Un gatto che sta male è molto più complicato di una persona
“Un gatto che sta male è molto più complicato di una persona: nessun pronto soccorso ti accoglierà gratuitamente e in qualsiasi giorno dell'anno, con la clemenza di chi vede un altro essere umano soffrire e se ne prenderà carico con la professionalità e responsabilità di chi si occupa di un diritto costituzionalmente garantito .
Nessuno sconto.
Nessuna pietà.
Sarà tutto un:"vuole fattura?" mentre tu tremi di paura, e lì capirai benissimo cosa vuol dire speculare sul cuore della gente, capirai di cosa è fatto l’essere umano.
In fondo, è solo un gatto.
Un gatto è più complicato perché, ad esempio, non può dirti se, quando e quanto sta male: capire un gatto è un esercizio di empatia, di costanza, di dedizione.
Un esercizio di amore. Dannato e a volte frustrante.
E quando sta male lo capirai dai suoi occhi, da come si muove, da cosa non fa. Bisogna sentire, saper guardare negli occhi chi amiamo: se non sappiamo leggerci dentro niente, tanto vale andar via, non abbiamo capito niente di quell'amore lì.
E negli occhi di un gatto, se sai vedere, capisci tutto: se sta bene, se sta male, se ti ama, se è felice. Lo capisci in un alfabeto misterioso e bellissimo, un alfabeto di energie sottili e potenti. Straordinariamente potenti.
Ed è con quell'alfabeto che finalmente saprai cosa vuol dire amare. Libri, film, storie, amici, amanti, figli...non ti sono bastati.
Perché è lì nei suoi occhi che saprai cosa vuol dire: "Tu sei la mia vita".
Lo capirai lì dentro, in quella piccola iride felina viva e vivace, che ti fissa, alle 5 di mattina, senza motivo e senza alcun bisogno da soddisfare.
Lo capirai in un alfabeto di fusa, di code a pennacchio, negli occhi socchiusi di bacio felino.
Capirai quell'amore saggio, non servile, scevro di qualunque possesso: un amore fiero di chi sa che ci sei, ma che non dipenderà mai da te.
I gatti ci insegnano a vivere, questa è la verità. Insegnano il rispetto, la distanza che serve per amarsi, il giogo eterno del cercarsi e del volersi senza intaccare la nostra natura.
Ci insegnano a ridere, a giocare con la vita, nella leggerezza di un salto elegante dal comodino all'armadio. Che poi magari elegante magari non riesce, e allora una risata di dilagante ti scoppierà in viso.
Devo molto ai gatti, per ciò che sono, per ciò che mi hanno insegnato.
Alla loro fierezza, alla loro alterigia, al loro modo di saper stare al mondo.
Un gatto è un maestro di vita costante, di cui non si può fare a meno.
E si, voglio fattura grazie. E che Dio me lo preservi... ancora un po' please.”
Dal web