - In altre schede c'è scritto ciò che hanno detto o potrebbero aver detto i vari personaggi in quel contesto. I bambini devono capire, dopo aver letto il testo, chi può essersi espresso in quel modo.


Perverranno così a capire che il modo di comunicare cambia col cambiare delle modalità e del luogo in cui succede il fatto e in relazione all’emittente e al destinatario.

OB.A.f - Altre schede presentano testi “bucati”, testi cioè dai quali sono state cancellate delle parole che il bambino deve reintegrare. Per poter riempire correttamente i “buchi”, è necessario comprendere bene il brano e perciò questo tipo di attività “obbliga” il bambino a leggere con maggiore attenzione, ad andare avanti e indietro nella lettura per correggere eventuali errori fatti nei primi riempimenti. È un esercizio per eccellenza testuale e stimola il bambino ad indagare sulle connessioni tra gli enunciati che lo compongono e a soffermarsi non soltanto sui significati, ma anche a riflettere sulla lingua sul piano morfologico, sintattico e lessicale. La discussione collettiva, nel corso della quale verranno esaminati i testi reintegrati dagli alunni, è un altro aspetto importante dell’attività: è il momento della riflessione collettiva su problemi di tipo linguistico, semantico, grammaticale e sintattico.

OB.C.f - La riscrittura di un racconto da diversi punti di vista è un’attività importante che serve, quando viene svolta sistematicamente e con intelligenza, a far sentire i bambini più sicuri nell' uso delle regole sintattiche e morfologiche, più padroni della lingua scritta, più capaci di usare la lingua ampliando il pensiero e le idee.

Molte volte ciò che blocca il bambino nello scrivere è il fatto di dover fare diverse cose contemporaneamente, lavoro questo che è difficile anche per un adulto: progettare il racconto, scriverlo e cercare, nello scrivere, di non commettere errori di alcun genere, né di struttura, né di grammatica, né di ortografia.

La riscrittura di un racconto già inventato da altri libera il bambino da una delle difficoltà (per qualche bambino la più grande) rappresentata dall’invenzione del racconto. Così gli si dà la possibilità di pensare soltanto a modificare verbi, soggetti, articoli, pronomi e tutto ciò che serve, e di aggiungere, quando vuole e quando è necessario, nuove idee che arricchiscano il racconto, rispettandone però la coerenza. Così facendo non si mortifica la fantasia e le capacità del bambino.

Alla fine ci ritroviamo racconti nuovi, piacevoli, complessivamente diversi dall' originale ed inoltre abbiamo incominciato a introdurre i bambini nel mondo delle regole sintattiche e/o morfologiche. Con questo lavoro infatti i bambini capiscono la funzione dei pronomi e delle altre parti del discorso e la necessità della concordanza.

Ce ne siamo serviti però, soprattutto, per far loro imparare i pronomi personali che sono cosa non semplice da apprendere.

OB.f - Quando abbiamo programmato il lavoro per far apprendere ai bambini le parti del discorso abbiamo deciso che avremmo tenuto conto dell’aspetto semantico e sintattico del linguaggio, cioè dei significati e delle norme che lo regolano. Nella scuola abbiamo la brutta abitudine di presentare ai bambini solo la parte sintattica del linguaggio e quasi sempre trascuriamo la parte semantica. Se invece i bambini si trovano obbligati a dare un significato a ciò che dicono, in modo che le parole abbiano senso, allora capiscono che queste vanno ordinate in modo tale che, sia il livello semantico che quello grammaticale siano coerenti e così finiscono per adoperare, padroneggiandola profondamente, una struttura che viene loro spontanea.

Ci piacerebbe che questo piccolo libro servisse ad altri, come una traccia per provare a fare, sicuramente meglio di come abbiamo fatto noi, sulla lingua sarda, e dopo si potrebbero confrontare le esperienze.

E chissà che, mettendo insieme il lavoro di tanti non ne risulti qualcosa di utile, che davvero possa portare la lingua sarda, nella scuola più che altrove, a pari dignità con le altre lingue come sarebbe giusto e legittimo che fosse.

Liliana Zucca
Antico Ghiani

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