PRESENTAZIONE
Ci hanno fatto credere per lungo tempo che il Sardo fosse la lingua di chi non aveva potere, fin da quando, spauriti, ci presentavano negli Asili di Infanzia e la suora ci rivolgeva la parola in italiano e ancora in italiano la maestra alla Scuola Elementare : per non dimenticare poi qualche zelante professore che alle Scuole Medie escogita tuttora, a vantaggio della lingua italiana, una singolare tassa sulla lingua : £.100 per ogni espressione in Sardo.
Ci hanno insegnato fin da piccoli a vergognarci di noi, della nostra inadeguatezza nel contesto scolastico italianofono per noi nuovo ed estraneo.
La scolarizzazione primaria, già di per sé momento delicato e critico nella vita di ogni bambino, assumeva per ogni alunno di madre lingua sarda una ulteriore valenza di "costrizione". Se, fuori da ogni retorica, ammettiamo con Mario Lodi la portata di violenza, nel senso di una costrizione innaturale a nuove abitudini, che l' ingresso a scuola per un individuo comporta, non possiamo ignorare i danni sulla personalità di cui è responsabile un' azione didattica che non abbia maturato nei suoi operatori gli atteggiamenti derivanti da una pedagogia dell' accoglienza e dell' ascolto con particolare riferimento all' uso del mezzo linguistico.
Nulla può essere insegnato senza la consapevolezza "profonda" del valore che continuità e naturalità rappresentano per l' apprendimento. Riflettendo sulla questione linguistica in Sardegna e sulla sua rilevanza per una positiva riuscita dell' apprendimento scolastico osserviamo che, dopo le ignominie del regime fascista tendenti alla più bieca omologazione espressiva, anche nella scuola repubblicana è stata preclusa ai Sardi la possibilità di esprimersi attraverso la parola, i segni e i suoni connaturati all' appartenenza ad uno specifico gruppo etnicoculturale e determinanti i modi profondi dell' essere e del pensare.
In questa scuola non si poteva parlare di continuità ne di naturalità poiché il gravissimo rifiuto concerne proprio la lingua materna, per cui bambini normali, a scuola diventavano insicuri, se non muti, oppure al contrario, arroganti e ribelli accomunati comunque dalla rinuncia nei confronti della cultura scolastica per la quale non possedevano la chiave linguistica richiesta. Alla selezione scolastica fino agli anni sessanta contribuì notevolmente la discriminante linguistica che ancor oggi non viene seriamente affrontata in relazione processo di apprendimento.
Successivamente la scolarizzazione di massa e il boom mass-mediale, nonché l' elevazione a 14 anni dell' obbligo scolastico fecero aumentare notevolmente il numero dei frequentanti e la diffusione capillare dei mezzi di comunicazione di massa facilito` sia la penetrazione della lingua italiana in tutti i ceti sociali, che la conoscenza di altre realtà e modelli culturali. Anche questi fattori, non disgiunti da quelli di carattere economico produttivo, contribuirono ad un sostanziale degrado della lingua sarda, sempre ignorata dalla scuola, ma progressivamente inutilizzata anche dalle famiglie, in numero sempre crescente, insegnavano ai propri figli un italiano non esente da commistioni col sardo, ( ritenuto comunque più valido anche per la riuscita scolastica ) piuttosto che il sardo che pure, vivendo in un ambiente ricco di competenze attive, si sarebbe potuto padroneggiare meglio anche ai fini della comunicazione sociale.
Il risultato della commistione fra le due lingue, sia a livello sintattico che semantico e fonetico e il fatto di non possederne nemmeno una in modo "profondo" costituiscono tuttora una delle cause principali delle difficoltà di apprendimento e in genere del negativo rapporto che, con la scuola, hanno numerosi bambini e giovani appartenenti soprattutto ai ceti sociali più svantaggiati e che sono testimoniati dalle cifre sempre percentualmente significative sulla selezione scolastica.
Ne` questo dato di disagio e di malessere può essere dissociato da altri ancor più gravi ed emergenti. Non abbiamo studi che nella realtà sarda ci dicano quanto l' approccio linguistico nella prima infanzia contribuisca allo sviluppo e al rafforzarsi dell' identità, dell' appartenenza al gruppo e della sicurezza di sé, della capacità insomma di stabilire legami con la realtà circostante, con i luoghi, le piante, gli animali, le persone, gli spazi e gli elementi naturali e culturali.
Condividiamo comunque l' osservazione di Bachisio Bandinu sull' "impoverimento drammatico della parlata locale e della parlata italiana. Le due lingue non si incontrano in una didattica produttiva, ma in una esercitazione combinata del peggio con il peggio. La scuola dopo aver negato a lungo qualsivoglia sistema comparato tra le due lingue, ora lo sta scoprendo ma, forse, senza una competenza didattica che renda produttiva questa comparazione".
L' esperienza linguistica dei bambini di Gergei e dei maestri Liliana Zucca e Antioco Ghiani, costituisce un esempio praticabile, risultante dalla consapevolezza politico culturale e cioè dal sapere profondamente dove, con chi e perché si fa scuola. Non disgiunta questa consapevolezza, dalla capacità didattica cioè dalla padronanza della materia e quindi del fenomeno linguistico e delle modalità che ne regolano la produzione e la comprensione, nonché dei metodi e delle tecniche e dei contesti culturali atti a meglio approfondirlo. E insieme, per grandi e piccoli, il lavoro è stato di grande significato.
Scoprire e riscoprire la lingua sarda nella sua identità strutturale e semantica rispetto alla lingua italiana, ha costituito per i bambini di Gergei occasione di piacevoli e gratificanti attività sorrette da una metodologia attiva e naturale. È sufficiente leggere i testi da loro prodotti per valutarne i risultati ; ma l' entusiasmo con cui essi hanno partecipato alle discussioni su questioni grammaticali o sulle convenzioni di scrittura è stato addirittura sorprendente soprattutto se paragonato alla noia che accompagna normalmente questo studio. Certo, senza l' appoggio dei genitori l' esperienza non sarebbe stata possibile; non è per formalità che se ne sottolinea il ruolo fondamentale. Siamo infatti convinti che solo attraverso l' attiva consapevolezza dei genitori e della famiglia circa l' importanza che l' apprendimento della madre lingua riveste sia per la crescita dell' individuo che del gruppo sociale, il problema della lingua possa essere affrontato e avviato a soluzione corretta. L' ottica è quella del contesto comunicativo mondiale che, nel rispetto delle differenze, abbia come obiettivo il massimo potenziamento delle opportunità di espressione, di relazione e di scambio tra i popoli e le persone.
La situazione non è certo semplice non essendo ancora diffusa una significativa coscienza sul problema della lingua ne a livello politico né a livello sociale.
La scuola sarda pertanto non è, non solo per responsabilità dei suoi operatori, all' altezza di una situazione sociolinguistica così complessa, né da sola potrebbe in realtà operare cambiamenti notevoli. L' art.5 dello Statuto regionale sardo, da sempre lettera morta, è segno della scarsa consapevolezza dimostrata finora dalla classe politica regionale relativamente alle implicazioni linguistiche sullo sviluppo socio-economico e all' effetto devastante di una scolarizzazione monolingue soprattutto sulle classi sociali più svantaggiate.
Si continua oggi a parlare di bilinguismo e soprattutto di insegnamento in lingua sarda dopo decenni di stentato dibattito nel quale non sono mancati i segni dell' incultura. Intanto altre tensioni europee e italiane hanno fatto notevoli progressi nel riconoscimento ufficiale della propria specificità linguistica, mentre noi continuiamo a non avere leggi adeguate, dimostrando così d' essere i primi nemici di noi stessi sia come persone che come popolo. Rinunciamo infatti al vantaggio intellettuale-cognitivo ed emotivo dell' essere bilingui : sono infatti evidenziati da vari studi i vantaggi che derivano allo sviluppo dell' intelligenza dalla competenza bilingue precoce. Affrontare due lingue, una delle quali il sardo, che dovrebbe continuare ad essere insegnato dai genitori, rappresenterebbe un sicuro investimento intellettuale per il bambino che ne trarrebbe solo vantaggi in quanto, dovendo superare la "soglia " delle difficoltà in due lingue, ne riceverebbe un rafforzamento intellettuale attraverso la strategia dell' apprendimento per contrasto.
Coerentemente poi, dovremmo trovare risposte ad alcuni interrogativi circa il nostro passato, il nostro presente e il nostro futuro. Da dove veniamo, chi siamo oggi e dove andiamo?
In quest' isola sonnacchiosa, sotto la spinta dell' omologazione sembrano smarrirsi persino il senso del tempo e della memoria. Vietato ricordare le parole della nostra lingua: si dice che siano le parole di un mondo arcaico che niente ha a che fare con la civiltà contemporanea.
Non ci sfugge la trasformazione delle attività primarie per effetto dell' evoluzione tecnologica ma è altresi certo che la nostra terra non potrà mai essere il luogo dello sviluppo della grande industria. Mentre si fatica a tenere aperte le piccole industrie, la pastorizia permane come primaria attività dei sardi; stando così le cose bisogna chiedersi come si possa guardare al futuro e se si possa recuperare la lacerazione storica prodotta dalla grande illusione presto sfumata dell' industria petrolchimica. Ne sono credibili i discorsi sulle aree protette o sul recupero di zone ieri produttive come Monteponi o Funtana Raminosa o ancora sulla costituzione di centri pilota artigianali se nella più totale insipienza lasciamo decadere il nostro vero patrimonio culturale, il nostro modo di essere e sentire, di comunicare, la nostra lingua.
Come salvaguardare la nostra peculiarità, opponendosi all' immagine di un popolo offerto in esibizione folclorica degenerata e servile al soldo del turista ? Come raccontarci agli altri e a noi stessi se non attraverso un uso dignitoso della nostra lingua, la più adeguata a raccontare la nostra storia, i nostri processi di produzione, la nostra musica e i nostri sentimenti ? Sta a noi trovare i modi per evitare la massificazione, la perdita totale dell' identità sotto l' urto seppur stagionale di un turismo che dimostra di iniziare a porre domande qualitativamente diverse. Cosa abbiamo noi da dire al mondo ? e come dirlo? A queste domande dovrà dare risposta anche la Scuola, ma non potrà farlo da sola.
Il lavoro fatto a Gergei è un esempio, forse altri già esistono e non si conoscono, speriamo che altri seguiranno. Pensiamo però che le sperimentazioni non bastino ; ciò che serve oggi sono leggi aperte e lungimiranti capaci di pensare il futuro senza rifiutare il passato, che attraverso operazioni coraggiose riescano ad arginare le tendenze autodistruttive che ancora collocano l' isola nelle retrovie dell' elaborazione culturale e in genere dei processi di produzione.
Mariella Marras