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le parole tossiche

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Diario di un viaggio che boh
 · 19 Aug 2024

Benvenuti in Audible. Buon ascolto. Stai ascoltando Le parole tossiche il nono episodio della serie Le parole giuste realizzata in esclusiva per Audible da Paolo Borzacchiello. Benvenuto in Audible. Benvenuto in Audible a Le parole giuste le mie guide pratiche alle parole giuste nel giusto ordine.

Sono Paolo Borzacchiello e ho preparato una serie di lezioni mensili per guidarti nel magico mondo delle parole e dell'intelligenza linguistica. Il tema di questa lezione è molto semplice: le parole giuste nel giusto ordine. Ti parlerò, soprattutto, di quali parole evitare perché sono particolarmente ostili al cervello rettile del tuo interlocutore, così da rendere la tua comunicazione praticamente perfetta. In ogni lezione qui su Audible affronto una delle tante tecniche che fanno parte del mondo dell'intelligenza linguistica: nella prima lezione di questa serie ho spiegato, ad esempio, il Milton Model, nella seconda le Sled of Mount e nella terza il Metamodello linguistico. Ho parlato poi di come gestire le obiezioni dei metaprogrammi di comportamento e dell'incredibile potere delle metafore dello storytelling.

Puoi ascoltare, ovviamente, le altre lezioni per arricchire la tua capacità di raccontare storie persuasive. Ho progettato ogni lezione affinché sia molto semplice da ascoltare e memorizzare, così da poterti permettere di apprenderne I contenuti sin per la prima volta. Puoi seguire le lezioni nell'ordine che preferisci oppure Goditi viaggio così come ti piace nel meraviglioso mondo dell'intelligenza linguistica, qui su Audible. Più parole hai, più libero sei. Questo è il mio motto da sempre ed è anche la più profonda delle verità.

Infatti, attraverso un uso intelligente e consapevole del linguaggio puoi descrivere la realtà in modi diversi e, quindi, vederla in modi differenti puoi, letteralmente, decidere che tipo di dialogo interiore avere e, quindi, puoi conquistare il potere di decidere come stare, quali risultati ottenere e, infine, come comunicare in modo efficace con gli altri, ispirarli e, se serve, per assuaderli. Nel corso degli anni attraverso I miei libri e I miei corsi ho aiutato moltissime persone e moltissime aziende a comunicare e a comunicarsi in modo diverso, con una costante ricerca di strumenti e strategie sempre più efficaci. Voglio dirti una cosa al riguardo: nessuno strumento è più o meno efficace di altri, dipende sempre dal contesto e dalle circostanze in cui lo strumento stesso è utilizzato dipende anche dall'abilità di chi lo utilizza, ovviamente. Per questo, infatti, ti consiglio di applicare I principi di queste lezioni ogni volta che puoi, con chiunque, in qualsiasi contesto. La parola magica e le parole giuste Prima di addentrarci nel tema di questa lezione, voglio anche dirti che ho progettato queste lezioni come guida pratica per gli appassionati del mio romanzo La parola magica, che proprio qui su Audible ricevuto centinaia e centinaia di recensioni entusiaste.

Anche la serie Le parole giuste sta andando davvero molto bene, alle prove del fatto che l'intelligenza linguistica è un argomento davvero caldo e che le lezioni che ho registrato sono di reale e concreta applicazione. In altre lezioni ho citato alcune delle recensioni ricevute. Qui voglio solo e semplicemente ringraziare di cuore tutti I miei ascoltatori. Grazie. Il tuo supporto è davvero per me molto prezioso e per onorarlo continuerò a fare sempre del mio meglio.

Tornando adesso alla parola magica, questo romanzo è scritto con una tecnica molto particolare che suggestione e stimola I tre cervelli. Visto il successo che avuto, ho deciso di preparare queste lezioni per tutti coloro che si sono innamorati delle tecniche contenute nel libro e abbiano il desiderio di impararle. Sempre qui su Audible, come ti dicevo, puoi trovare anche altri miei libri, in particolare PNL per l'eccellenza linguistica, dedicato allo studio delle tecniche di PNL in relazione ai tre cervelli e il mio best seller, Parole per vendere. Insomma, hai davvero l'imbarazzo della scelta. I tre cervelli.

Prima di proseguire, voglio farti una breve panoramica sul concetto dei tre cervelli. Anche se hai già ascoltato questa parte in altre lezioni, puoi ascoltarla comunque, perché ti permette di incorneggiare al meglio l'argomento di questa lezione nelle strutture e negli algoritmi che ho elaborato. Anzitutto, va detto che la tripartizione del cervello è un'idea del neuroscienziato Paul McCleen, che per primo parlato di cervello trino, ovvero composto dal cervello rettile dal cervello limbico e dalla neocorteccia Le più moderne scoperte neuroscientifiche hanno verificato che questa tripartizione non è poi così definita, soprattutto per quanto riguarda alcune funzioni del cervello. Al tempo stesso si tratta di un utile strumento didattico che mi serve per spiegarti un concetto molto importante: quando comunichi con qualcuno, per via orale o attraverso la forma scritta, devi usare le parole giuste nel giusto ordine. Il che significa che contano certamente le parole che usi e conta altrettanto la sequenza con cui le usi.

Vediamo, quindi, brevemente di che si tratta con riferimento soprattutto all'intelligenza linguistica. Il cervello rettile è il cervello più antico, quello che ci portiamo dietro dai nostri antenati delle caverne. Occupa un minuscolo spazio nella nostra testa e si occupa di quasi tutto: assolve, infatti, al novantacinque per cento delle nostre funzioni vitali. Il suo unico scopo è farci sopravvivere e per questo è molto guardingo: prima di ascoltarti deve assolutamente potersi fidare. La lezione di oggi è quasi interamente dedicata proprio a questo importantissimo tema.

Il cervello limbico è il cervello di mezzo ed è quello che, semplificando, possiamo definire legato alla sfera emotiva. È lui che si occupa delle emozioni e dell'empatia con il prossimo. Per quel che ci riguarda, dal punto di vista della comunicazione efficace, il cervello limbico si lascia suggestionare quando riconosce un interesse personale egoistico in quello che ascolta. In marketing si parla di Whats in it for me? Ovvero di che cosa c'è di buono qui per me.

Anche per quanto riguarda il cervello limbico, ci sono differenti modi per conquistarlo mi riprometto, lezione dopo lezione, di spiegartene molti. Nel mio romanzo La parola magica, il cervello olimpico è interpretato dal personaggio Lucipher. Infine la neocorteccia: è la parte più recente deputata a conti, ragionamenti ed errori. Sì, hai capito bene: errori. Infatti la neocorteccia, dovendo affrontare moltissime decisioni ogni secondo della sua vita, tende a prendere parecchie scorciatoie.

La neocorteccia, per intenderci, è quella parte di cervello che stabilisce che se un vino è molto costoso, allora sarà molto buono. Il che non è per forza vero, ma è una strategia molto comoda quando si tratta di prendere decisioni in modo rapido e statisticamente efficace. La maggior parte delle volte, cioè, a un prezzo più alto corrisponde una più alta qualità e quindi, nel dubbio, ci orientiamo sul prezzo per stabilire se un vino sia migliore o peggiore di un altro. Tra I tre cervelli I primi due sono quelli che, da un punto di vista decisionale, hanno maggior peso sulle nostre scelte: se una cosa ci piace di pancia, anche se la logica ci dice di non farla o di non acquistarla, noi la facciamo o la acquistiamo lo stesso. Io amo ripetere, parafrasando la celebre frase di Pascal, che il cervello rettile le sue ragioni, che la ragione non conosce.

Anche la neocorteccia, vedremo, può essere conquistata in molti modi diversi, e scopriremo man mano quali sono nelle varie lezioni. Nel romanzo La parola magica, la neocorteccia è interpretata da Leonard. La neocorteccia è interpretata da Leonard. Adesso che abbiamo parlato dei tre cervelli, ti dico che il tema di questa lezione, a differenza di altri che sono invece precisamente collocati rispetto a uno dei tre cervelli, è un tema trasversale. Questo significa che utilizzare alcune parole e o bandirne altre riguarda tutta la comunicazione dall'inizio alla fine, parlata o scritta.

Al di là di questo, voglio anche dirti che comunque la scelta delle parole giuste è molto legata al cervello rettile, che valuta la tua credibilità come interlocutore. Usare quelle che io chiamo le parole tossiche o le frasi tossiche ti fa perdere sicuramente punti preziosi da questo punto di vista e, quindi, renderà la tua comunicazione molto difficile. Usare, viceversa, le parole adeguate e un linguaggio da leader ti permetterà di affrontare con sicurezza qualsiasi comunicazione. Parole tossiche. Nella lezione otto qui su Audible ho parlato di tante bellissime parole che puoi utilizzare per la tua comunicazione efficace.

In questa lezione parto, invece, dalle parole che devi assolutamente evitare e poi continuo a fornirti strumenti utili per lo sviluppo della tua intelligenza linguistica. Per prima cosa, voglio parlarti di alcune parole che possono distruggere l'immagine e la credibilità della tua vendita e della tua comunicazione in genere. Ti consiglio di memorizzarle e di cancellarle dal tuo vocabolario. So perfettamente che alcune di queste parole le usi forse in buona fede, perché ti hanno insegnato a fare questo e che le tue intenzioni sono ottime. Poco importa: quel che conta è sempre e solo l'impatto che producono sul tuo interlocutore.

Ecco quindi la prima parola che devi assolutamente evitare: la parola no. Il no, infatti, è assolutamente la parola più dannosa che puoi pronunciare durante la tua comunicazione ed è la più usata, in ogni circostanza e in ogni contesto. La diciamo sempre, in ogni frase, in ogni momento. Perciò eliminala dal tuo vocabolario, anche perché forse utilizzi questa parola senza accorgertene, perché ormai è diventata un intercalare linguistico davvero molto diffuso. Dici no di solito anche quando vuoi dire sì.

Dici no anche quando vuoi dare ragione al tuo cliente, al tuo interlocutore. Il no blocca, paralizza, chiude. Anche se utilizzato come semplice intercalare, il no comunque una connotazione negativa. Pensa alle ultime telefonate che hai fatto o alle conversazioni che hai sostenuto di recente. Probabilmente avrai pronunciato frasi del tipo: no, niente era solo per oppure no, sai, volevo dirti oppure no, perché, come ti ho detto?

No, no, hai perfettamente ragione! No, no, facciamo come dici tu! No, ecco, secondo me! Insomma, ci siamo capiti. Vediamo adesso insieme alcuni esempi discorsivi con una mia proposta di correzione, perché ti ripeto: una cosa è evitare il no, un'altra cosa è sapere che cosa dire invece di quella parola tossica.

Puoi sempre dire le cose in un altro modo. Secondo me non è come dici. No, non hai capito, ora ti spiego. Diverso. Ma il suo prodotto costa tantissimo!

No, non è poi così caro. Versione intelligenza linguistica: in effetti il mio prodotto è costoso, è davvero speciale. Per me quello che mi dici non va bene. Io farei in modo diverso. No, credimi: va proprio bene, come ti dico io.

Versione intelligenza linguistica: va bene. Ho capito quello che dici e il tuo punto di vista è condivisibile. Ora ti parlo anche di come la vedo io. Che ne pensi? Puoi spedirmi tutti I prodotti subito e farmeli pagare fra sei mesi?

No, perché devo organizzare il lavoro e quindi preferisco un anticipo alla chiusura dell'ordine. Versione intelligenza linguistica: preferisco un anticipo alla chiusura dell'ordine, perché in tal modo posso organizzare meglio il lavoro. A volte, vedi, basta semplicemente togliere la negazione e dire semplicemente quello che devi dire. Non sono convinto, forse è meglio rimandare. No, aspetta, pensaci bene.

Ovviamente posso comprendere la tua titubanza, per questo lascia che ti spieghi ancora perché è meglio per te cominciare subito. Seconda parola: tossica: non. Il motivo fondamentale per cui questa parola è tanto pericolosa risiede nel fatto che il cervello ignora le negazioni, soprattutto se queste sono collocate all'inizio di una frase. Il linguista George Lakov sostiene negare un frame lo rinforza. Facciamo un esempio: se ti dico non pensare a una mela gialla, inevitabilmente la prima cosa che farai è giusto quella di pensare a una mela gialla.

Ti faccio qualche altro semplice esempio. Magari conosci già questo fenomeno. La domanda è: quando parli con una persona, ti ricordi di evitare questa parola così dannosa? Se ti dico non pensare alla lettera P, ovviamente ci pensi. E se ti dico: non pensare a un elefante, anche in tal caso ci pensi.

Niente di grave, ok? Il problema nasce quando usi frasi che iniziano per non quando stai presentando il tuo prodotto, o quando stai gestendo un'obiezione. Se dici a un cliente di non preoccuparsi, subito penserà al motivo per cui dovrebbe preoccuparsi. Di quello che vuoi invece di quello che non vuoi. Di quello che vuoi fare invece di quello che non vuoi fare di quello che vuoi avere invece di quello che non vuoi avere.

Ecco ora per te un'altra serie di esempi. Non sono molto tranquillo. Non si preoccupi. Versione intelligenza linguistica: stia tranquillo. Sto valutando altre possibilità.

Non deve guardare I prodotti della concorrenza. Versione intelligenza linguistica guardi ancora il nostro catalogo per poter trovare quello che le serve. Ci devo pensare. Non stia a pensarci troppo. Versione intelligenza linguistica: Ci pensi pure, poi mi dica quando è pronto per concludere.

Magari ne parlo con mia moglie. Non aspetti a firmare il contratto. Versione intelligenza linguistica. Comprendo che voglia parlarne e, al tempo stesso, le dico: Firmi subito è un'occasione da cogliere al volo. Ho poco tempo.

Non voglio rubarle troppo tempo. Versione intelligenza linguistica: mi servono solo cinque min. La mia idea. La terza parola è niente. Niente significa, appunto, niente.

E richiama alla mente concetti come 0, vuoto, deserto, buio, vuoto assoluto, brutto. Vuoi davvero che il tuo prodotto, il tuo pensiero, la tua idea siano collegati a concetti come vuoto, deserto, buio, 0, brutto? Ecco una serie di esempi che puoi prendere come spunto per migliorare le tue argomentazioni. Allora, dimmi che cosa vuoi. No, niente.

Volevo solo dirti che. Voglio parlarti dell'ultima novità proposta dalla mia azienda, o qualcosa di simile. L'importante è evitare no, niente. Descrivi il tuo prodotto? Niente.

Si tratta solo di una cosa che è versione intelligenza linguistica. Te ne parlo subito, molto volentieri. C'è forse qualcosa di cui mi vuoi parlare? Niente, è solo che versione intelligenza linguistica. In effetti, voglio sottolinearti l'importanza di: va bene, ho capito quello che dici.

Niente, allora possiamo proseguire. Versione intelligenza linguistica: perfetto, allora possiamo proseguire. Eccoci, finalmente possiamo iniziare. Niente, tanto per cominciare versione intelligenza linguistica: ottimo! Iniziamo subito allora!

La quarta parola da evitare assolutamente è scusa. Se tu dici scusa a livello inconscio, il tuo interlocutore penserà che tu abbia fatto qualcosa di sbagliato. Infatti di solito chiediamo scusa quando facciamo qualcosa di male. Nelle trattative di affari, nelle vendite, nella comunicazione in generale è importante invece partire con il piede giusto, proprio perché il cervello rettile è davvero molto sensibile. Alla Harvard Business School la prima lezione sulla negoziazione riguarda un concetto che si chiama parità negoziale e che prevede che tu quando tratti con qualcuno sia almeno alla pari dal punto di vista psicologico.

Se vieni percepito come più debole, sei destinato a soccombere, ovviamente nella negoziazione o nella comunicazione. E questo vale sia che tu stia trattando il prezzo del nuovo prodotto che devi vendere, sia che tu debba convincere il tuo collaboratore a svolgere bene e rapidamente la propria mansione. La parola scusa ti fa apparire debole ed è un pessimo modo di cominciare le conversazioni. Ovviamente, devi restare rispettoso e beneducato. Ecco quindi alcuni esempi con la versione 'intelligenza linguistica': scusa se ti disturbo ciao, è un buon momento per te?

Scusa se ti ho chiamato a quest'ora ti ho chiamato a quest'ora per dirti che Scusa se ti rubo del tempo, ma Ci prendiamo cinque minuti di tempo per parlare di Scusa, mi passi quella penna? Per favore, mi passi quella penna? Scusa se ti faccio spostare. Ecco, accomodati. Versione intelligenza linguistica: accomodati.

La quinta parola su cui devi stare davvero molto attento è disturbo, pessima parola e, soprattutto, parola che viene spesso accompagnata ad altre parole parimenti dannose. Soprattutto a inizio conversazione è spesso legata alla parola scusa e al verbo rubare Queste miscele esplosive di parole tossiche sono davvero deleterie, oltre ogni limite, e possono stroncare la tua comunicazione senza alcuna pietà. Quando usi questa parola, al tuo interlocutore vengono in mente idee come casino, fastidio, rumore, noia, zanzare, trapano, cose brutte, insomma: tutte immagini spiacevoli o legate a sensazioni sgradevoli. Vuoi davvero cominciare a parlare al cervello rettile del tuo interlocutore utilizzando questa parola? Facendogli immaginare cose come fastidio, rumore, noia?

Vuoi davvero che la tua idea o il tuo prodotto siano collegate all'idea di una fastidiosa zanzara che ti succhia il sangue di una torre da notte estiva? Ci sono venditori che chiedono ai loro clienti se possono disturbare: lo chiedono. Oppure ci sono persone che pur sapendo di disturbare lo fanno lo stesso e ti dicono: Ti disturbo perché? Io lo so che la loro intenzione è diversa, ma come al solito poco importa. L'unica cosa che conta è il risultato che produci, e se tu dici a una persona: Ti disturbo perché?

Ebbene, il suo cervello metterà insieme tutti questi dati letterali e lo farà reagire in un preciso modo. In particolare, nota che cominciare una telefonata con la frase Scusa, se ti disturbo contiene la somma di due parole pessime: scusa e disturbo. Chiedere a una persona se per lei è un buon momento la costringe invece a pensare a due termini buono e momento che, legati insieme, richiamano, consciamente o meno, quello che per la persona che ti sta parlando è un buon momento. Le implicazioni positive di questo innesco sono evidenti. Soprattutto voglio farti notare che la maggior parte delle persone che conosco, o che affianco durante il loro addestramento usano proprio questa frase per iniziare le loro telefonate Per questo, inevitabilmente, cominciare le telefonate con una frase diversa desterà attenzione nel tuo interlocutore e tu ti farai notare.

Sarai percepito come diverso da tutti I tuoi colleghi o dai tuoi concorrenti, e uno dei segreti della comunicazione efficace è proprio quello di distinguersi diversi dagli altri. Come dice anche Butovskych, guru internazionale del marketing: se non ti distingui, ti estingui. Su questo aspetto, ovvero sull'esordio della tua telefonata, ancora due parole: il fatto di chiedere a una persona se per lei è un buon momento può comunque portarla a dire no, perché magari è impegnata o sta lavorando. Questo, del resto, può accadere anche chiedendo scusa se ti disturbo, ma esiste una differenza profonda? Quando richiamerai questa persona, nel primo caso il tuo nome sarà associato a buone parole o a sensazioni positive.

Nel secondo caso, invece, il tuo nome sarà associato alla spiacevole sensazione di disturbo. Ecco per te alcuni esempi. Disturbo Sei libero adesso? Ti disturbo se parliamo adesso? Hai cinque minuti per me adesso?

Ti posso disturbare un attimo? Ciao, possiamo parlare per un paio di minuti? Ti disturbo, perché vorrei chiederti versione intelligenza linguistica. Ti ho chiesto questo incontro perché vorrei chiederti frase. Scusa il disturbo, ti rubo solo un attimo perché volevo chiederti versione intelligenza linguistica ciao, prendiamoci un caffè, così posso parlarti di sono esempi che ho costruito io.

Tu puoi crearne quanti ne desideri. L'importante è: ricordati di togliere queste parole. Parola numero sei, che ho già accennato al concetto di rubare. Il verbo rubare è ovviamente collegato a idee e immagini come furto, ladri, pegione, delinquenti, paura, scassinatori politici: tutti concetti dalla fortissima connotazione negativa. Considera che questa parola spesso è associata ad altre parole tossiche, e quindi il suo effetto è ancora peggiore.

Tra l'altro, se parlando con qualcuno cominci la tua conversazione dicendo che vuoi rubare tempo, attenzione o minuti, dichiari inconsciamente di essere tu per primo titubante circa l'utilità di quello che stai facendo o dicendo. Quando io sono consapevole dell'importanza delle cose che voglio dire o del valore del prodotto che sto vendendo, so con assoluta certezza che non solo non rubo tempo, ma anzi: sto offrendo a chi mi ascolta qualcosa di importante e prezioso. Questo è il genere di convinzione che troppo spesso manca a chi comunica, e che traspare anche e soprattutto dal linguaggio utilizzato. I grandi comunicatori che ho conosciuto o che ho avuto il piacere di affiancare durante la loro preparazione dicono quello che devono dire e basta. I grandi comunicatori sono così entusiasti di quello che propongono che nella loro testa nemmeno contemplano l'idea di sottrarre tempo prezioso al loro cliente, al loro interlocutore.

Sanno di offrire qualcosa speciale, e la loro passione è contagiosa. Per questi incredibili professionisti, il solo poter parlare delle loro idee è un piacere, e sanno che per il loro interlocutore si tratta di tempo prezioso e di un'importante opportunità. Nessun disturbo, nessun tempo rubato. È così anche per te? Sei davvero convinto che chi ti ascolta, quando parli del tuo prodotto o della tua idea, stia godendo di un'importante opportunità, o ti sembra di disturbarlo?

Ti sembra di rubargli tempo? Riflettici. Prima di parlare con qualcuno, di fare una telefonata, chiedi a te stesso se stai davvero per rubare tempo al tuo interlocutore, né qual caso lascia perdere la chiamata e fai qualcos'altro, o se stai per dirgli qualcosa che potrebbe essere utile e importante anche per lui così come lo è per te. Posso rubarti un attimo? Mi dedichi un minuto.

Ti rubo un attimo la penna. Prendo la penna per segnare due note. Ti rubo solo due minuti. Rubo due minuti della tua attenzione seguimi con attenzione Scusa se ti chiamo a quest'ora. Ti rubo solo un minutino ti chiamo a quest'ora per dirti una cosa importante: ci vuole solo un minuto, puoi?

Veniamo ora alla parola numero sette: provare. Il verbo provare è, a mio avviso, uno dei più pericolosi e senza dubbio uno di quelli che abbassa maggiormente il livello della tua comunicazione. Molto semplicemente, ricorda questa equazione: provare = fallire. Se tu provi un prodotto, dai per scontata la possibilità che questo prodotto potrebbe non piacere. Lo stesso concetto del campione di prova, se ci pensi bene, implica che tu, una volta usato il campione, possa esserne insoddisfatto.

So bene che quando usi questo verbo, il tuo intento è probabilmente quello di lasciare il tuo interlocutore libero di decidere come crede o di scegliere con calma, senza sentirsi sotto pressione. Ti ripeto che conta solo il risultato che ottieni, perciò puoi rispettare questa tua buona intenzione scegliendo una forma diversa per esprimerla. Quando addestro o formo venditori, per esempio, spesso mi sento muovere alcune legittime obiezioni: e se devo vendere un vestito, come faccio a non farlo provare? E se devo vendere una crema, come faccio a non farla provare? E se devo vendere un'automobile, come faccio a non farla provare?

E se devo sottoscrivere un ordine prova? E se devo far provare al mio cliente un servizio per poi vendergliene uno più sostanzioso? Hai a disposizione come minimo centoquarantamila vocaboli da poter utilizzare, e ne utilizzi tra l'altro solo circa trecento, di solito. Sono più che certo che tra queste migliaia di parole troverai I verbi adatti per sostituire questo verbo inutile. Alcuni esempi: ora provo a spiegarti l'importanza di questa offerta commerciale.

Versione intelligenza linguistica: ora ti spiego l'importanza di questa offerta commerciale. Provalo, poi semmai mi dici se ti piace. Versione intelligenza linguistica: usalo! Poi mi dici quanto ti piace prova questa giacca versione intelligenza linguistica: indossa questa giacca tu prova a usare questo software per un mese, poi ne parliamo. Versione intelligenza linguistica: usalo per un mese, poi ne parliamo.

Signora, le lascio alla macchina del caffè da provare. Versione intelligenza linguistica: signora, le lascio la macchina del caffè così può usarla e gustare per una settimana il nostro caffè. Parola numero otto: peccato o pazienza. A questa parola voglio dedicare solo una parentesi, perché è fin troppo evidente che il suo utilizzo nuoce gravemente la salute delle persone che vogliono comunicare in modo efficace. Peccato!

Sia che tu lo utilizzi come intercalare, sia che tu lo usi come esclamazione, rimanda comunque a idee che hanno a che vedere con il proibito, con cose che era giusto o meglio evitare di fare, con cose illegali, immorali o comunque sanzionabili. Peccato vuol dire che non sai più che cosa fare e che ti arrendi. Molte persone usano questa parola quando il loro interlocutore fa richieste che non possono soddisfare, spesso aggiungendo anche mi spiace peccato, mi spiace ebbene, un comunicatore straordinario sempre qualcos'altro da proporre, qualche soluzione in tasca e almeno un paio di consigli da estrarre dal suo cilindro. Nessun peccato, quindi, solo soluzioni. Se ti manca la cosa che il tuo cliente ti chiede, senza dubbio ne hai un'altra.

Se la soluzione proposta dal tuo interlocutore è impraticabile, senza dubbio ne puoi proporre una praticabile, saltando a piè pari il momento in cui ti dispiace, ti rammarichi e usi questa parola dannosa per te e per la tua comunicazione. Ti faccio alcuni esempi: peccato che non sono riuscito a sono riuscito a fare questo. Questa volta sono riuscito a fare questo. È un vero peccato che tu sono certo che la prossima volta tu hai anche il modello xyz? No, mi spiace, peccato il modello xyz?

Per fortuna ho il modello ABC devo cancellare il nostro appuntamento peccato o pazienza versione intelligenza linguistica: va bene. Quando fissiamo il prossimo? La possibilità di fare il pagamento a rate? No, peccato, mi spiace versione intelligenza linguistica: ho la possibilità di trovare con lei una soluzione adeguata. Ascoltiamo ora la nona parola di cui devi liberarti: il verbo bisogna.

La parola bisogna è incredibilmente dannosa: tra le parole che uccidono la comunicazione e che ti allontanano senza pietà dalla conclusione positiva del tuo accordo, questa è sicuramente una delle più terribili. È una parola senza senso, priva di valore, debole. Soprattutto è una parola che spinge le persone, te compreso, alla inazione, alla passività, allo stare fermi. Se cominci una conversazione con bisogna stai certo che il tuo potere di convincimento crollerà. Vuoi dire al tuo interlocutore che deve prendere una decisione, firmare, comprare, ascoltarti?

Allora diglielo e rivolgiti a lui, perché solo se ti rivolgi a lui hai la speranza che lui davvero si muova e faccia qualche passo nella tua direzione. Puoi sostituire questo verbo con il verbo voglio. In ogni caso, il verbo voglio effetti straordinari, sia per quanto riguarda I risultati che puoi raggiungere nella tua comunicazione, sia per il benefico effetto che produce su di te: le tue convinzioni, il tuo carisma. Oppure puoi sostituire bisogna direttamente con la voce del verbo che utilizzi nella frase e che, in effetti, è quello che tu vuoi davvero ottenere. Bisogna prendere provvedimenti per la situazione pensionistica versione intelligenza linguistica: lei deve considerare provvedimenti per la sua situazione pensionistica bisogna cogliere al volo questa opportunità versione intelligenza linguistica: cogli al volo questa opportunità di questi tempi: bisogna fare qualcosa.

Versione intelligenza linguistica: data la situazione, devi fare qualcosa. Bisogna che voi prestiate più attenzione alla scelta del prodotto versione intelligenza linguistica: dovete essere più attenti alla scelta del prodotto bisogna che io le spieghi come stanno le cose. Versione intelligenza linguistica: ora desidero spiegarle nel dettaglio come stanno le cose. Parola numero dieci: però. Che brutta parola, soprattutto se collocata all'inizio di una frase.

Quando dici però all'inizio di una frase, quello che ottieni è che il tuo interlocutore si indisponga, si chiuda, provi fastidio. Del resto, lo chiedo a te: quando parli con qualcuno e questo qualcuno continua a buttarti in faccia ai suoi però tu che cosa provi? Come ti senti? L'aspetto interessante e triste della questione è che spesso dici e diciamo però come intercalare, senza prestare particolare attenzione al significato reale di questa parola. Il però lancia un messaggio che è l'equivalente di tu fai pure quello che vuoi, tanto io so di aver ragione e non cambierò idea.

È lo stesso che dire al nostro interlocutore che non lo stiamo ascoltando e che non ci interessa quello che da dire. Sì, va bene, però io credo che versione intelligenza linguistica: sì, va bene e io credo che posso anche essere d'accordo con lei, però mi deve assicurare versione intelligenza linguistica posso anche essere d'accordo con lei e lei mi deve assicurare sì, è vero, lei ragione, però ora le spiego sì, è vero, lei ragione e ora le spiego però l'altra volta avevi detto che versione intelligenza linguistica: sì, e l'altra volta mi avevi detto che però l'ultima volta che ci siamo visti versione intelligenza linguistica l'ultima volta che ci siamo visti A questo proposito, ti voglio parlare anche di una categoria di vizi linguistici che ho denominato I distruttori di credibilità, a causa del loro potere di frantumare in mille piccoli pezzi la tua immagine nei confronti degli interlocutori e di svestire di ogni interesse quello di cui devi parlare. Ed è un vero peccato che ciò accada, anche e soprattutto perché la maggior parte delle volte diciamo queste cose e utilizziamo questi distruttori senza rendercene conto, animati dalle migliori intenzioni, inconsapevoli di quello che stiamo realmente facendo.

Indicatori di menzogna. I primi e più importanti distruttori di credibilità sono quelli che chiamo l'AID detectors, ovvero Indicatori di bugia. Si tratta di frasi, singole parole o intercalari che, per lo più, diciamo, in buona fede: vuoi per abitudine, vuoi per educazione e che hanno il potere perverso di farci apparire come bugiardi o potenziali mentitori, anche se ciò non è vero. Per esempio: sinceramente, davvero, onestamente, a essere sincero, se devo dirtela tutta, se devo essere sincero, non sto scherzando, non ti sto prendendo in giro, francamente, se devo dirti la verità. Quando dice a qualcuno se devo essere sincero, il messaggio letterale che trasmetti è che sei sincero solo perché sei costretto e che di conseguenza, quando non sei proprio costretto, menti.

La stessa cosa vale per: se devo dirti la verità. Certo che devi! Se tu non fossi costretto, mentieresti. Ho appurato per esperienza diretta che spesso questi distruttori di credibilità appartengono anche a chi è sincero, corretto e onesto. Eppure l'effetto prodotto sull'interlocutore è lo stesso.

Se stai dicendo la verità, dilla e basta. Se stai declamando le doti del tuo prodotto, fallo e basta, senza preamboli e inutili promesse. Dì quello che devi dire e poi aspetta la reazione del tuo interlocutore. Sperare, speriamo. Tu hai il potere di condizionare positivamente chi ti ascolta e di offrire una cornice che influenzi il resto della comunicazione.

Se speri significa che tu, per primo, non sei convinto di quello che stai dicendo o che, quantomeno, lasci spazio al dubbio. Quando comunichi qualcosa o vuoi essere incisivo, la prima cosa che devi fare è assicurarti di essere assolutamente certo di quello che vuoi dire o dell'idea che vuoi esporre. La sicurezza in te stesso traspare dalle tue parole, l'insicurezza anche. E il verbo sperare è senza alcun dubbio il verbo degli insicuri. Speriamo che vi piaccia.

Ora vi mostro un prodotto che vi piacerà molto. Spero di riuscire a farvi capire versione intelligenza linguistica: ora vi spiego spero che tu possa apprezzare. Versione intelligenza linguistica: sono certo che apprezzi. È così? Spero di riuscire a farti avere la merce in tempo.

Versione intelligenza linguistica: faccio tutto quello che è in mio potere per farti avere la merce in tempo. Spero che tu sia soddisfatto versione intelligenza linguistica: sarai assolutamente soddisfatto! Parola tredici: non riesco. Chi non riesce poco potere e, invece di apparire come una persona determinata, sicura e ricca di abilità e risorse, appare come una persona debole, vittima di circostanze più grandi di lui, incapace di gestire la situazione. Il tuo obiettivo, quando comunichi, è quello di riuscire, punto e basta.

In che cosa? Poco importa: quello che conta è che tu riesca. Ricorda solo questo: per ogni cosa che non riesci a fare, c'è qualcos'altro che sicuramente riesci a fare: con I tuoi interlocutori, con tuo figlio, con I tuoi collaboratori o clienti. Se non riesci, percepiranno un preciso messaggio, ossia che nemmeno ti sforzerai di trovare una soluzione, che nemmeno ti interessa trovarla. Le persone amano chi si fa in quattro per trovare soluzioni, perché ogni persona crede di essere unica e di meritare un trattamento speciale: sta a te a riuscire.

Non riesco a garantirle che I prodotti arriveranno in tempo. Versione intelligenza linguistica: le garantisco che farò il possibile affinché I prodotti arrivino in tempo Come vedi, se non puoi garantire che I prodotti arrivino in tempo, puoi garantire che almeno farai possibile affinché ciò accada. Non riesco proprio a fare uno sconto più alto. Versione intelligenza linguistica: riesco oltre allo sconto che ho già fatto a offrire anche questo e quest'altro. Su questo aspetto proprio non riesco ad accontentarti, mi spiace.

Versione intelligenza linguistica: posso accontentarti su questi altri aspetti. Non riesco a inoltrare la commissione entro stasera. Versione intelligenza linguistica: riesco a inoltrare la commissione domani mattina, appena apra l'ufficio. Non riesco a organizzarmi per questa settimana versione intelligenza linguistica: riesco a organizzarmi per, ad esempio, martedì prossimo. Voglio sottolineare un aspetto importante: nessuno ti chiede di garantire la consegna puntuale dei prodotti se non sei realisticamente in grado di farlo.

Ho discusso di questo aspetto, di recente, in un'azienda nella quale stavo facendo formazione, con un venditore che aveva interpretato le mie parole, secondo una visione poco etica: riteneva che io stessi invitandolo a mentii dai suoi clienti. Niente di più lontano dalla verità. Il punto è che devi trovare qualcosa che sei in grado di garantire, fosse anche come nell'esempio che ti ho letto prima il tuo impegno, la tua forza di volontà, la tua massima attenzione. Sono cose che puoi garantire, posto che poi tu, ovviamente, faccia davvero quello che hai detto. Quattordici.

Se non ho capito male, oppure correggimi se sbaglio. Si tratta di forme verbali di modestia, che denotano insicurezza personale, scarsa consapevolezza delle proprie qualità e dei propri meriti e che, quindi, sono veri e propri distruttori di credibilità. Ricorda che le parole che pronunci hanno un impatto molto forte sul tuo interlocutore. Nella frase: se non ho capito male, addirittura tre elementi su cinque sono tossici: se che insinua il dubbio non che richiama una negazione male che evoca immagini poco positive. L'attenzione del tuo interlocutore è inevitabilmente focalizzata sugli aspetti negativi o problematici di quello che stai dicendo.

Ancor peggio se consideriamo l'altra frase incriminata su tre parole tutte e tre hanno forti connotazioni negative: tre parole su tre. Correggimi richiama la figura della maestra a scuola che dava brutti voti con la penna rossa, se che, appunto, insinua dubbi, sbaglio che ricorda errori e, di nuovo, segni di correzione sul quaderno fatti con la penna rossa. Devi semplicemente evitare anche queste forme linguistiche. Se non ho capito male versione intelligenza linguistica: se ho capito bene se non ricordo male versione intelligenza linguistica: se ricordo bene correggimi se sbaglio versione intelligenza linguistica: dimmi se così vado bene Volendo, puoi compiere un ulteriore sforzo e trasformare ancora queste affermazioni in qualcosa di più forte e incisivo: basta un piccolo impegno in più per acquisire un grande carisma linguistico e senso di leadership durante la tua comunicazione. In tal modo puoi stabilire I ruoli, chi conduce la conversazione, chi comanda: vuoi essere tu?

Allora ecco come puoi fare per compiere questo miracolo. Se non ho capito male versione intelligenza linguistica uno: se ho capito bene versione intelligenza linguistica due: io ho capito così, che ne pensi? Se non ricordo male versione intelligenza linguistica (uno) se ricordo bene. Versione intelligenza linguistica (due: io ricordo questo: è così? Correggimi se sbaglio.

Versione Intelligenza Linguistica uno: dimmi se è così vado bene. Versione Intelligenza Linguistica due: ho fatto questo, ecco quello che penso. Che te ne pare? Numero quindici: oggi non ho tempo. Se non hai tempo, significa che non sei in grado di gestirlo, e questa cosa darà un fastidio terribile ai tuoi interlocutori, dai clienti ai figli.

Naturalmente, so bene che la mancanza di tempo è un problema serio e oggettivo, e che non sempre dipende da te. Al tempo stesso, anche se questo è vero, ricordati che il tuo obiettivo, quando comunichi, è quello di dare di te la migliore impressione possibile. I tuoi interlocutori devono sempre percepirti come una persona sicura, piena di risorse, capaci nel proprio lavoro. La mancanza di tempo viene percepita spesso come una scusa, oppure come una mancanza di preparazione. Ti faccio alcuni esempi: oggi, purtroppo, non ho abbastanza tempo per farvi vedere tutte e tre le funzioni di questo prodotto.

Versione intelligenza linguistica: oggi, in funzione del tempo che ho a disposizione, ho deciso di farvi vedere una delle tre funzioni di questo prodotto. Oggi non ho tempo per fare questo versione intelligenza linguistica: oggi ho altre cose da fare e avrò tempo da lunedì alle quattordici:zero alle sedici:zero o così via. Purtroppo mi manca il tempo per fare tutto quello che mi chiedi in questo momento delle cose che mi chiedi posso fare queste le altre le farò, per esempio martedì. Sedici. Credo intenzione di.

Due forme linguistiche che denotano un atteggiamento interiore di mancanza di volontà e di determinazione. Il verbo credere va benissimo solo quando si parla di atteggiamenti religiosi eo fideideistici, quando esprime convinzioni personali molto forti: credo in Dio, credo nell'onestà, credo nei valori etici. Nelle relazioni personali, professionali o in vendita, credere e avere intenzione di dichiarano in sicurezza e ti dipingono come professionista poco credibile. Quando il tuo cliente ti chiede qualcosa, ti sta mettendo alla prova, consapevolmente o meno. Quando tuo figlio ti chiede qualcosa, ti sta mettendo alla prova.

È in quei momenti che hai la possibilità di costruire la tua immagine di professionista, di persona forte, sicura, credibile tanto più sarai efficace e credibile durante la trattativa, tanto più semplice sarà gestire e mantenere la tua credibilità anche nel futuro. Pensa che potrà farmi avere quelle condizioni? Credo che si possa fare versione intelligenza linguistica. Sono certo che otterrò condizioni vantaggiose. Come pensa di organizzare la cosa?

Ho intenzione di preparare I documenti domani, poi credo che entro fine settimana le spedirò tutto Domani mattina preparo I documenti ed entro venerdì le spedisco tutto. Mi servono risposte più precise: pensa di potermele far avere? Credo di di sì. Ho intenzione di parlarne in ufficio. Versione Intelligenza linguistica: assolutamente.

Ne parlo domani in ufficio. Ora la parola numero diciassette. La domanda Posso? Ogni volta che chiedi Posso? Di fatto conferisci a qualcuno il potere di decidere della tua sorte.

Va tutto bene quando sei a casa di qualcuno e chiedi se puoi andare in bagno, in vendita, dove il tuo obiettivo è avere sempre parità negoziale e il ruolo di colui che conduce le danze, devi evitare questa dannosa domanda. C'è di più: se tu invece di chiedere posso? Dici solo quello che vuoi dire e poi fai seguire alla tua affermazione un'azione ad essa coerente, di fatto stai comunicando grande forza e sicurezza, perché il cervello del tuo interlocutore traduce Lui mi dice che fa le cose e poi le fa. Ecco alcuni esempi. Posso farle una domanda?

Che ne pensa di? Le faccio una domanda: che ne pensa di? Posso mostrarle il mio prodotto? Ora le mostro il mio prodotto e poi chiaramente lo mostri mentre dici la frase. Posso chiederle se mai pensato di Le chiedo: mai pensato di posso farle vedere le tabelle che ho portato con me?

Ecco: le le caratteristiche principali le mostro le caratteristiche principali. Parola numero diciotto: dovrei distrugge il tuo potere personale. Lascia intendere a chi ti ascolta che hai difficoltà a fare quello che vuoi fare. Può essere considerato alla stregua di un ma: nel mondo della comunicazione utilizzare il verbo dovrei è un modo quasi sicuro di distruggere la propria credibilità agli occhi del cliente o dei collaboratori. Se vuoi guadagnare quella credibilità che ti serve per comunicare meglio, dovrei parlarne con versione intelligenza linguistica: stasera ne parlo con dovrei prima controllare come sono le tempistiche di lavorazione dell'ordine.

Versione intelligenza linguistica: oggi pomeriggio, entro le sedici, mi confronto con il responsabile dell'ufficio logistico, poi la aggiorno subito sui tempi di lavorazione. Dovrei verificare queste condizioni. Versione intelligenza linguistica: entro le diciassette di domani verifico queste condizioni dovrei controllare: versione intelligenza linguistica: controllo dovrei sentirmi con il collega dell'altro negozio: versione: intelligenza linguistica sento subito il collega dell'altro negozio. Vorrei. Se vuoi comunicare in modo più efficace e avere risultati più straordinari, basta con I vorrei, dovrei, dovresti, farei, dovrò, farò, farai, potresti e via discorrendo.

Semplicemente funzionano molto poco. Il cervello del tuo interlocutore preferisce due modi e tempi verbali: l'indicativo presente e l'imperativo presente, soprattutto quando si parla di condurre le persone verso la destinazione che tu vuoi che raggiungano. Utilizzare l'imperativo senza risultare aggressivo o eccessivo richiede una grande padronanza del linguaggio non verbale e del tuo paraverbale. Dire vorrei significa letteralmente che forse vuoi e forse no. Dire mi piacerebbe significa che non sai davvero con certezza se la cosa ti piaccia o meno.

Due parole sul modo condizionale che, come dice la parola stessa, pone pesanti condizioni sulla riuscita della tua comunicazione. Se unisci il condizionale alla terza persona singolare, il danno è ancora più incredibile. Per esempio: Sarebbe il caso che è una frase che contiene in sé più di un problema. In primo luogo genera dubbi: potrei chiederti, infatti, sarebbe il caso secondo chi? Poi, si tratta di una declinazione di responsabilità: se vuoi che qualcuno faccia qualcosa o se tu stesso vuoi davvero fare qualcosa, esprimi questa volontà nel modo corretto: voglio che Pensa alla tua comunicazione, a una vendita, per esempio.

Sei davanti a un cliente che ancora deve essere convinto a comperare da te il tuo prodotto. Rifletti sui due modi di parlare che ti illustro e chiediti in quale dei due casi è più probabile che tu chiuda la tua vendita. Sarebbe il caso che tu ora decidessi di oppure dopo tutto quello che mi hai detto, il mio consiglio è: firma il contratto e diamoci da fare? Evidentemente, la seconda frase un potere molto più intenso. Ascoltiamo ancora altri esempi.

Dovrei valutare con la direzione la tua proposta. Versione intelligenza linguistica: valuto parlarti di una cosa importante. Versione intelligenza linguistica: voglio parlarti di una cosa importante oppure ti parlo di una cosa importante vorrei mostrarti come funziona versione intelligenza linguistica: ora voglio mostrarti come funziona oppure ora ti mostro come funziona. Ora che hai compreso l'importanza dei modi e tempi verbali, ti spiego un trucco molto efficace per parlare di cose future senza utilizzare il tempo futuro. Tale sistema anche il vantaggio di generare immagini molto potenti nel cervello del tuo interlocutore e si configura come un mezzo molto potente dal punto di vista della persuasione.

Se vuoi suggerire a qualcuno azioni da compiere in futuro, hai due possibilità: la prima è quella tradizionale, la seconda è quella che ti consiglio. Quando tornerai a casa, prenderai il catalogo che ti ho lasciato e valuterai eccetera eccetera. Ipotesi consigliata: stasera, quando torni a casa, prendi il catalogo che ti ho lasciato e valuta con attenzione. Venti: grazie. Per prima cosa vediamo insieme quanto sia facile rovinarsi la vita in poche e semplici mosse, anzi in poche e semplici parole, nonostante le migliori intenzioni.

Se fai un regalo a qualcuno e, mentre glielo porgi, dici qualcosa del genere: Niente di che, solo una sciocchezza, stai pur certo che quella persona, invece di esserti riconoscente, prenderà il tuo regalo e lo riciclerà alla prima occasione. Con le parole puoi davvero dare un grandissimo valore a ciò che dici e a ciò che fai, oppure puoi svilirne l'importanza e perdere l'occasione di dimostrare quanto vali. E perdere l'occasione di dimostrare quanto vali. Quando comunichi, soprattutto, l'approccio è davvero molto importante perché riguarda il cervello rettile: devi convincere lui, altrimenti non andrai molto lontano. Sbagliare approccio significa partire con il piede sbagliato e pregiudicare in tutto o in parte le nostre possibilità di riuscita.

Quasi invariabilmente, quando ci rechiamo a un appuntamento importante, esordiamo con una frase terribile: grazie per il tempo concessomi o, in una versione diversa, anche se altrettanto terribile: grazie per avermi ricevuto. Questo è davvero un pessimo impatto iniziale, che pone subito chi parla in una posizione di profondo svantaggio. Il motivo per cui le persone ringraziano il loro interlocutore è dimostrarsi gentili e ingraziarselo. La questione è che la parola grazie innesca un meccanismo che lo psicologo Robert Cialdini chiama di reciprocità, per il quale chi si sente ringraziare automaticamente e inconsciamente ritiene di essere in credito con chi lo ringrazia e quindi si sente sempre superiore. Anche il mio obiettivo, quando entro da un cliente, è quello di dimostrarmi gentile e creare subito eccellenti condizioni per poi trattare meglio.

Semplicemente, raggiungo il mio obiettivo senza espormi e senza posizionarmi in una posizione, appunto, di svantaggio. Come puoi fare, dunque, per dimostrarti gentile senza partire con una posizione di svantaggio? La frase che io preferisco è questa: buongiorno! Sono molto contento che abbiamo trovato il tempo di incontrarci. Questa frase esprime contentezza e quindi indirettamente è un ringraziamento al cliente.

Al tempo stesso, questa frase suggerisce implicitamente che tu sei un professionista impegnato e che, come il tuo cliente, hai dovuto trovarlo il tempo per quell'incontro. Questa frase ti porta subito su un piano di parità negoziale e ti pone, agli occhi del cliente, in una posizione diversa, molto più autorevole. Inoltre, se proprio vuoi fare le cose alla grande, esordisci sempre con il tuo nome e cognome, evitando le presentazioni standard in cui il venditore si presenta usando il cognome e mostrando il suo biglietto da visita. Che tristezza infinita! Quindi buongiorno!

Sono Paolo Borzacchiello, sono molto contento che abbiamo trovato il tempo per incontrarci. Dalle parole tossiche alle parole magiche. Ora, una considerazione importante: ti ho detto, in questa lezione e in tutte le precedenti, che la cosa fondamentale è, anzitutto, conquistare la fiducia del cervello rettile del tuo interlocutore. Ti ho spiegato, soprattutto in questa lezione, quali sono alcune tra le principali parole e I più consueti modi di dire che possono bloccare la relazione sul nascere. Quello che voglio fare adesso è spostare la tua attenzione su un concetto importante: le parole tossiche possono rovinare la tua relazione con il tuo interlocutore anche se è l'interlocutore che le pronuncia.

Infatti, qualora il tuo interlocutore abbia in testa alcuni concetti che possiamo definire negativi, il suo livello di stress nei tuoi confronti sarà più alto. Quindi, buona cosa è saper cambiare queste brutte parole in parole più adatte alla comunicazione. Saper ridefinire I concetti espressi, I nostri e sicuramente quelli espressi anche dall'interlocutore, soprattutto quando si tratta di obiezioni o resistenze, è uno strumento davvero molto potente. Ricorda però che le ridefinizioni funzionano a patto che tu abbia con il tuo interlocutore un grande senso di empatia, di comprensione, di porte aperte al dialogo. Devi aver fatto un ottimo lavoro con il suo cervello rettile e il suo cervello limbico, Quindi fai così: usa le stesse parole del tuo interlocutore nella fase iniziale della costruzione del rapporto, per generare in lui la sensazione che tu lo abbia capito.

Quando arrivi poi a un livello più avanzato di trattativa o in fase di gestione delle obiezioni, allora puoi anche permetterti di usare questo strumento linguistico. Ridefinire significa chiamare le cose in modo diverso. Ora prendo in considerazione alcune parole o frasi tossiche e ti fornisco alcune possibili ridefinizioni. Ti preciso che si tratta di ridefinizioni frutto della mia personale esperienza, fantasia e sensibilità. Tu puoi ridefinirle in altro modo, a tuo piacere.

Presta molta attenzione. Come sai: sono abbastanza ostile alla formazione da quella che ti vuole propinare concetti come dai che ce la fai! Oppure I de bislacche come non esiste fallimento, ci sono solo opportunità. È vero: dietro ogni fallimento si può nascondere un'opportunità. Al tempo stesso, prima di permetterti di dire una cosa del genere al tuo interlocutore, dovresti pensarci molto bene.

Ti faccio un esempio di ridefinizione applicata senza troppo criterio sulla parola casino. Tipico caso di chi vuole cambiare le parole del suo interlocutore senza prendersi la briga di avergli fatto capire, di aver compreso il suo punto di vista. Qui sta succedendo un casino. No, dai: è solo una cosuccia da sistemare. Ecco una bruttissima ridefinizione.

Esempio invece di ridefinizione: applicata con un briciolo di intelligenza linguistica. Qui sta succedendo un casino versione intelligenza linguistica: hai ragione, è un casino davvero una situazione delicata da risolvere Analizziamo insieme questa risposta: hai ragione è un casino è un ingaggio con il cervello rettile. Davvero una situazione delicata è la ridefinizione della parola casino. Casino diventa situazione delicata. Che il cervello rettile ti lascia passare perché gli hai appena dato ragione.

Da risolvere è una presupposizione, ovvero do per scontato che si possa risolvere. Ora, ecco altri esempi relativi a parole che emergono spesso in vendita e nella comunicazione in genere: parola problema: ricorda la scuola, I quaderni, le ore passate a trovare soluzioni impossibili. È una parola che in un secondo ti può far cambiare umore. Quando dici a un cliente che c'è un problema, puoi addirittura notare un cambiamento di espressione del volto o un letterale abbassamento delle spalle, in segno di sconforto. Possibile ridefinizione?

Questione da risolvere, affare da sistemare. In questo caso sia la parola questione sia la parola affare hanno un impatto decisamente meno forte. La parola affare addirittura è collegata di solito a immagini buone, che hanno a che fare con concetti come vantaggio, soldi, business e sia il verbo risolvere sia il verbo sistemare ti proiettano direttamente sulla strada che porta alla soluzione, contenendo in sé la presupposizione implicita che risolverai la questione e sistemerai l'affare. Parola difficile: la parola difficile ricorda la fatica, il sudore, il lottare con I denti e soprattutto contiene il germe del fallimento, della scarsa probabilità di successo. Una possibile ridefinizione potrebbe essere impegnativo: Questa nuova parola è fisicamente più leggera: ripetila a voce alta scoprirai di sentirti, tutto sommato, piuttosto a tuo agio.

Inoltre, ed è questo il bello, dire che qualcosa è impegnativo presuppone che, con un po' di impegno, tu possa raggiungere il tuo risultato. Questa parola ti fornisce un classico esempio di come utilizzare la tecnica di ricalco e Guida per aiutare chi ti ascolta ad avere una visione più ottimistica e orientata alla soluzione. Mentre ricalchi, applica la ridefinizione. Come ti accennavo prima, se tu applicassi solo la ridefinizione, che ti ascolta potrebbe avere l'impressione che tu voglia trasformare quello che lui detto e, per questo, ribadire con ancora più forza il proprio concetto. Esempio di ridefinizione senza il calco che produce, come ti dicevo, scontro.

Questa cosa è difficile! No, è impegnativa. Esempio invece di ridefinizione, applicata dopo il ricalco questa cosa è difficile versione intelligenza linguistica: hai ragione! È difficile, impegnativa. Ma come tutte le cose impegnative, con un po' di lavoro riuscirai nel tuo intento.

Ebbene, anche per questa lezione è tutto. Io ti aspetto alla prossima puntata, la puntata numero dieci, è dedicata a un tema importantissimo, ovvero la persuasione linguistica e ti anticipo che a breve ci saranno qui su Audible altre importantissime novità: una intera serie dedicata alla scienza che studia le interazioni umane e una serie di podcast dedicati a negoziazione e vendita, per cui resta sempre in ascolto: noi ci sentiamo presto!

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