Lettera di un ragno al suo padrone di casa
Lettera di un ragno al suo padrone di casa
Gianni Rodari
Egregio signore, sono un vecchio ragno e sono vissuto finora proprio alle sue spalle, dietro il Busto di gesso di questo strano personaggio con due facce che mi sembra si chiami il dio Giano. Anzi, senta:
Il buon Giano
com'era strano:
aveva due facce
per far le boccacce.
Dietro la testa, guarda caso,
gli spuntava un altro naso.
Però non è del dio Giano che voglio parlare, ma della mia vecchia e povera persona. Ero un bel ragno grosso e nero ai miei tempi, ma sono stato ridotto così dalle tante battaglie che ho dovuto sostenere con la di lei moglie che ogni mattina distruggeva con un sol colpo di scopa le mie pazienti creazioni nel campo della tessitura. Se lei fosse un pescatore e un pescecane le distruggesse tutte le mattine la rete, come farebbe a vivere? Con questo non voglio paragonare la sua signora a un pescecane. Ma insomma, mi sono dovuto ridurre a dare la caccia ai moscerini in libreria, e mi sono accampato in un piccolo rifugio, dietro la testa del dio Giano, che non se la la mena troppo. Così sono invecchiato. Le mosche sono sempre più rare, con tutti gli insetticidi che hanno inventato. Vorrei pregare la sua signora di lasciarne vivere almeno due o tre la settimana, di non farle morire proprio tutte.
Ma so che questo è impossibile: la sua signora odia le mosche perché le sporcano le tovaglie e i vetri delle finestre.
Perciò ho deciso di lasciare questa casa e di trasferirmi in campagna. Là forse troverò da vivere. Ho ricevuto un messaggio da alcuni miei amici che vivono in solaio e sono emigrati in giardino: si trovano bene e mi invitano a raggiungerli. Sì, signore, ce ne andiamo tutti. I ragni lasciano le case degli uomini, perché non vi trovano più cibo. Me ne vado senza malinconia ma mi sarebbe sembrato di farle un dispetto e di mancarle di cortesia andandomene senza salutare.
Suo devotissimo
Ragno Ottozampe