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Dada Numero 1

Rivista culturale telematica DADA Numero 1 - Luglio/Agosto '95

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Published in 
Dada
 · 3 months ago

database DADAUNO
VER: 1.5
Alessandro Gerelli 2:332/805.5, a.gerelli@agonet.it, gerefago@mag00.cedi.unipr.it
(c) "29 Giugno 1995"


DADA : magazine telematico di cultura

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Sommario

  • ARTICOLI
    • Perche' DADA di Guildenstern
    • Arte e Forma di Artore Londona
    • Monsieur Malaussene di Angelo Politi
    • Spazio Recensioni a cura della Redazione
    • Saluti e Distribuzione a cura della Redazione

  • RACCONTI
    • Il Fiume di Alessio Saltarin
    • 4 Racconti Sanguinari di Vittorio Curtoni
    • Mercoledi' di Chiara Beaupain
    • Sangue di Vincenzo Scarpa
    • Short Stories Autori Vari

  • POESIE
    • Poesie di Paolo Maurizio Bottigelli
    • Poesie di Fabrizio Venerandi
    • Poesie Autori Vari
    • Poesie di Angelo Politi
    • Songs Afterhours, Counting Crows, La Crus

-> versione Amiga by Alessandro Gerelli


Ho contribuito alla rivista DADA fornendo il mio aiuto nel preparare la versione per Amiga.

Chiunque avesse suggerimenti, critiche ( insulti ;), per cio` che concerne la versione Amiga, puo` contattarmi agli indirizzi elettronici sotto riportati.

Lunga vita ad Amiga !!!!

bye bye

                .:  | Alessandro Gerelli  ( The @{i}Amiga@{ui} Supporter ) 
.::: |
.;' :: | InterNet : gerefago@mag00.cedi.unipr.it
.;' :: | : a.gerelli@agonet.it
.::::::::: |
.::. .::. | FidoNet : 2:332/805.5

PERCHE' DADA NEL TEMPO DELLA RETE

di Guildenstern


Esiste una economia di parola. Un'invenzione, un progetto di parola. Da poco esiste uno spazio dove la parola viaggia piu' veloce. Trasmissione cablata, fibre ottiche, parola alla velocita' della luce. Trasmissione di pensiero, oggi Piacenza, Milano, Washington, La Jolla, Nuova Delhi. Eldorado. Processo di formazione dada. Dada, come allora, diversamente da allora. Era stato Leonardo Da Vinci (codice Arundel, v42) a dire: "Gran parte del mare si fuggira' inverso il cielo, e per molto tempo non fara' ritorno" e parlava di nuvole. Oggi si parla di un'arte di parola, vero, ma anche di una scienza di parola. Ingegneria della follia. Dada dove non esiste conformita' di segno, meno che mai conformita' di pensiero. Dada come apertura: all'estremo, al consapevole, al quotidiano. Apertura all'intelligente e allo stupido. Nessuna censura, nessuna policy, nessun ritmo marcato. Anticipazione dello Warhol: dieci minuti di celebrita' mondiale a ciascuno. Perche' non si dimostra nulla, non c'e' un significato: le cose non significano. Si deve arrivare al conto finale con chi sostiene le ragioni dell'arte, come se un quadro possa avere un perche', come se nessuno avesse inteso la pericolosita' del definire. Casomai la parola significa, le cose sono significate. Sillabario dada. Profondita', ricerca della radice. Cerchio magico, esclusione elitaria aperta. Come nel percorso infinito dallo zero all'uno: il passo del tempo. Il cyberspazio come labirinto, luogo della meraviglia, in cui esistono al contempo l'incubo, la dolcezza, la rassicurazione, il peccato. Progetto nuovo. Difficolta' di parola.

Il discorso di DADA si inserisce nel non-tempo, ovvero nell'intervallo infinito tra opera e comunicazione. Tolleranza dell'altro. Spazio non circoscrivibile, e dunque iperspazio. Finanza dell'idea, industria della parola. Societa' piu' o meno segreta, iniziati incoscienti, estremisti dell'estetica. Pericolo di altro da se'. Nel discorso occidentale l'Altro si situa nella pazzia. L'Altro e' un nemico pericoloso. Altro: l'estraneo, l'ignoto, il diverso, il pazzo. La ghettizzazione dell'Altro e' alla base dell'intolleranza: politica, sociale, razziale. Eppure l'Altro e' in noi stessi: inutile e dannosa questa intolleranza. L'Altro e' il sembiante, e' la novita' del progetto e della ricostruzione. Personificare l'Altro nel nemico, significa porsi in una logica distruttiva piuttosto che costruttiva, una logica diadica. E' chiaro che la parola debba essere tollerante, debba procedere dal due, altrimenti si verifica un'anoressia intellettuale, un'atrofia della parola. Non solo, ma l'arte, o anche il progetto originale e nuovo di ciascuno, deve prendere lo spunto dall'Altro: che e' una delle innumerevoli missioni del DADA cyberspaziale.

Arte e Forma

Intervista all'Uomo Preistorico

(Il Problema della Forma nell'Arte)
di Artore Londona


Mi molla un cazzotto in pieno stomaco e si scaglia con impeto contro di me. Mi riprendo velocemente, lo afferro al volo per il collo e lo butto al tappeto facendo perno con la gamba sx. Non resta giu' e mi spara un altro cazzotto in petto con una forza tale da farmi scricchiolare tutte le ossa. Gli sgancio un calcio sulla schiena degno di Bruce Lee.

Ci studiamo un attimo: e' tarchiato, peloso, le arcate prominenti e le labbra molto pronunciate. Veramente scimmiesco, non c'e' che dire!

- OK, basta - ansima finalmente - sei un buon combattente, meriti il mio rispetto. Io sono Ugh.

- Anche tu sei un buon combattente. La mia mazza sara' al tuo fianco contro i tuoi nemici. Io sono Artore Londona.

- Siete in 2 li' dentro?

- No. Il nome di mio padre era Artore. Io sono Londona.

- Te lo sei mangiato?

- Si. - Con un ominide subumano e' meglio non entrare troppo nei dettagli.

- Allora io sono Ugh di Aargh - il subumano si dondola tutto soddisfatto. Signore e signori siamo in presenza del primo ominide capo orda che sia riuscito a rintracciare durante la mia lunga peregrinazione nel pleistocene inferiore. Ugh di Aargh e' attualmente il piu' importante capo e sciamano della piu' grossa e puzzolente orda che scorazzi per le lussureggianti valli di cio' che nel futuro sara' l'Africa. A lui mi rivolgero' ora per avvere la definizione del concetto di arte scevra di millenari elucubrazioni condotte a riguardo.

- Ugh, la tua ospitalita' ti fa onore. La fama della tua forza, saggezza e conoscenza raggiungono i confini di tutta la valle. Sono venuto da te per un consiglio e per ripagarti ho portato questa coscia di apatosauro.

- Ugh ascolta.

- Io so, o peloso Ugh, che tra voi vivono subumani in grado di riprodurre oggetti del mondo che li circonda: visi, animali, etc.

- Le tue conoscenze sono esatte, straniero: abbiamo persone capaci di liberare dalla pietra, dal fango o dalle ossa di avorio mirabili visi ed animali, nonche' pietre ornamentali od utensili. E questo con grande maestria.

- Ecco, o bruna pelosita', ci terrei a sapere in che conto tenete queste non comuni abilita'.

- Glabro straniero, non avresti potuto rivolgermi domanda piu' semplice. Essi altro non hanno se non il dono di una vista particolare, capace di vedere l'essenza di un oggetto, la sua vera forma. Grazie ad un'abilita' manuale sviluppata nelle lunghe notti invernali, mentre tutti riuniti mastichiamo la coriacea carne cruda ascoltando tesi i rumori della notte (o attenti i racconti di un occasionale nomade), mentre siamo li' riuniti, insomma, questi grattano e scavano la pietra liberando la forma racchiusa in essa.

- Saggio, il mio cervello e' ancora quello di un gorilla. Spiegati meglio.

- Come ben saprai noi viviamo in cio' che potremo definire la Natura. La Natura e' a sua volta la parte del Mondo che ricade sotto i nostri sensi, cio' che percepiamo.

- Ora lo so.

- Bene! Il Mondo che ci circonda ha in se' tutte le possibili forme che troverai in natura. Ed e' in base alle influenze degli oggetti gia' presenti in essa che il Mondo manifesta un altro oggetto.

- Il tuo ragionare e' piu' contorto delle spire di un serpente.

- Ti portero' degli esempi: quando Glo l'ominide prende in mano un osso, vede sempre dentro di esso allo stato potenziale qualcosa. Puo' essere un bellissimo cavallo, un pezzo ornamentale di una collana o un gioco per fanciulli... Col suo scalpello di selce non fa altro che liberare la forma imprigionata in esso. A seconda della sua abilita' nel seguire gli invisibili contorni della Forma riuscira' ad avvicinare l'aspetto dell'oggetto alla Forma originale, quella iperuranica presente nel Mondo. Ti faccio un altro esempio... - il possente gorillodie si accovaccia e mi fa segno di mettermi comodo. Mi indica un gruppo di donne preistoriche attorniate da uno stuolo di bambini, intente a squartare non so cosa.

- Tu sai che la forma nel Mondo dell'uomo e' quella di un essere forte, in salute e bello peloso, con la vista acuta, le orecchie mobili ed i denti forti. Eppure ogni donna, ricevendo l'influenza degli elementi che la circondano in Natura, partorisce un bimbo sempre diverso. Ma quelli che si avvicinano di piu' alla Forma risultano comunque essere i migliori.

- Vuoi dirmi comunque, o sommo vegliardo, che se non vi fossero influenze naturali esse partorirebbero bambini sempre uguali?

- Certamente. Ma cio', essendo la donna stessa un elemento della Natura, risulta alquanto impossibile. Non credi?

- Comincio a capire. Ma dimmi, maestro dal grigio pelo, quest'abilita' del "liberare la Forma" come viene da voi considerata?

- E' una capacita' magica che non tutti possiedono, e quei pochi che l'hanno devono coltivarla ed affinarla, anche a costo di rubare tempo alla caccia. E' il dono di riuscire a vedere le forme del Mondo nascoste in Natura.

- E dimmi dunque: come riesci a capire che la forma e' stata liberata?

- Dall'esempio del parto puoi gia' intuire come essa non sia mai liberabile nella sia interezza, poiche' la Natura stessa di chi la libera la modifica irreparabilmente; sappi pero' che l'oggetto che si avvicina alla forma finale acquista un certo magnetismo.

- Si, venerando, poco fa parlavi di magia...

- Un oggeto che incarna una Forma, libera (per la sua purezza) un'attrazione irresistibile da parte delle altre forme nascoste in Natura. Tieni conto che tutti i nostri ideali (una caverna secca, esposta al sole, una bella e docile compagna, molti figli sani, attrezzi robusti) tutti i desideri di ogni essere vivente, animali inclusi, altro non sono se non tentativi di raggiungere la corrispondente perfetta Forma del Mondo. Questo anche per i desideri malvagi (l'odio puro, l'avidita', l'ingordigia, la rabbia...).

Il saggio si sporge per afferrare un ciuffo d'erba. Mi offre un filo, un altro se lo caccia nella larga bocca.

- Ecco che alcuni lavori, seppur di ottima fattura, non attirano piu' di tanto la nostra attenzione. Altri, forse pure apparentemente piu' rozzi, riescono a colpirci per la forza della forma rappresentata. Ecco perche' una buona rappresentazione dell'uccisione in caccia di un bufolosauro puo' essere capace di portare a noi la bestia migliore di un branco.

- Ecco maestro, ora non vorrei dire ma... mi sembra un po' superstizione...

Lo scimmione arriccia le labbra in un gesto che interpreto di stizza.

- Perche'? nel Mondo i simili si attraggono.

- Maestro, la scienza insegnera' che sono gli opposti ad attrarsi.

- La tua scienza si sbaglia. Gli opposti sono uno parte dell'altro: il giorno non avrebbe significato senza notte, ne' il freddo avrebbe una propria esistenza senza aver provato il caldo... Ma questa e' un'altra storia, mi sembra. - Agita la mano, come per scacciare una mosca fastidiosa.

- Quindi la creativita' dell'individuo non esiste.

- Creativita' dell'individuo? Ma certo che si. E' lui che dall'argilla, dalla polvere, riesce ad ottenere la forma. E' lui che scava le ossa e le pietre...

- Si certo, perdonatemi maestro, ma l'invenzione? l'idea? il nuovo concetto? - Si avvicinano due femmine che si accoccolano al nostro fianco e cominciano a spulciarci, lo scimminide non vi fa caso. Decido di imitarlo.

- Non ti seguo. Perche' dici cio'? Queste persone hanno il dono di vedere le forme del mondo e l'abilita' manuale di riuscire in parte a mostrarcele. Sono molto utili all'orda per gli oggetti magici che riescono a produrre e vengono trattati con rispetto. Ma questo ha poco a che vedere con scoperte ed invenzioni preziose quali la concia delle pelli, l'impiego della ruota o l'uso delle lance nella caccia.

- Capisco. Quindi nulla di nuovo sotto il sole fino alla fine dei tempi.

- Per noi ora si. Ma forse in futuro qualcuno vedra' una forma nuova e piu' potente imprigionata nell'oggeto da lavorare. La ricerca del nuovo e' nella nostra natura: anche gli animali, e fra questi pure i piu' stupidi come il mucchidis bicorno, perdono presto interesse di fronte agli elementi nuovi che attraversano la loro quieta esistenza. Non vedo perche' l'uomo (tra l'altro estremamente piu' vivace del bicorno) non possa avere a noia una forma e cercarne altre.

- Maestro, ma la capacita' artistica? il concetto di arte...

- Ora sono io a non seguirti piu'. Parlami di queste parole.

- Sono... sarebbero... saranno... Addio saggio tra gli Aargh. Il mio tempo e' scaduto.

- Addio straniero. Che tu possa vedere la fine della tua strada.

- In un modo o nell'altro...

Monsieur Malaussene

di Angelo Politi


-La suite! reclamaient les enfants. La suite! La suite!

Ma suite a' moi c'est l'autre petit moi-meme qui prepare ma releve dans le giron de Julie. Comme une femme est belle en ces premiers mois ou' elle vous fait l'honneur d'etre deux! Mais, Julie, crois-tu que ce soit raisonnable? Julie, le crois tu? Franchement... hein? Et toi, petit con, penses-tu que ce soit le monde, la famille, l'epoque ou' te poser? Pas encore la' et deja de mauvaises frequentations!

-La suite! La suite!
Ils y tenaient tellement a' leur suite que moi, Benjamin Malaussene, frere de famille hautement responsable, bouc ressuscite, pere potentiel, j'ai fini par me retrouver en prison, accusé de vingt et un meutres.

Tout ta pour un sombre trafic d'images en ce siecle Lumiere.
Alors, vous tenez vraiment a' ce que je vous la raconte, la suite?

In viaggio verso Nizza dove mi aspetta una settimana di riposo. Nella borsa da viaggio oltre alle solite cose ho messo diversi libri, alcuni scelti accuratamente, altri come sempre selezionati in base al disegno della copertina ed alle note sul retro. Tra questi c'e' anche "La Fata Carabina" di Daniel Pennac vicino a Manuel Vazquez Montalban, Manuel Scorza, Baricco e Bergonzoni. Da sempre ho un debole per gli economici Feltrinelli, cosi' non e' un caso che anche stavolta facciano la parte del leone nei miei bagagli.

Nizza, citta' che poi scopro essere tra le preferite dello stesso Pennac, e' bella, e' ricca di odori, sapori, vento e desiderio. Il desiderio di una donna, di un uomo, di un'altra vita, forse, di una paella, lo so che e' spagnola, ma la fanno bene anche li', e una bottiglia di vino rosso, dei paesi del Var, il desiderio di un buon libro.

Si' i libri, quelli buoni almeno, accendono il desiderio. E non saprei con quale altra parola descrivere il mio impatto con la prosa ricca, straripante, a tratti selvaggia, spesso poetica, mai banale o prevedibile, pungente, ma anche amara di Daniel Pennac, scrittore francese, nato a Casablanca nel 1944, tra i piu' interessanti e "moderni", se mi passate il termine, di questi ultimi anni.

Il desiderio di leggere, naturalmente. Quello vero, quello che ti costringe a stare sveglio tutta la notte con gli occhi che corrono sulle parole, sulle righe, sulle pagine del libro che tieni in mano. No, "corrono sulle parole" non e' il concetto giusto, si soffermano, si lasciano trasportare, meglio inebriare o forse cullare dalle parole. Quel desiderio che ti porta ad ignorare il tempo, quel desiderio che inizia a fare male quando si accorge che le pagine lette sono ormai piu' di quelle che rimangono, e quelle lette non ritorneranno, ahime'! Non sara' piu' possibile rivederle e provare lo stesso stupore e sorpresa iniziale. Ogni pagina e' una storia, un'emozione che se n'e' andata e tutto cio' nella consapevolezza che la gioia, il piacere della lettura sta per concludersi con l'avvicinarsi della parola fine.

Dico seriamente: ogni buon libro dovrebbe fare almeno un po' male, lasciare un che di amaro nel lettore che se ne deve, suo malgrado, accomiatare.

Ho finito "La Fata Carabina" a tarda notte. Un libro in una notte, cosa che non mi capitava dalla folgorante scoperta della prosa di Stefano Benni e del suo "Comici Spaventati Guerrieri", anche quello letteralmente divorato in una notte di passione letteraria (ma questa e' un'altra storia e ne riparleremo). Ho faticato a prendere sonno con la testa ancora immersa nelle vicende di Malaussene, del Piccolo, di Therese, della bella e prosperosa Julie, del vecchio, ma veloce Thian, del giovane Pastor e del suo infallibile metodo per far parlare i criminali, di Simon il Cabila e Mo il Mossi e di tutti gli altri personaggi che si avvicendano per le strade di Belleville.

La mattina seguente non vedevo l'ora di tornarmene in Italia, ficcarmi nella prima libreria e recuperare gli altri due, cristo solo due, romanzi di Pennac che completavano la trilogia di Benjamin Malaussene e famiglia. Mi sono cosi' intrufolato, senza troppa convinzione, nella prima libreria trovata nelle strade di Nizza e con il mio francese incerto ho chiesto al commesso se aveva "quelque chose de Daniel Pennac". Lui mi ha portato verso la vetrina e mi ha mostrato "le dernier roman" intitolato "Monsieur Malaussene". L'ho acquistato subito e capite che per uno che non sa una parola di francese e' un grande atto d'amore. Pero' la gioia di avere in mano piu' di 500 pagine di quell'autore era immensa. Sapere che di li' a pochi mesi la mia, nostra, fantasia, il nostro immaginario, sarebbe stato nuovamente invaso da quei personaggi mi ripagava della figura ("che cavolo ci fara' questo con un libro di cui non capira' una parola" si sara' chiesto perplesso il negoziante) e, perche' no, delle lire spese (circa tre volte un normale libro italiano).

Sono cosi' ritornato a casa e mi sono rimesso a letto (dopo una notte insonne era il minimo) sognando una mia Julie dai grandi e generosi seni che mi leggeva e traduceva quelle pagine mentre i suoi fianchi dondolavano dolcemente e ritmicamente sopra i miei. Ma anche questa e' un'altra storia!

BIBLIOGRAFIA DI DANIEL PENNAC (per quel che ne so).

 FRANCIA                             ITALIA 

Au bonheur des ogres Il paradiso degli orchi
La fee carabine La fata carabina
La petite merchande de prose La prosivendola
Comme un roman Come un romanzo
(Editions Gallimard) (Feltrinelli Editore)

Cabot-Caboche Abbaiare stanca
L'oeil du loup L'occhio del lupo
(Editions Nathan) (Salani Editore)

Kamo et l'agence Babel
L'evasion de Kamo
Kamo et moi
L'idee du siecle
(Editions Gallimard-Jeunesse)

Le grand Rex
(Editions Centurion-Jeunesse)

Le sens de la houppelande
(editions Futuropolis)

Spazio Recensioni

a cura della Redazione

DISCHI

GERMI
by Afterhours (Vox Pop/Emi)

Gli Afterhours di Milano sono da parecchi anni una delle band italiane piu' interessanti in circolazione. "Germi", il loro ultimo lavoro e', a parere di chi scrive, semplicemente SENSAZIONALE. Fatico a trattenere il mio entusiasmo, ma forse non lo voglio nemmeno fare, perche' quasi tutte le canzoni ripetutamente ascoltate (per fortuna i CD non si graffiano tanto facilmente) sono di altissimo livello, sicuramente migliori di tanta produzione straniera patinata e molto piu' blasonata.

Pezzi, poi, come "Plastilina", "Dentro Marilyn" (di cui riportiamo il testo nello spazio "Poesie & Songs"), "Ossigeno", "Strategie" e "Posso avere il tuo deserto" sono davvero grandissime canzoni uscite dalla mente di Manuel Agnelli (chitarra e canto), Xabier Iriondo (chitarra), Ale Zerilli (basso), Giorgio Prette (batteria) e Davide Rossi (violectra).

Gli Afterhours cantano ora, diversamente dal passato, in italiano ed infatti alcuni pezzi (Ossigeno e Pop sono i piu' emblematici) sono rifacimenti di canzoni gia' proposte in passato in lingua inglese sull'album "Pop Kills Your Soul".

Procuratevi, se amate il buon rock e magari siete un po' stufi dei soliti gruppi rap, hip-pop e via dicendo che finiscono con l'assomigliarsi un po' tutti sia come testi che come sonorita', "Germi" e se passano dalle vostre parti andate a sentirli in concerto nella loro veste, almeno cosi' sono apparsi sul palco del Fillmore di Cortemaggiore (PC) ai primi di Giugno, di Rrriot Girl, e cioe' vestiti da dolci, ma scatenate donzelle. IRRESISTIBILI, ma soprattutto POTENTI!


NON CALPESTARE I FIORI NEL DESERTO
by Pino Daniele (CGD)

Solitamente, in questa rubrica, ci occupiamo e ci occuperemo perlopiu' di autori e gruppi indipendenti o, che comunque, non sono, ed ingiustamente visto il loro merito, tanto pubblicizzati in altre sedi. Ma il nostro atteggiamento non vuole, comunque, essere prevenuto o, peggio, snobbare i cosiddetti autori di "cassetta", quelli insomma che vendono. Non sempre chi vende poco vale molto e viceversa. Sarebbe davvero stupido pensarla cosi'.

Per questa ragione vogliamo, in questo numero, parlare anche dell'ultimo lavoro di Pino Daniele, autore che non avrebbe bisogno di nessuna presentazione o promozione, ma autore che merita per la qualita' del proprio lavoro di essere menzionato in questo numero di DADA.

Certo, e' sicuramente triste vederlo vagare nei vari Cantaraggiri e Festivalbari vicino a Fiorelli saltellanti, birre (Corone), Prendili, e Vernici varie (certo magari promotori, perche' autori e' una parola un po' eccessiva, di canzoncine allegre, ma in ogni modo non paragonabili artisticamente parlando ad un Pino Daniele), ma la sua sincerita' e professionalita' sono fuori discussione indipendentemente dal palcoscenico da cui propone la sua musica.

Parecchi anni sono ormai passati dai suoi esordi e, secondo noi, la sua maggiore maturita' ed esperienza si riflettono in maniera senz'altro positiva in queste sue nuove liriche, magari a scapito di un po' di freschezza ed energia che avevano caratterizzato maggiormente alcuni suoi album precedenti.

Tra le canzoni migliori citiamo "Io per lei", "Resta...resta cu'mme'", "Anima" e "Stress" cantata in collaborazione con Lorenzo Cherubini (Jovanotti), personaggio che dovrebbe essere attentamente rivalutato da tutti quelli, noi per primi, che gli hanno sempre sparato addosso.

Varie

da Blu Bus/Circus e Zero Production

Torniamo ora ad occuparci di produzione indipendenti e lo facciamo menzionando non un disco in particolare, ma parlando dell'importante lavoro di due etichette molto attive: la Blu Bus/Circus di Aosta, che da parecchi anni distribuisce e produce in Italia dischi di ottimo livello sia nazionali che stranieri, e la Zero Production di Piacenza, nuova etichetta, ma gestita da musicisti con grande esperienza alle spalle (primo fra tutti Tony Face ex batterista dei Not Moving, Time Pills, ecc... ed attuale batterista di Lilith).

Della Blu Bus/Circus vogliamo segnalare l'uscita di uno splendido album firmato "Ishi" ed intitolato "Sotto la pioggia". Le 11 canzoni del disco sono davvero molto belle e l'inconfondibile voce di Lalli (ex Franti) ci racconta con grande maestria storie di solitudine, rabbia e speranza, proseguendo in un certo senso il discorso bruscamente interrotto con i Franti alcuni anni fa.

Altro progetto Blu Bus/Circus degno di lode e' "In prima fila", una serie cioe' di 7" con pezzi di gruppi italiani esordienti e, come dicono loro, qualche vecchia volpe. Questi 7" avranno un'uscita trimestrale ed e' possibile acquistarli a prezzo vantaggioso (4.500 l'uno) sottoscrivendo dei mini abbonamenti. La prima uscita comprende i seguenti 7": "Mirafiori Kids", alfieri del combat-rock metropolitano, "Dead Ducks", hard core suonato a manetta per questo nuovo e promettente gruppo ferrarese, "Aria di Golpe", tre brani dal vivo di cui due inediti.

Per informazioni o per richiedere il catalogo completo, che tra le altre cose annovera tra i suoi titoli dischi dei Kina, Franti, Lilith, Bad Religion, No Means No, Negazione, ecc... contattate la Blu Bus/ Circus al seguente indirizzo: Via Consolata, 5 - 11100 Aosta Tel/Fax 0165-262909.

La Zero Productions ha iniziato la sua attivita' con tre uscite discografiche piuttosto diverse tra di loro e tutte decisamente interessanti: Asphodel, Black Milk e Sciamano.

Gli Asphodel di Varese si cimentano in un esercizio noise-fuzz con squarci psichedelici e lunghe ballate ipnotiche che riportano ad altri suoni e altre dimensioni. Il loro "Smooth" e' sicuramente un ottimo esordio.

"Live at the Love Club" e' invece l'album d'esordio dei Black Milk, anche loro di Varese, oscura formazione (nelle note di copertina non vengono citati i componenti), che propone un rock-blues scarno e minimale che ricorda alcune cose dei nostri Carnival of Fools o, per andare un po' piu' in la', alcuni lavori dei primi Bad Seeds e Beasts of Bourbon.

Gli Sciamano di Piacenza propongono invece un rock molto piu' classico inserendosi in quel filone di nuove proposte che seguono un po' l'esempio portato avanti da personaggi come Ligabue (e la voce degli Sciamano ricorda molto quella del rocker emiliano) e Litfiba. Un disco tutto in lingua italiana con testi semplici che si accompagnano ad un sound piacevole senza troppe ricerche o complessita' particolari.

Per contatti: Zero Productions - Via Sopramuro, 48 (29100) Piacenza - Tel. e Fax 0523-338681.

LIBRI

IL LIBRO DEI PARADOSSI
di Nicholas Falletta


Questo bel libro, edito dalla Longanesi&C, esamina numerosi paradossi. Ma... cos'e' un paradosso? Qualcosa che si mangia o che si beve? No, e' semplicemente ogni affermazione o credenza contraria a quanto ci si aspetta o all'opinione normalmente accettata. Il libro e' stato scritto per un lettore comune interessato ai paradossi, ma privo di una di una preparazione tecnica per quanto riguarda la matematica, la scienza e la filosofia (anche perche' altrimenti non sarei mai riuscito a leggerlo) :-). I paradossi discussi in queste pagine sono tratti da queste a da altre discipline; e benche' molti di tali problemi contengano concetti sofisticati e ragionamenti di carattere logico, nessuno di essi richiede che il lettore abbia una precedente conoscenza oltre quella del linguaggio ordinario e dell'aritmetica elementare. Puo' essere quindi letto anche da gente come me! Il libro e' suddiviso in venticinque capitoli, organizzati in ordine alfabetico secondo il titolo inglese, ed ognuno di questi e' pensato come autosufficiente; cosi' e' possibile qualsiasi ordine di lettura. Una delle poche cose negative che ho potuto riscontrare (purtroppo quelle ci sono quasi sempre) e' che alcuni paradossi sono trattati in maniera un po' superficiale; tuttavia, alla fine del libro e' stato dato spazio ad un'ampia bibliografia; cita infatti numerosi testi per ogni paradosso esaminato, anche se purtroppo sono quasi tutti in lingua inglese. Non disperate pero'; il contenuto del libro e' ottimo, ed ha all'interno ben 116 illustrazioni che comprendono anche alcune figure ambigue e molti dipinti del pittore olandese M. C. Escher. Insomma... volete vedere un disegno che contenga allo stesso tempo un'anatra e un coniglio? Volete vedere dei soldati correre su una scala che non finisce mai? Si'? Bene, allora questo libro fa per voi. Eccovi infine un piccolo assaggino che ho preso dal libro medesimo, ovvero "Il dilemma del coccodrillo".

Un coccodrillo aveva afferrato un bambino che stava giocando sulle rive del Nilo. La madre imploro' il coccodrillo di restituirglielo. "Certo" disse il coccodrillo. "Se sai dirmi in anticipo esattamente cio' che faro', ti restituiro' il piccolo; pero', se non indovinerai, lo mangero' per pranzo". "Oh" disse la madre piangendo disperata, "tu divorerai il mio bambino". L'astuto coccodrillo ribatte': "Non posso ridarti il bambino, perche', se te lo rendo, faro' si' che tu abbia detto il falso, e ti avevo garantito che se tu avessi detto il falso, lo avrei divorato". "Le cose stanno esattamente al contrario", rispose astuta la madre. "Non puoi mangiare il mio bambino perche', se lo divori, farai si' che io abbia detto la verita' e tu avevi promesso che, se io avessi detto la verita', avresti restituito il bambino. So che sei un coccodrillo d'onore e che mantieni la parola data".

Allora, chi e' il vincitore di questa discussione da un punto di vista logico? Che cosa accadra' secondo la logica?

Saluti e Distribuzione

Un ringraziamento fin da ora a tutti coloro, utenti e sysop, che ci aiuteranno a diffondere questa rivista e, magari, contribuiranno a renderla migliore.

Voglio ringraziare in particolar modo il moderatore e i frequentatori dell'area Fidonet Libri-Ita senza il cui aiuto e supporto probabilmente non sarebbe stato possibile creare DADA.

Una menzione particolare anche per Davide Rolando e tutti i sysop della rete ISN (Italian Shareware Network) che hanno accettato di distribuire DADA.

Ricordiamo, inoltre, che DADA e' disponibile in f'req sulla BBS di Piacenza Techno World (0523-335772, Fido 2:332/805) e anche tramite FTP via Internet all'indirizzo: tw.agonet.it/e/ftp/pub/riviste/dada

DADA, inoltre si puo' consultare tramite browser WWW all'indirizzo http://www.agonet.it/cafe/dada/dada.htm

Per qualunque contatto:

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Angelo Politi 2:332/805.3
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c/o Techno World BBS (0523-335772)

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Sottovoce BBS (02-603417 e 02-6888111)
Fido: 2:331/374 (The Day After)

Vincenzo Scarpa 2:334/21.20
c/o Amiga&Technology (011-3858269 e 011-3833608)

Hanno collaborato:

  • Alessandro Gerelli (versione Amiga)
  • Marco Gianlorenzi (versione Mac, forse....)
  • Marco Consensi (grazie per le immagini)
  • Renato Rolando
  • Chiara Beaupain
  • Eugenia Franzoni
  • Vittorio Curtoni
  • Daniel Pennac
  • Alessio Saltarin
  • Corinna Ellaspide
  • Cirdan il Timoniere
  • Giuliana Barbano
  • Fabrizio Venerandi
  • Paolo Maurizio Bottigelli
  • Mefistofele
  • Massimo Canetta
  • Riccardo Elli
  • David Maria Turoldo
  • La Crus
  • Afterhours
  • Cristiano Repetti
  • Antonio Bacciocchi

Arrivederci al prossimo numero ai primi di SETTEMBRE !!!

N.B. Tutti i Webmaster interessati a proporre DADA possono farlo tranquillamente (ne saremmo lieti) linkando l'indirizzo http://www.agonet.it/cafe/dada/dada.htm

4 Racconti Sanguinari

di Vittorio Curtoni


APRIL ANNE

"Gesu', Gesu' santo" cantava lui, trascinandola in un valzer vorticoso sulla sabbia della California. "Amore mio! Sei come il mese di aprile." "Io sono la primavera" urlava lei. E i suoi piedi quasi non sfioravano la spiaggia, e il suo viso era piu' abbagliante del sole. "Te la ricordi quella vecchia canzone, April Anne? Ecco chi saro' per te! April Anne! Anche se mi chiamo Judith, chi se ne frega?" La loro casa era in riva al mare. Fatta di assi male inchiodate, di fondamenta precarie. Non importava a nessuno dei due. Era il mese di aprile, e si adoravano.

"Ci tengo alle tradizioni, io" disse lui, mentre con l'accetta finiva di farle a pezzi la testa. "Credevi di fregarmi?" Era il 21 giugno.


REGOLAMENTO DI CONTI

Avrei dovuto intuirlo, forse. La serata non era cominciata nel migliore dei modi: Francesca aveva gia' un invito in discoteca, Giuliana aspettava un suo cugino emigrato in Canada che doveva rientrare in Italia per le ferie, Antonella non rispose nemmeno al
telefono (uno dei suoi soliti mal di testa, probabilmente). A quel punto, insistere con la mia agendina mi parve inutile. Superfluo. Irritante. Se uno ha i soldi e non riesce ad agganciare una ragazza alla terza telefonata, vuol dire che e' fottuto. Che e' troppo vecchio. Se c'e' una cosa che odio e' sentirmi vecchio e fottuto. Quindi, rinunciai. Avrei trascorso la sera in casa, a guardare un film o due in televisione, e poi, a letto. Lo stomaco era pieno, le bottiglie non mancavano; e, in ogni caso, il giorno dopo mi aspettava un pranzo di lavoro coi giapponesi. La mia, in Italia, era ancora un'azienda che funzionava. E che non mi lesinava soddisfazioni. Insomma, soldi. No, non potevo proprio lamentarmi. Anche se forse avrei dovuto intuire che sarebbe stata una serata di merda. Specialmente quando, alle undici e mezzo, qualcuno suono' alla porta. Ma ero talmente pieno di cognac che andai ad aprire col sorriso sulle labbra, convinto che fosse Francesca, o Giuliana, o Antonella. O un'altra del mio giro. Invece, era lui. Giuseppe Bertoni. Il mio ex contabile. L'uomo che sei mesi prima era stato sepolto nel cimitero del suo paesello natale. Seguito dal cordoglio e dalla commozione di tutti i suoi amici e colleghi di lavoro, me compreso. Esattamente sei mesi prima.

Lo stato di putrefazione era avanzato. Gocciolava materiale purulento sulla mia moquette. A dire il vero, sulle prime non lo riconobbi. L'unica impressione concreta fu che faceva schifo, e puzzava. Nemmeno i vermi che gli uscivano dalle orbite degli occhi mi erano simpatici. Vi prego di ricordarlo, ero quasi ubriaco marcio di cognac. Se manca il sesso, l'alcol e' un ottimo surrogato. "Le chiedo scusa" disse quell'essere ributtante. Accenno' a porgere una mano, che era solo un grumo di materia in liquefazione, poi la ritrasse. "No, non e' il caso" sussurro'. I suoi occhi si posarono sulla moquette. "Mi spiace molto, dottore. Non so se sara' tanto facile togliere queste macchie..." Le sue carni fetide e mollicce avevano inzuppato la mia moquette di chissa' quali umori. "Comunque, per domattina sara' tutto sparito. Me lo hanno promesso." Fu dall'accento, dal servilismo, e dal ricorso a quella logica da ragioniere, che riconobbi Bertoni. Il mio fido ex dipendente si era impiccato in carcere sei mesi e tre giorni prima, diciassette ore dopo essere stato fermato alla frontiera svizzera per traffico illecito di valuta. I tre o quattrocento milioni di lire, non ricordo bene, che gli trovarono nascosti in macchina erano miei, ovviamente. Lui non ne sapeva nulla. Del resto, avrei dovuto informarlo? Ed era colpa mia se si era impiccato? Avesse avuto una moglie, un figlio, un padre, un fratello, qualcuno, non avrebbe rinunciato alla vita con tanta facilita'; invece no, niente. D'accordo, forse posso anche capirlo. Per uno che e' solo come un cane, e che tiene alla propria reputazione, al senso dell'onore, la morte non e' il peggiore dei mali. Ma cosa c'entravo io?

"Ho preferito aspettare un po' per fare cifra tonda" disse Bertoni, avanzando di qualche passo nel mio appartamento. "Sei mesi esatti. Ora, calcolando un interesse bancario medio del ventidue per cento annuo, lei mi deve un interesse dell'undici per cento." L'orribile creatura continuava a gocciolare come un rubinetto che perde in agosto, quando non esiste piu' un idraulico sull'intera faccia del pianeta. "Esatto?" "Esatto cosa?" sussurrai, schiarendomi la gola. "Esatto l'interesse, caro dottore" gorgoglio' il cadavere in putrefazione. I suoi denti, le sue mascelle, erano uno spettacolo osceno. "Sa, di la' viene concessa qualche facilitazione a chi si e' ammazzato al posto di un altro." Un ghigno repellente si dipinse sulle sue carni marce. "Se lei tiene conto del fatto che la mia agonia e' durata all'incirca cinque minuti, in seguito a una disgraziata serie di circostanze, si rendera' conto che oggi, a distanza di sei mesi, ai tassi correnti, lei dovra' agonizzare per cinque minuti virgola cinquantacinque secondi..."

Ora, ho sempre consigliato ai miei contabili, commercialisti e affini, di non cercare il pelo nell'uovo. Di non attenersi rigidamente alla lettera delle cifre. Di interpretare il bilancio dell'azienda con una buona dose di elasticita' mentale. Se no, tanto vale consegnarsi nudi al fisco. Ma come spiegare il fatto che, dopo avermi applicato alla gola un marcescente cavo d'acciaio, quel delinquente del mio ex contabile, Giuseppe Bertoni, si sia permesso di infliggermi un'agonia di nove minuti virgola tre secondi, per non parlare del suo fiato fetido? Non ho ancora calcolato quale tasso d'interesse abbia applicato, ma e' fuori dubbio che intendo presentare un ricorso al Grande Giudice; e poi, vedremo.


PSYCOn (Omaggio a Robert Bloch)


"Basta!" urlo' zio Harry, brandendo un coltellaccio da cucina. "Non ti sopporto piu'! Tutto questo marciume deve finire!" E si lancio' su zia Emma, sua sorella, sorella di mia madre. Tra loro due, da molto tempo, esisteva un rapporto incestuoso. Zia Emma riusci' a schivarlo con una certa abilita', ma la punta affilata del coltellaccio le squarcio' il dorso della mano. Quindi, fu con un orribile sogghigno di piacere dipinto in volto che lei premette il grilletto della calibro 22. Non disse una parola; ma zio Harry, centrato al polpaccio, crollo' sul pavimento come un pupazzo di stracci. "Cos'e' tutto questo casino?" strillo' papa', entrando di soppiatto dalla porta della cucina. Aveva in mano la scure per tagliare la legna. "Non sopporto la confusione in casa mia!" Con un colpo secco, recise il braccio sinistro di mia cugina Martha. La quale, avendo per le mani un tridente, penso' bene di aprirgli qualche foro in petto. "Oh no, mio Dio, no!" gemette la mamma, arrivando trafelata. "Avete sporcato tutto! Tutto! Siete lerci!" Mentre lei correva fuori, zio Tony, suo fratello, si lancio' alla gola del pronipote Don. Gli pianto' le forbici nel collo e gli strappo' via un brandello di carne. Don reagi' maciullandogli la faccia col tirapugni, ma zio Tony era un osso duro. "Aaarg!" urlo' nonno Judas, sbattendo giu' dalle scale nonna Emily. La povera nonna rotolo' fino in fondo; a giudicare dal rumore, doveva essersi rotta l'osso del collo, o qualcosa del genere. E fu in quel momento, mentre nonna Emily strisciava sul pavimento del soggiorno perdendo sangue dalla bocca e dal naso, che ebbi la grande ispirazione. Si', mamma doveva essere andata a fare una doccia. Per ripulirsi dalle brutture morali che si era trovata attorno. Ho sempre avuto un debole per gli omicidi sotto la doccia, io. Col falcetto ben stretto nella destra, strisciai verso il bagno. Fu una scena degna di un grande regista.

"E si sarebbe ridotto in queste condizioni da solo?" chiese il vicesceriffo, che era molto giovane. A certi spettacoli non era abituato; aveva gia' vomitato un paio di volte nella hall del motel. "Ma chi diavolo era?" chiese, con un filo di voce. Lo sceriffo, che aveva vent'anni piu' di lui e conosceva molte storie del posto, si chino' a raccogliere il braccio sinistro dell'uomo, trinciato da una scure. "Mai sentito parlare di Norman Bates?" rispose.


PULIZIA DELLE STRADE

"Cristo santo, Raphy, capisco che ti hanno appena promosso e tutto il resto, ma quello che ti sto dicendo..." L'informatore era piccolo, leggermente gobbo, e nero. Si conoscevano da molti anni, lui e il poliziotto. "Vorrei che tu non rompessi tanto le palle, Vic" disse il poliziotto, che era bianco. Le puttane, per strada, erano tutte nere. E anche i barboni. Solo poche bottiglie di vino erano bianche. "Quello si porta sempre in tasca un rasoio, e quando gli va in tilt il cervello lo tira fuori, e taglia una gola" disse Vic. Il capitano del trentaduesimo distretto si fermo' di colpo. "Gli ultimi sette omicidi sono suoi, allora?" chiese. "Quei papponi negri sgozzati come maiali?" Il piccolo negro svani' nell'ombra di un portone. "Si', si'" sussurro'. "Pero' io non ti ho mai detto..." Il poliziotto si infilo' nel portone, mise qualcosa in mano al negro. "Cristo santissimo" disse il piccolo informatore. "Cinquecento dollari. Non ho mai chiesto niente del genere." Il capitano bianco annui'. "Infatti. Non sono per te. Vuoi darli al tuo amico e chiedergli di continuare a fare pulizia? Grazie." E, senza attendere risposta, fermo' un taxi.

Mercoledi'

di Chiara Beaupain


Apro gli occhi. E' Mercoledi'.

"Piove. Sono a Cesena"

Immagino il Bandini in aula che spiega, col suo sorriso sornione: -In una citta' in culo al mondo, in un giorno dei piu' insulsi, con un tempo schifoso...- Il poeta sa rendere l'idea! Solo che Bandini non si esprimerebbe mai cosi... ora e' il mio turno per un breve sorriso mentale. Mi alzo dal letto con un senso di nausea profonda: sono le undici del mattino, quello che ultimamente definisco "un orario civile" per cominciare la giornata, anche se a volte mi spaventa questa ignavia che m'ha preso. Il sole fa capolino discretamente dai balconi socchiusi: sarebbe gia' qualcosa, se non fosse che preferirei piovesse. E preferirei essere a Cesena. Esco dalla mia stanza e trovo il bagno libero: -E' gia' qualcosa- Mormoro convinto. Dal piano terreno vengono i rumori di qualcuno che sposta sedie. Mi sporgo dalla balaustra del corridoio sopra le scale:- Aldo!- Chiamo, con la voce cavernosa che riesco a sfoderare la mattina. -Eeehhhh?!- Mi sento biascicare in risposta. -Cosa stai facendo?- -Lavo- -Perche'?- Chiedo io. -Oggi viene Carlo a pranzo.- Carlo a pranzo? Come Carlo a pranzo! Oh cazzo, e' vero! Mi trascino in bagno. -Giovanni!- Chiama Aldo. Mi sporgo dalla porta del bagno tenendomi i calzoni del pigiama: -Eehh!- -Cucini tu- Urla. Alzo gli occhi al soffitto e mi coglie un leggero capogiro: esprimo il pio desiderio di riuscire a mandarlo a fan'culo. Invece dico: -Si-. -Allora?- -Siii- Urlo. E mi chiudo in bagno.

Mancano venti minuti alle una e sto guardando i disegnini sul mio portapenne. Ho i gomiti appoggiati distrattamente sui sonetti del Petrarca. Li devo commentare oggi. Ai quei quattro gatti che vengono ad ascoltare i miei seminari. Petrarca... Si, dovrei rileggere un paio di cose, controllare la bibliografia... Non ricordo neppure di cosa ho parlato la volta scorsa... Aldo si fa sulla soglia della mia stanza:- Quando vai a fare la spesa?- -Adesso vado Rispondo senza voltarmi, senza muovere un muscolo. -Guarda che i negozi chiudono- -Oggi fanno orario continuatoRispondo meccanicamente. -Guarda che oggi e' Mercoledi'-Si ma fanno orario continuato lo stesso- Insisto. -Guarda che ti sbagli- -Guarda che ti sbagli tu!- Urlo incazzato. E finalmente mi volto a guardarlo. Ha la traversina allacciata tutta storta sopra i jeans e uno straccio in mano. Si vede che ha una voglia matta di prendermi a cazzotti. Ma si trattiene. Credo di avere un aspetto troppo sconvolto per destare qualcosa di diverso dalla pieta'.

Alla fine sono uscito, con Aldo alle calcagna che mi urlava di far presto. Ho trovato tutti i negozi chiusi e sono tornato con la coda fra le gambe: ho chiesto perdono e sono tornato in camera. Carlo e' arrivato affamato: credo abbiano mangiato una pasta al tonno e del formaggio. Carlo ha chiesto: - Ma cos'ha Giovanni oggi?.- -E' Mercoledi'- Ha risposto Aldo. -Ah,gia'- Ha mormorato comprensivo Carlo. Io stavo di sopra, a meta' delle scale, e non ho visto come si son guardati. Non che me ne freghi qualcosa... ...solo et pensoso per li deserti campi... Solo e pensoso... e' meglio che vada al seminario prima che decidano di buttarmi definitivamente fuori dalla facolta'. Suono del telefono. Aldo mi chiama. E' Alvaro. Scendo le scale gia' con la valigetta degli appunti e l'impermeabile. Prendo la cornetta del telefono. Aldo accalappia con un'occhiata il soprabito spiegazzato, la barba di due giorni, la zazzera incolta e spettinata, e scuote la testa stringendo le labbra. -Ciao Alvaro- Dico. Alvaro mi chiede se ho voglia guardare la partita assieme a lui stasera: Parma-Yuventus. -Va bene- Dico. Mi chiede se deve preparare molte birre. -Moltissime- Dico. Alvaro mi saluta un con tono da cui intendo che ha gia' capito l'antifona. Grazie Alvaro. Esco di casa e come al solito il cuore comincia a strizzarmisi. Quando arrivo nei pressi della Facolta' lo stomaco, bastardo, si e' gia' raggrumato in una palla di piombo.

Dopo il seminario incontro Alvaro. -Com'e' andata?- Mi chiede mettendomi una mano sulla spalla. Compagno. Siamo nel cortile interno, accanto alle biciclette. Ho la mia valigetta in una mano e lechiavi del lucchetto nell'altra. Armeggio con la serratura. -Sono molto tranquilloScandisco. La chiave entra nella serratura ma non si decide a girare. Cerco di afferrare il lucchetto con l'altra mano, mi sporco con il grasso della catena e mi cade la valigetta. Pretendo inutilmente di recuperarla mentre strattono con rabbia la chiave per ferla uscire. -Come puoi vedere...-Sei molto tranquillo, si- Conferma Alvaro. Si guarda attorno. -L'hai vista?

Se l'ho vista? L'ho vista? Si, si, certo. E come no. Era li'. Come sempre. Appiccicata contro il muro a parlare con una amica. In giro per i corridoi dietro a qualche professore. E chi riesce a non vederla, se quando arrivo il suo motorino e' sempre li' in bella vista, di fianco alla panchina del cortile, un blu' notte stregato da una catena con plastica rossa che abbiamo scelto assieme una mattina di Novembre che pioveva e lei non aveva i soldi e io glieli ho prestati e poi col cavolo che li volevo indietro, e poi a parlare per un'ora buona tutta la strada fino alla Facolta', e io vado a cercarla per le aule, i corridoi, fino dentro al cesso delle ragazze andrei per trovarla. Guardarla. Un attimo solo, il tempo di un ciao. E passare oltre con la faccia da cadavere.

-No- Affermo, rinunciando alla bicicletta.-Non l'ho vista. Andiamo a bere qualcosa?- -Si, grazie, plachiamo quest'arsura che ci uccide.- Sono le sue frasi preferite... -Ho incontrato Sandra- Mi dice mentre ci avviamo:-Ci ha invitati a cena- -A cena? Sicuro?- -Certo- -Bene- E sono felice di lasciare questo maledetto cortile.

A casa di Sandra arriviamo in ritardo, come al solito. Il mio "orario civile" per la cena e' sfasato ormai come quello della sveglia al mattino. Prima siamo passati da Erika a portarle una cassetta per registrare la partita: per vederla poi con comodo dopo cena. -Alvaro.- -Si?- -Le hai messe in fresco le birre prima di uscire oggi?- -Certo che le ho messe in fresco- Mi assicura:-Per chi mi hai preso?- E sorride complice. Sandra ci apre:- Alla buon ora! Noi abbiamo gia' mangiato.- -Come gia' mangiato- Dico: -Non ci avevate invitato per cena?- -Appunto. Per cena.- fa lei sorridendo :- Alle sette e mezzo abbiamo buttato la pasta.Raffaella sopraggiunge:- Dai, entrate, che ve ne abbiamo lasciata. E poi anche noi dobbiamo ancora finire.- Entriamo nel piccolissimo appartamento: odore di pasta e sugo di pomodoro, un sacco d luce, la finestra aperta e il caldo dei vapori di cucina. Mi tolgo il soprabito e mi siedo stancamente su una sedia, in mezzo alla stanza talmente colorata da stordire. Il cicaleccio e' come un vortice: tre donne e Alvaro che risponde a monosillabi, non gli lasciano il tempo di partire con i suoi sermoni. Raffy mi scruta attentamente di sotto in su e mi dice:- Sei uno straccio.

Bello, Raffy. Proprio quello di cui avevo bisogno. E' Mercoledi', non lo sai? cade il cielo sulla testa del sottoscritto di Mercoledi'. E' la giornata della pressa. Mi schiaccia. La testa, il cuore. Quella stronza che una sera come le altre mi dice che tra noi non si puo' andare avanti, sotto la luna e le stelle e un cielo alto che ad un tratto pareva infinito, che non sono quello che cerca,io, io uomo schiacciato senza possibilita' di scampo, senza redenzione nella strada buia cuore-corpo e i capelli argentei di notte al chiaro degli astri che guardano me che non vedo la mano calda diventa fredda, e gli occhi.

-Sono uno straccio?- Ripeto macchinalmente. Raffy annuisce. -E' Mercoledi'.- -Uff- Sbuffa. -Come uff.- Chiedo. -Stai sempre li'a commiserarti- Mi dice guardandomi proprio con uno sguardo di commiserazione. -Ebbene?- Mi viene un conato di rabbia, pungente, improvvisa ed effimera. -Ti pare il caso di venire qui tutti i Mercoledi' con quella faccia?-. Valentina commenta:- Pare che ti abbiano passato in uno strizza-fegato-. -Si,si- Rincara concitata Sandra: - Come in quel racconto di Bukowsky-. -Di chi ?- Chiedo io. -Bukowsky, quello di "Compagno di sbronze", dei raccontini porno-. -Ah- Mi sentivo a disagio, oggetto di quella specie di tiro al bersaglio. -In uno dei racconti due tipi passano gli uomini in una specie di lavatrice dove gli strizzano il fegato-. -Ah, io sarei un uomo senza fegato- Sentenzio come per voler confutare questa tesi... :-Mi offendete-. -Se ti offendi vuol dire che e' vero- Insinua maliziosamente Sandra. -Io non vengo piu' in questa casa- Sdrammatizzo volgendo gli occhi al soffitto. Eppure mi sento il cuore colare nel petto con fitte atroci.

Guardo Alvaro che commenta le fragole e banana con yogurt, dessert speciale della casa. Ci vuole fegato per affrontare i suoi capelli biondo cenere, il viso sbarazzino, gli occhi azzurrissimi. No, non di Alvaro. -Dovevate portare il gelato.- E' Raffy che parla. Ci vuole fegato per alzarsi il Mercoledi' mattina. Sandra mi passa il bicchiere con la macedonia. -Grazie.- -La prossima volta se non lo portate non vi facciamo entrare.- -Io l'avevo suggerito- Mente Alvaro, rivolto a me. Tutti mi guardano per un momento. Io guardo loro. -Oggi non c'era- Dico. -Come non c'eraChiede Raffy.- Dove siete andati a prenderlo?- -Eh?- Faccio. -Il gelato- precisa Sandra. -Non dicevo il gelato-. Silenzio. Hanno proprio fatto tutti silenzio. Finche' Raffy ha detto: -E allora?- -Allora niente: l'ho cercata ma non c'era questa volta.- -L'hai cercata?- -La cerco sempre.Confessai.

L'Erika mi restitui' la cassetta della partita Parma-Yuve con un documentario interessantissimo sulle foche. Di campi verdi e giocatori sudati nemmeno l'ombra. Alvaro ed io ci consolammo con le birre naturalmente, anche se non fu esattamente come ci aspettavamo. A me venne una balla allegra, una volta tanto, a lui invece venne sonno e riusci' ad addormentarsi mentre gli sparlavo delle mie velleita' sul futuro. Sono andato via verso le due del mattino. Non e' piu' Mercoledi' ora. Sono in quel bellissimo lasso di tempo che amo definire "indefinibile". Qualcuno mi forni' un'ottima citazione che non ricordo alla lettera ma che piu' o meno suona cosi': per coloro che non dormono la notte diventa cosi' lunga che e' come vivere una vita supplementare e sembra quasi un privilegio. In queste ore fuori dal tempo penso lucidamente alla mia vita, visto che non mi pare di viverla. Cincischio con carta e stilografica, con un diario che brucerei volentieri, con poesie che non mi costa niente scrivere ma che non riesco assolutamente a rileggere. Oggi, ma per essere piu' precisi ieri, Silvia e' passata alle mie spalle senza fermarsi. L'ho vista riflessa sulla vetrata dell'atrio della facolta'. Non mi sono girato. Non l'ho salutata. Ho ancora sul palmo i segni della chiave della bicicletta.

Sangue

di Vincenzo Scarpa


Qui dentro l'attesa sembra sufficientemente lunga da permettermi di formulare grandi, immaginose domande. Ad esempio: perche' si glorifica sempre cosi' tanto l'intelligenza dell'uomo quando il suo tratto fondamentale e' la stupidita'? E' sempre colpa di qualcuno quando succedono certe cose. Prendete il mio caso. Io sono qui, mi sento abbastanza bene - salvo forse qualche problema di respirazione, arti anchilosati e cosi' via - eppure, a dispetto di ogni logica, mi trovo rinchiuso in questa cassa di legno foderata di cuscinetti all'interno. Certo, sul morbido si sta comodi, ma ho paura che se non succede in fretta qualcosa di determinante comincero' ad avere un attacco di nervi. E' monotono, sapete, inoltre e' tutto buio e comincio ad essere assetato; ho bisogno di bere del sangue! Qualcuno si stara' chiedendo chi sono. Forse un vampiro? No, semplicemente un normalissimo ragioniere che al posto di bere l'acqua beve il sangue uccidendo le persone. Mi sembra logico no? Purtroppo per la gente comune questo e' inaccettabile, perche' commetto degli omicidi, ma loro? Non uccidono forse le mucche per mangiarne la carne? Non mangiano forse l'anatra all'arancia? E perche' io non posso uccidere un uomo per dissetarmi? Qualcuno me lo sa spiegare? No, perche' nessuno sa capirmi, nessuno si immedesima nei miei panni, nessuno si chiede cosa vuol dire essere privati della propia linfa vitale. E come essere in crisi d'astinenza, la stessa ed identica sensazione. Ma passiamo ora ad un'altra domanda che mi offusca la mente. Chi mi ha rinchiuso qui dentro? E perche' l'ha fatto? Che mi abbia visto uccidere a sangue freddo qualcuno? Che mi abbia visto bere nel preziosissimo calice? No, non e' possibile, sarebbe la fine! Un momento... sento dei passi. Si', si stanno dirigendo da questa parte! Chiunque sia, adesso si e' fermato alla mia sinistra, tira fuori un mazzo di chiavi, ed apre un lucchetto. Chi potra' mai esssere costui o forse costei? Sollevo il coperchio ed esco. Poi, reggendomi a malapena in piedi, mi guardo intorno e mi accorgo di essere in una fetida cantina piena di ragnatele e scaffali di legno logorati dal tempo.


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Una voce mi sorprende alle spalle: "Salve signor Steel. Ha passato bene questi ultimi minuti? Era abbastanza confortevole la sua cassa?" Chi e' che parla? Mi giro e vedo un uomo dalla barba irsuta e dal naso rubicondo che mi osserva divertito ed allo stesso tempo profondamente adirato nei miei confronti. Gli rimando furioso: "E' lei che mi ha rinchiuso in questa lurida cassa? Trova la cosa molto divertente?" "Si', se la cosa puo' farle piacere". Serro i pugni. Non gli salto addosso solo a causa dell'estrema debolezza; tuttavia, ho ancora la forza per urlare: "Mi vuol prendere per il culo? Ma si rende conto di quel che ha fatto? Voleva forse uccidermi?" Scrolla le spalle: "Beh, lei l'ha fatto molte volte no? Cosa c'e' di strano se voglio provarci anch'io?" "Che diavolo sta farneticando? Io avrei ucciso delle persone? E per quale motivo avrei dovuto fare un'azione del genere?" "Per questo". Tira fuori dalla tasca una provetta sigillata contenente del sangue. Maledizione, con questa sete non posso proprio resistere e cosi' mi avvento su di lui. Quello pero', con un'agilita' mai vista prima d'ora, si sposta e finisco contro il muro. Ricevo poi un calcio sul viso e mi accascio dolorante sul pavimento. "Lo vede che ho ragione? Alla vista del sangue non ragiona piu'. Ecco la motivazione dei suoi molteplici omicidi: il sangue. E' solo per questo fluido rosso che lei ha ucciso decine e decine di persone". Poi si avvicina e mi poggia un piede sulla testa: "Una di queste era mia moglie, la signora Rubert. Se la ricorda vero?" Glenda! Come potrei scordarmi di lei? Era davvero una donna molto carina con quel suo naso aquilino e quelle lentiggini sulla fronte. Gia'! Peccato che era perfida, vendicativa, ed inoltre totalmente incapace di svolgere le sue mansioni; pero', a volte basta un semplice gesto di intesa coi superiori che tutto si accomoda. Capito l'antifona? E questo idiota lo sapeva? Sapeva delle tresche di sua moglie? Scommetto di no. Vediamo: "Si' certo, mi ricordo di Glenda. Lo sa come la chiamavamo noi colleghi? Glenda Rubert l'aprigambe. Vuole che le dica perche'?"

"Stia zitto maledetto! Lo so che mia moglie mi tradiva in continuazione, ma tutto sommato le volevo bene ed a letto sapeva come soddisfarmi. Per me questo era sufficiente". Mi metto a ridere a squarciagola: "Lei, se mi consente, e' propio un idiota. L'amore consiste di ben altro signor Alex Rubens". Toglie il piede dalla mia testa. "Signor Steel, se qui c'e' qualche idiota quello e lei. La lascio sfogare solo perche' non uscira' mai vivo di qui; subira' una morte lenta e dolorosa, una morte che si addice a dei luridi assassini come lei". Ha proprio intenzione di fare sul serio! E' accecato dalla rabbia e dalla sete di vendetta, una sete ben diversa dalla mia. D'altronde nei suoi panni molto probabilmente farei la stessa cosa; ha perso la persona che amava di piu' al mondo grazie ad un ragioniere che per nutrirsi le ha tagliato la gola un pomeriggio di tre mesi fa. Ma cosa posso farci? E' la conseguenza di una legge dettata dalla natura con molta precisione, la cosiddetta legge del piu' forte. Perche' il leone rincorre la gazzella e la riesce ad uccidere? Perche' corre piu' forte e si sa difendere molto meglio. Nel mio caso, e' la stessa cosa; io sono il leone che rincorre la gazzella, la raggiungo e la uccido per poi saziarmi. In questo caso pero', il leone e' stanco e denutrito, mentre la gazzella e' agile e scattante e devo stare quindi molto attento a non lasciarla andare via. Riprendo cosi' il discorso: "Mmmm, lei e' davvero in gamba lo sa? E' il primo che riesce a scoprire il segreto piu' nascosto del mio essere. Mi dica, come ha fatto?" "A cosa le serve saperlo? Tanto ormai e' spacciato". "Beh, il condannato ha diritto all'ultimo desiderio, no? Suvvia, non vorra' negarmi quest'ultimo favore". Rubens consulta frettolosamente l'orologio, mi fissa negli occhi e corruga la fronte. Quali saranno le sue intenzioni?" Con una sonora risata trionfale, riprende per mia fortuna a parlare: "E sia, tanto ormai non e' piu' pericoloso. Vuol sapere come ho fatto eh? Le da fastidio essere caduto in errore? Bene. La sera che lei uccise Glenda riuscii per puro caso ad assistere alla scena, e vidi cosi' la sua fetida bocca avvicinarsi al suo collo esile e delicato per potersi dissetare. Non le nascondo il fatto che avrei voluto ucciderla all'istante, ma cosa avrei raccontato poi alla polizia se qualcuno mi avesse visto? Che avevo ucciso un assassino? No, troppo rischioso, era meglio vendicarsi in una maniera piu' atroce e soprattutto piu' sicura. Decisi di pedinarla fino alla sua vettura, presi il numero della targa e conobbi cosi' l'ubicazione del suo alloggio, una zona periferica - me lo lasci dire -squallida e repellente piena di sporchi negri pidocchiosi come lei. Per questi tre mesi non ho fatto altro che spiarla ogni sera, dopo aver consumato un pasto frugale ed aver sopportato una dura giornata lavorativa. Ma in questo modo, sono venuto a conoscenza della sua passione per il rugby, delle passeggiate domenicali con Alice Welton, e soprattutto dell'ora del suo rientro: piu' o meno le otto di sera. Cinque ore fa l'ho aggredita sotto casa facendole respirare un fazzoletto imbevuto di cloroformio. Poi l'ho trascinata sul furgone, portata nella cantina di questa villetta isolata dal resto del mondo ed infine, quando ho visto che stavate riprendendo i sensi, ho aperto questa fetida cassa e vi ci ho chiuso dentro da circa un quarto d'ora. Ora siete soddisfatto?" "Direi di si'." - gli rispondo - "Vedo anche che le piace essere spiritoso! L'ha fatta lei questa cassa a forma di bara?" I suoi occhi sono posseduti da una possente malvagita' che posso facilmente percepire, ma non mi spavento piu' di tanto. Costui e' solo uno stupido fallito rimasto sconvolto dalla scomparsa di quella sgualdrinella da quattro soldi di sua moglie. Lo dimostra anche il fatto che, carico di orgoglio, replica: "Si'. Non ho voluto acquistare una vera cassa da morto perche' trovavo la spesa del tutto inutile per un vampirucolo di serie b come lei. Le pare?" Povero illuso. Cosa succede quando il leone denutrito riacquista le forze? Che uccide la gazzella! Evitando di rispondergli, gli salto addosso e, afferratolo con entrambe le mani, lo scaravento per terra e gli azzanno sanguinosamente la gola. Rubens, colto di sorpresa, cerca di divincolarsi emettendo grida inarticolate, ma e' troppo tardi e nessuno puo' intervenire; ha sottovalutato il suo avversario, un grave errore che spesso puo' portare alla morte.


***********

Ed infine eccomi qua, in compagnia di un cadavere straziato dalla mia violenza che ho deposto in una rozza cassa da morto, e di una tanica piena di benzina che ho appena aperto. Spargo l'infiammabile liquido per tutta la cantina e poi, dopo essermi posizionato sull'uscio ed aver gettato la tanica vuota contro la "bara", accendo un fiammifero che lascio cadere sul pavimento. E mentre le fiamme fanno il loro dovere, io esco dalla lugubre villetta e mi fermo a contemplare la bellezza della luna piena che risalta solitaria nel bel cielo stellato. E' davvero una notte stupenda, tipica degli assetati di sangue come me; e' ora di catturare un'altra gazzella...

Short Stories

IL DRUIDO
di Eugenia Franzoni

L' estate era ormai alla fine nella Conca. L' aria, calda e silenziosa, si preparava alla tristezza dell' autunno. Sul terreno spoglio si presagiva il colore delle foglie cadute dagli alberi, sebbene essi fossero ancora verdi. Nella radura al centro della conca la grande quercia attendeva, come tutte le sue compagne, la stagione del sonno. All'ombra della quercia , una figura immobile sembrava attendere anch' essa, ma non con la rilassata rassegnazione delle piante del bosco che anelano all'oblio del sonno: il suo sguardo scandagliava, vigile, il limitare della foresta, alla ricerca di movimenti che potessero rivelare presenze inconsuete. Era il druido, il custode del sacro albero, che aspettava il suo successore. In primavera, lasciato il suo lavoro e la sua vita nel villaggio al di la' dei monti, era venuto nella conca a sfidare il vecchio druido, suo predecessore, e, come era successo per centinaia di volte ad altri prima di allora, gli aveva tolto insieme la vita e l' incarico. Da allora era rimasto li', guardia silenziosa e solitaria, nutrendosi delle ghiande della quercia e di quei pochi animali che riusciva a catturare: non osava infatti allontanarsi dalla radura per non venir meno al suo mandato. E anche se lo opprimeva una stanchezza piu' pesante della roccia dei monti, da qualche giorno non dormiva piu', conscio che una sola ora di sonno avrebbe potuto significare per lui la morte. Giaceva la', appoggiato al tronco dell' albero che ormai era per lui la vita, con la spada in grembo e la mano sull'elsa, in attesa che qualcuno tentasse di prendere il suo posto rinnovando il rito millenario. Era ormai spossato nel corpo e nello spirito, ma aspettava che passassero le lunghe ore che lo separavano dall'equinozio, limite dopo il quale il suo sacerdozio sarebbe stato confermato fino all'autunno successivo. Il cielo si era incupito, e di li' a poco avrebbe cominciato a piovere; l'aria era greve nell'attesa. Dietro di lui un fulmine; e di seguito un boato spezzo' il silenzio della foresta. Dalla quercia una foglia cadde lentamente, e si poso' sul viso del druido, ma lui non si mosse per toglierla. I suoi occhi si erano chiusi, e non si sarebbero piu' riaperti sullo stesso paesaggio. Un'altra foglia scivolo' giu' dai rami: anche l'albero si addormentava, ignaro della primavera futura.


L'ANGELO CHE RACCONTAVA FAVOLE
di Fabrizio Venerandi

Giravo nei giardini dei Piccoli Piaceri, quando mi avvidi dell'angelo che raccontava favole. S'inventava fiabe per bambini, e non sapeva neppure perche'. Interessato mi sedetti sorridendo, e ne ascoltai due o tre, molto carine invero- anche perche' a raccontarle era lui. Grande fu la mia sorpresa quando -andati via i bambini- l'angelo inizio' a bruciarsi le ali di nascosto. "Angelo, bastardo, cosa stai facendo!" gli urlai quasi senza fiatare. L'angelo si mise a ridere, mentre gli si insanguinavano le ali, ustionate. "Sei veramente molto miope se credi ancora agli angeli". Mi disse. "E poi sono affari miei!" aggiunse.

Non gia piu' miope, ma cieco, aprii le mie, di ali, e salii la scala armonica che portava Altrove.


SENZA TITOLO
di Cirdan il Timoniere

E' finita. Quella storia che pensavo fosse l'ultima, quella definitiva, e' naufragata cosi'. E' stata lei, ha detto che non poteva funzionare, e forse ha ragione. Vedersi pochi giorni alla settimana, ognuno assorbito dai propri studi, ed i giorni di festa passati ognuno per conto suo. Ma io mi chiedo: il vero amore non puo' abbattere tali ostacoli? Lei dice che mi vuole ancora bene, eppure... Non sarebbe stato meglio dirmi che il sentimento nei miei confronti era svanito? Avrei sofferto, come del resto soffro adesso, ma almeno avrei capito. Cosi' invece non capisco. O forse ha ragione lei: era una storia senza futuro. Interessi diversi, vite diverse, condizioni sociali diverse aggiungo io. Forse esiste un concetto diverso di amore per ciascuno di noi, o forse sono io che ho un concetto diverso di amore dal resto del mondo. Ma questo non conta. Non conta nemmeno se mi amava, o se pensavo di amarla.

Il dolore e' troppo forte. Sento il mio corpo contorcersi in uno spasimo.

All' inizio sono disorientato. Mi e' parso di cadere, e d'improvviso la realta' e' cambiata. L'odore invecchiato della notte aggredisce le mie narici. Non capisco. Come puo' un sogno darmi tanto dolore? Come possono quelle terribili sensazioni essere frutto del menu' thailandese della sera prima?

Scatta l'interruttore. Mi asciugo la fronte imperlata di sudore e prendo il telefono. Uno, due, tre squilli. "Pronto?". Il suo approccio e' formale ma, nel riconoscermi, la sua voce diventa subito allegra, baldanzosa come lo sciabordio di una sorgente in primavera. Ma l'incanto dura un attimo. Basta "quella" frase ed il suo tono, dapprima incredulo, diventa sommesso. Come da copione, sterili singhiozzi giungono dall'altra parte del cavo. E' tutto inutile: le sue lacrime scorrono senza lasciar traccia sulla mia lucida follia. Lei non capisce. Nessuno puo' capire. Eppure e' cosi' semplice : ho un insopportabile terrore, un giorno, di rivivere quell'incubo...


SENZA TITOLO
di Giuliana Barbano

Si alzo' dal letto e si guardo' intorno, era abbastanza buio e nella penombra scorgeva sagome di mostri neri un grosso orso dalla bocca spalancata che la mente fatica a riconoscere come l'attaccapanni, un serpente a sonagli strisciante che era solo un calzino... A passi felpati si avventurava nella foresta dell'incubo toccando con timore attorno a se' e cercando di mantenere quel po' di calma sufficiente per non gridare pestando col piede nudo un essere molliccio e pericoloso che dopo lo spavento riconobbe come il polipo di gomma attaccaticcia trovato nel sacchetto delle patatine. Finalmente le dita raggiunsero il rettangolo metallico e schiacciarono il rilievo. La luce si accese. Pochi secondi: il tempo di guardare nello specchio gli occhi del suo assassino.

Poi fu il buio, per sempre.

Poesie

di Paolo Maurizio Bottigelli


CHE GUEVARA

in uno scantinato
ritto ritto
come un palo
la testa
guarda
verso
la grata

intere squadre di scarpe divorano
le sbarrette sottili e lunghe della grata
risa sconnesse ridere di niente
HO L'UMANITA' CHE CAMMINA SULLA MIA TESTA
INSEGNE AL NEON CHE ACCECANO
UN COLONNELLO DALL'ETA' DI 60 ANNI
URLA CHE JON WAINE E'
L'AMERICA
IL VIETNAM E' MERDA
la lebbra della ragione seduta sogghigna
HO UNA LAMETTA E UNA COCA COLA
L'ULTIMO RIVOLO DI SANGUE HA LA FORMA DI CHE (GUEVARA)


METROPOLI

sei come una vagina impazzita
il percorrerti e'
dolce volutta' sensuale
stessa voglia della prima volta
dolce cara maledetta metropoli
le tue vie sono fiumi di gente
stordita e ridente
metropoli maledetta
per le tue scritte sui muri dei portici (rabbia)

rabbia dolore eroina follia
amplessi sessuali nelle periferie
maledizione agglomerata

essere in molti
e sentirsi solo
metropoli piena di gente maledetta
che ha impiccato il neonato
e allatta vecchie

metropoli piena di uomini vestiti di nero
che cercano cervelli da manipolare

metropoli piena di gatti
che graffiano nelle notti di pioggia

metropoli metropoli
ti attraverso
longitudinalmente
con la mia lingua umida in cerca
di una bocca da baciare
metropoli un letto con una donna o un giovinetto
a cui donare il mio amore triste

metropoli...storia giovane...rivolta anarchic...

la gola sgozzata in un vicolo
METROPOLI.


VERRO'

menestrello
un po' narcisista
di storie umane non accettate

saro' da voi nel tempo
della festa
e scuotero davanti al Vs. formalismo
100 cadaveri
ricevero'
frustate
ma verro' ancora nel giorno piu' amaro
e portero' rose

dai miei occhi ormai ciechi
usciranno lacrime

verro' a salutare i Vs. figli
e accarezzero' i loro cadaveri.

Poesie

di Fabrizio Venerandi


L'AFFRESCO

Perdonatemi l'affresco:
non dovrei tirar fuori
polipi felici dalla lavatrice.

Ma questa disfunzione
mi sembra avere
lo stesso senso
del vento.


LA POETESSA CHE TENGO NELL'OMERO

Costruendo un costrutto
ti fai un paroliamo
mischi i sospiri
li insegui, li raggiungi
li prendi, li rilasci,
e li insegui di nuovo.

Costruisci un indice analitico
un pollice alfabetico,
cambi chiave di ricerca
e guardi come vengono fuori.

Cesarea li tiri per la testa
li getti sul letto
ora sei procuste:
se sono bugie gli tagli le gambe,
se sono bei pensieri
li allunghi con l'acqua,
se sono ricordi, con il pianto.

Li guardi da vicino
ti allontani da buona pittrice
ti riavvicini, gli dai un colpetto
li saggi con l'unghia,
esperta vasaia,
gli dai spago
ne fai una bella collana
"ad aprire ostriche
son capaci tutti".

Oziosa
fai la macellaia
ti scegli i pezzi migliori
li appendi ai ganci
te li congeli per bene
sulle pagine di un quaderno.

Poi,
beata,
avvampi ridendo.


WALKMAN

Ed il mondo
ci passava
davanti ai finestrini
ed avevamo un solo walkman
il tuo;
io avevo il duplicatore
ed ascoltavamo la stessa musica
per ore,
la stessa cassetta,
ci addormentavamo
tanto c'era l'autoreverse,
legati dagli stessi sogni,
dai fili delle cuffiette,
ed io ti volevo un mondo
di bene.


RIDENDO, CON LE MANI IN TASCA

Ieri ho visto il tuo uomo
bello come un elettrodomestico
funzionale e funzionante.
Gioviale, simpatico, carismatico
sembrava un aperitivo.
Vicino a lui
eri come
non ti avevo visto mai.
Un ombrellaia sotto la pioggia;
con la piccola faccia cinese di
un ombrellaia sotto la pioggia;


CABRIOLET DI CIELO

E' giunta
su 1 cabriolet di cielo
bionda, occhiali scuri;
mi ha preso 1 passaggio:
mentre in piedi sul sedile
trasformavo i passanti in sabbia
"Sai chi sono?" mi ha chiesto.
Giratomi
"TU SEI BELLISSIMA
-le ho
rispostoTU SEI DIO;
TU SEI LA STEREOFONIA!"
Sorridendo,
ha annuito.

Poesie

UN CIECO
di Riccardo Elli

Il mio giorno e' buio
ogni cosa non e' che forma,
ogni ricordo e' parola.
Non conosco i tuoi occhi,
posso solo parlarti
ed ascoltarti;
perche' sei triste?
Il tuo mondo e' colore,
e' luce, e' gioia.
La mia notte e' una vita
e non c'e' luce che conosca.
Mi specchio: un fantasma, ecco chi sono
ma sono vivo
e rido al buio.


NEIGES D'ANTAN
di Corinna Ellaspide

Fumiga la neve che fu ai raggi solari
s'apre nel cielo terso un mondo leggero
non e' vero che io vivo nel percorso
scorto d'un sempre malinconico canto
ma come questa neve fu nel gelo
nel nuovo, trasfasato, mi spando
ed e' il ricordo che rimane, non il pianto.


ANCORA OLTRE
di Alessio Saltarin

I prigionieri
sono orbitati
in altissimo
ed hanno
un recinto
per gabbia
e guardano
lontanarsi
e gridano.

Gridano:
cosi' forte,
cosi' a lungo.


PER FAVORE
di David Maria Turoldo

Parlatemi ancora del papa!
O facciamo una partita a carte.
E voi intonate canti sulla riva del fiume.
(Non ci sono piu' neppure osterie.
Solo bar. E flippers. E dischi.
E ragazzi - appena farfalle
-intorno ai giradischi
a dondolare al ritmo delle musiche).

Non parlatemi piu' di rivoluzione,
meno ancora di sabato sera.
Al massimo degli urli,
soltanto urli.
Invece le rivoluzioni covano
nel silenzio, fermentano
nel silenzio, scoppiano
nella pietra. Il silenzio
della terra, il silenzio di chi
e' chiamato a far saltare la terra:
allora Iddio e' lo stesso silenzio.

Non parlatemi di rivoluzione il sabato
sera. Domani devo fare la predica.
Domani reciteremo i salmi.
E diremo: Gesu' morto e risorto...
E intanto gli altri idioti
saranno tutti sulle spiagge
"dans la m..."; e lunedi'
comincia un'altra settimana
e non avviene nulla.


OUT
di Mefistofele

Fuori
c'e' qualcuno ?
nella folla
un sordo rullio
un'ascia su un cuore
una piuma
su un bicchiere di cristallo
Apri la porta, la tua
sto ritornando
alla casa
alle mura di silenzio
ovattato
quieto
come un muto rullio
di mattoni nel muro
Passa e ritorna
di mute parole
un tintinnio
l'acqua sulla roccia
sul vetro dei miei occhi
sto parlando a te
laggiu'
oltre la nebbia
oltre quei mattoni
Cade e rimbalza
Come un cuore
in un pozzo
Buio
Ma nessuno risponde


VORREI
di Massimo Canetta

Vorrei vestirti di sola luce
ed ammirarti da lontano
per guardare tutto il mondo
in una parte di te.

Vorrei toccarti,
con dolcezza
per scoprire che non sei vento
e come un sogno all'alba te ne vai.

Vorrei baciarti,
con la tenerezza di un bambino
per sentire la tua vita
trapassarmi lentamente.

Vorrei nasconderti,
tra le mie parole,
scritte magari di fretta
ma col cuore di tante speranze.

Vorrei incontrarti di notte,
fra i sogni soffusi d'inverno
nel caldo tepore di un sonno
e accarezzarti,
baciarti,
finche' non fa giorno.

Vorrei tenerti la mano,
per sentirla pulsare
magari d'amore
o di rabbia.

Vorrei sentirti parlare
con l'entusiasmo di un fiore
a primavera,
che rinasce d'incanto.

Vorrei amarti,
vorrei parlarti,
vorrei legarti
al mio respiro.

Vorrei darti la mia vita,
per quel poco che puo' dare.
Vorrei...
Vorrei...

Ma io ho te...
... cosa posso volere ancora?

Poesie

di Angelo Politi


DOPO

Di ogni grande dolore
dopo
rimane soltanto
un po' di stanchezza


NIENTE DI PIU'
E' il desiderio di
una bottiglia
di Gutturnio fresco
patate lesse ben salate
una radio
e un bel culo grande
a forma di albicocca

CERTI GIORNI
Certi giorni
sono più brutti degli altri
Certi giorni
ti rendi conto delle cose importanti
e ti scopri a piangere
nel mezzo della notte
Certi giorni
sono più brutti degli altri
Certi giorni
preferiresti essere assente
il mondo ti crolla intorno
e tu puoi solamente guardare
Certi giorni
Certi giorni
sono più brutti degli altri


LA MORTE E' UNA LATTINA DI COCA
La morte è una lattina
di coca
nella bara fresca di mio nonno

e

le lacrime di mia madre
che non aveva pianto mai

POMERIGGIO
In questo pomeriggio triste,
piovoso come la mia anima
mi ritrovo seduto
sul davanzale della camera
ubriaco di vino e solitudine
tentando di scrivere poesie
da dedicare a te
(ma mi viene da ridere)

Songs

Testi di canzoni famose e non


DENTRO MARILYN
by Afterhours

Lei e' qua, falsita' come, radioattivita'
Che mentre c'e' da osare,
uccide lo spettacolo carnale
E l'anima brucia piu' di quanto illumini
Ma e' un addestramento mentre attendo
Che io mi accorga che so respirare
Che sei il mio sovversivo
Mio sovversivo amore
Non c'e' torto o ragione
E' il naturale processo di eliminazione
Forse se, forse se, porta ad esitare
Io vengo dall'errore, uno solo
Del tutto inadatto al volo
E anche se vedo il buio, cosi' chiaramente
Io penso la bugia affascinante
E non mi accorgo che so respirare
Che sei il mio sovversivo
Mio sovversivo amore
Non c'e' torto o ragione
E' il naturale processo di eliminazione
Lei e' qua, lei e' qua come, radioattivita'
Che mentre c'e' da osare,
uccide lo spettacolo carnale
Cinque pianeti, tutti nel tuo segno
Il fallimento e' un grembo e io ti attendo
Mentre ti scordi che vuoi respirare
Che sono il sovversivo
Tuo sovversivo amore
Non c'e' torto o ragione
E' il naturale processo di eliminazione
E' il naturale processo di eliminazione
E' il naturale processo...


ROUND HERE -Qua Attorno-

by Counting Crows
(trad. di Cristiano Repetti)

Uscire dalla porta principale come un fantasma
in mezzo alla nebbia dove nessuno nota
il contrasto del bianco sul bianco.

E frammezzo te e la luna
gli angeli hanno una miglior visione
della struggente differenza
tra giusto e sbagliato.

Io cammino nell'aria tra la pioggia,
attraverso me stesso e ritorno.
Dove? Non lo so.

Maria dice che sta morendo.
Atraverso la porta, sento il suo pianto
Perche'? Non lo so.

QUA ATTORNO noi stiamo sempre in piedi
QUA ATTORNO qualcosa si sta diffondendo

Maria arrivo' da Nashville con una valigia per mano
Disse che gli sarebbe piaciuto incontrare un ragazzo come Elvis
Lei cammina lungo il bordo dove l'oceano incontra la terra
Come se camminasse sull'anello di un circo
Parcheggia la macchina qui fuori dalla mia casa
Si toglie i vestiti
Dice che il suo Cristo e' comprensivo
Lei sa che e' incompresa
Lei ha dei problemi ad essere normale quando e' nervosa

QUA ATTORNO noi ci stiamo facendo un nome
QUA ATTORNO noi siamo sempre gli stessi
QUA ATTORNO noi parliamo come leoni
ma ci sacrifichiamo come agnelli
QUA ATTORNO lei sta dormendo nelle mie mani

Assonnati bambini corrono come il vento
improvvisamente fuori dal sogno
Mamma farebbe bene a tenere il piccolo con se'
distante dai fulmini.....

Lei dice: - E' solo nella mia testa.-
Lei dice: - Shhh.. lo so. E' solo nella mia testa.-

Ma la ragazza sulla macchina nel parcheggio
dice: - Ragazzo, devi provare a fare un tentativo
Non vedi che i miei muri stanno crollando?? -

Poi volge lo sguardo al palazzo
e dice che sta pensando di saltare giu'.
Lei dice che e' stanca della vita:
lei deve essere stanca di qualcosa.

QUA ATTORNO lei e' sempre nella mia mente
QUA ATTORNO ho trovato molto tempo
QUA ATTORNO non siamo mai stati mandati a letto presto
nessuno ci ha mai fatto aspettare
QUA ATTORNO noi stiamo alzati fino a molto, molto....
molto tardi.


RICOMINCIO DA QUI
by La Crus

Questo e' un bel giorno
per lasciare il caos
ed il disordine
dietro alle spalle
questo e' un bel giorno
per dire "ora basta, no,
io ricomincio e riparto da qui"

Il Fiume

di Alessio Saltarin


Ventidue ore e trentadue giorni. Trentatre il simbolo. Quasi una vita di viaggio, lungo il fiume. Si festeggera'. Con il maestro. Magari solo per pretesto. Un tizio a Rivurbe mi aveva preso per un ecologista. Mi aveva stretto la mano e mi aveva sorriso. Ma il fiume di cui parlava non lo conoscevo. Mi diceva che doveva essere bello il mio viaggio. Cosi' a contatto con la natura. Ma come avevo trovato la forza per affrontarlo? Una risposta. Quando l'unica cosa che vedi e' il fiume, allora il resto e' paura. Devi fuggire. Mio padre diceva sempre che al mondo ci sono due tipi di persone. Quelli che tendono la mano e quelli che la stringono. Diffida di quelli che la tendono. Mio padre era un uomo ben strano. Non che io sia diverso. Il tizio di Rivurbe, comunque, aveva teso la mano per primo. Il problema piu' grande e' quello di farsi bastare i soldi. Devi allontanarti dalla riva. Cercare un supermercato. In mancanza un bar, o una panetteria. La gente mi guarda in modo strano. Vivo di patatine e succhi di frutta. Cosa vogliono pretendere? Una panettiera una volta mi ferma. Lei profuma di fiume. Non era un'offesa. Quando hai mangiato devi cercarti un posto. Puoi chiudere gli occhi per una mezz'ora. Il rumore del fiume aiuta. Ti fa sentire amato. In quei momenti ti senti solo. Allora io penso alla meta. Dubito che esista. Ma continuo a crederci. Forse solo per gioco. Un giorno magari qualcuno la trovera'. Non ne valeva la pena, ti dira'. E' solo un gioco. Forse solo il gioco. I piu' non giocano. Uno vince. Lo guardano male. Lo dicono perso. Lo abbandonano. Cosi' vince. Da solo. Passa il tempo. Anni. Alla fine chiedersi cosa e' stato vinto. Un vero dramma. E poi quel tizio viene a chiederti se non sei un ecologista. Per caso. Dormire e' necessario. Altrimenti poi si fa meno strada. Quando ero all'inizio dormivo poco. Di notte avevo paura dei miei pensieri. Per non pensarci guardavo la luna. Una volta che ci hai fatto l'abitudine la vedi muoversi. Scopri l'ineffabilita' del suo movimento. Ti confronti col suo essere. Credi che lei ti veda. Le parli. Le racconti la tua storia. Anche la luna mi e' amica. Quando cammino, il fiume mi accompagna. Quando sono fermo, la luna e' con me. Lui e lei si amano. Di notte li vedo amarsi, accarezzarsi, vezzeggiarsi. Io non so se considerarmi loro figlio, o il terzo incomodo. Ma quando lei si specchia nelle sue acque, o quando lui la tocca e la fa vibrare, mi sento un estraneo. Allora chiudo gli occhi e non voglio vederli. So che non lo fanno apposta. Sono millenni che vanno avanti cosi'. Io invece sono appena arrivato. Il loro amore e' il paradigma degli amori. L'immagine perfetta e irraggiungibile. Puoi non desiderare altro amore se non quello di poterli vedere. Poter ammirare la loro armonia. Poi ti svegli. La luna dorme ancora, il fiume invece e' gia' al lavoro. Sembra aver dimenticato le dolcezze della notte. Mi aspetta. E' come se mi guardasse. Allora, andiamo? Mi stiracchio e sono contento. Contento delle sue premure. Il cielo e' sempre diverso. Ogni mattina. Poi cambieranno le stagioni. I colori si faranno diversi. Ho un fagotto. Porto con me i soldi. Un paio di pantaloni, per il giorno. Una camicia e un golf per il giorno. Quando mi alzo, mi tolgo i pantaloni e la felpa per la notte. Una volta ogni tanto li lavo nel fiume. Mi lavo nel fiume. Dove e' possibile. Ma di solito trovo il posto giusto. Dove l'acqua e' pulita. Dove scorre piu' forte. Poi mi metto i vestiti del giorno. Piego e metto via quelli della notte. L'acqua gelida sferza i muscoli. Li prepara al nuovo giorno. Al nuovo cammino. Quando cominci il cammino e' il momento piu' esaltante del giorno. In quell'istante non ti capita mai di dubitare del futuro. Senti la certezza dei primi giorni. Quando ancora non ti chiedevi dove stessi andando. Allora bisognava andare. Bisognava seguire il maestro. Non chiedere, abbandonare. Ho lasciato la mia casa e quello che avevo. Ho abbandonato la carriera. Il profitto e la perdita. Quando il maestro mi ha chiamato, non ho perso tempo. Pensare alla fortezza di quei giorni per continuare. Non e' semplice. Alle volte capita di pensare a Rhoda. Il suo volto e i suoi occhi. La sua magia. Ogni suo movimento un incanto. Io ne ero. Ne ero, estasiato. La luna e' certo ben altra cosa. Ma Rhoda aveva nell'intimo un angolo di divino. Sebbene a volte lo nascondesse. Io parto. Ti manchero' quando saro' andato? Non una parola. Rhoda aveva certo nell'intimo un angolo di divino. Ci sono lunghi tratti del cammino in cui ti senti solo. Sono quei posti lunghi dove non s'intravede paese, citta'. Ma erba, prati, cespugli, alberi, distese di raccolti. I colori artificiali dei campi coltivati ti rendono felice di una felicita' antica, sicura. La felicita' che provavo un tempo, con le cose. Li vedi: gialli, verdi. Piu' gialli. Meno gialli. Dev'essere uno spasso vederli da un aeroplano. Quadrati mistici. Rettangoli e quadrati e ancora rettangoli. Ricordo lontano di passioni anch'esse verdi. Geometrie simili. Non so, forse un giorno saranno ancora cose normali. Quando saro' tornato. Chissa' se potro' lasciare il cammino e tornare. Lo sapra' il maestro? Non lo seguo per pensare. O per anticipare le sue mosse. E questa cosa, per quanto possa sembrare folle, mi rassicura. Io non decido. Non progetto. C'e' come uno spettro, naturalmente. Il fatto che anch'esso vada verso una sua fine. Fine dispersiva. Il giorno dell'addio si avvicina. Allora saro' chiamato a decidere. A fare un bilancio del mio viaggio. Farsi spaventose idee di un futuro di liberta' incondizionata. Ma solitudine di liberta'. La continuita' del fiume e' l'immagine dell'eterno. Non fisso. Non lo stesso. L'acqua scorre. Ma il fiume resta. Il fiume d'acqua. Non e' mai la stessa. Se non si sta attenti, s'inciampa. Volendo restare vicino al fiume il cammino non e' facile. A volte e' una vera avventura. Passi per una diga. O un posto in cui non puoi entrare. Devi superare il fil di ferro. Eludere la sorveglianza della guardia. Cinque giorni ci ho messo per superare l'ultima pseudo-diga. C'erano quattro persone, e si davano il cambio. Ma il quinto giorno, tra il terzo e il quarto turno, verso l'alba, c'e' stato un'intervallo di un quarto d'ora. E io sono passato. D'altra parte abbandonarlo e' rischioso. Potrei decidere di tornare. Potrei ricordarmi di non conoscere la meta. Alla fine poi. Potrei davvero pentirmi. Ne ho parlato ieri con un pescatore. Un vecchio con il fiume addosso. Lo sguardo secco. Sembrava stupito. Ma ha detto che se fosse stato giovane. Sono certo che capiva. Anche lui allora era stato chiamato. Ma non aveva risposto. Tu hai la grande fortuna di averlo conosciuto dall'inizio, mi dice. Ma io l'ho conosciuto maturo. Avrei voluto percorrere il cammino inverso. Dalla maturita' alla nascita. Gli era parso sacrilego. Aveva abbandonato il proposito. Non ci avevo pensato. E coloro che ne hanno conosciuto solo la morte? O solo la prima infanzia? Quale richiamo su di essi? (Un conto e' non averlo conosciuto mai, ma solo il pensiero di averlo s conosciuto, ma in un periodo grigio della sua esistenza, senza potervi comunicare). Alle volte mi fermo. Se trovo del legno comincio a giocare. Mi sono costruito degli arnesi. Con dei sassi. Prendo i rami. Tolgo la corteccia. Il profumo del legno vivo. Poi ne faccio degli oggetti. Ho un cassettino. Un volto. Una piccola freccia. Per ora. Devi passare il tempo. Il viaggio deve essere superato. Oltre il fiume. Oltre il mare. Manchero' a Rhoda? I suoi occhi da dietro la porta. Armata d'amore. Dove mi conduce questo viaggio se non allo stesso fine? Alla stessa tensione. Ma il arriva il vento e distoglie. Il periodo difficile passa sempre. Guardo intorno. Sto sempre seguendo il fiume. Ma in fondo sono convinto di una cosa. E' lui che segue me.

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