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I QUATTRO MORI

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Published in 
LEGGENDE SARDE
 · 2 years ago
I QUATTRO MORI
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Per lungo tempo, nei secoli passati, la Sardegna, terra già martoriata dal forte vento di Maestrale, era costretta a subire continue incursioni da parte degli orribili Saraceni, che la gente del luogo, nella propria lingua, chiamava "Is Morus", che significa " I Mori".
Costoro si avventuravano sempre più di frequente sulle coste della nostra bella e amata terra : poi, una volta sbarcatovi, si abbandonavano a ogni sorta di saccheggio e di crudeltà.
Quello Sardo è sempre stato, si sa, lungo il corso dei secoli, un popolo mite e pacifico, dedito alla pastorizia e alla coltivazione dei campi più che non alla guerra, inutile e sciocca ; ecco perché quasi sempre evitava di combattere, ritenendo più saggio e conveniente rifugiarsi nei propri sicuri rifugi all' interno dell' isola, lontano dalla costa.
Ma nelle vene degli uomini di Sardegna scorre un rosso sangue, caldo e deciso.
Succedeva perciò che, di tanto in tanto, il fiero orgoglio che nobilita e muove questo popolo dal passato antico e misterioso non riusciva a sopportare, nel solito passivo silenzio, gli infami agguati ai quali i vili Saraceni continuamente li sottoponevano ; così a volte, duramente reagiva.
Successe così, una di queste volte, che la flotta nemica venne interamente distrutta, e furono ben pochi i Saraceni che poterono trovare scampo in una precipitosa e poco edificante fuga ; gli altri malcapitati, invece, perirono tutti.
Quattro di quei soldati Saraceni, però, benché gravemente feriti, non lo erano mortalmente ; i combattenti sardi, allora, ai quali l' umana solidarietà non fa diffetto, improvvisarono immediatamente alcune barelle, e lì i feriti vennero accuratamente distesi ; quindi condotti in quello stesso piccolo paese del Campidano che i Saraceni, assieme ai compagni deceduti nel terribile combattimento, avrebbero dovuto saccheggiare, incendiare e distruggere, com' era nel loro uso incomprensibile e barbaro.
Una volta ripresi i sensi, i Saraceni catturati si resero immediatamente conto dell' imbarazzante situazione nella quale si trovavano : la battaglia era stata inesorabilmente e ignominosamente perduta e loro si trovavano lì, in balìa di quella stessa gente che erano soliti depredare e uccidere.
Il loro sguardo confuso lasciava intravedere il terribile morso della paura, giacché temevano assai di perdere la loro giovane vita.
Ma temevano inutilmente ! Poiché grande è l' indulgenza dei Sardi, e l' odio non riesce a mettere radici nei loro cuori.
Portavano tutti, ancora, sul proprio corpo, i segni indelebili e gloriosi della dura battaglia ; ma si era conclusa, adesso, e con essa erano terminate le ostilità. I grandi occhi neri e profondi di quegli uomini provati dalla vita non scorgevano più nemici, ma solo uomini in carne e ossa, uomini come loro, con delusioni e speranze, con pregi e difetti, e della cui vita non sentivano il diritto di disporre.
Cosicché quei quattro sventurati vennero curati e rifocillati, quasi non avessero mai preso parte alla battaglia contro quella stessa gente che adesso, addirittura con amorevolezza, si prendeva cura di loro.
D' altronde, ovunque è risaputo : l' ospitalità è un sacro dovere per tutti i Sardi, ed essi la rivolgono a chiunque bussi alla loro porta, amici o nemici che siano.
Ai Mori fu quindi mantenuta intatta, riguardo alla propria sorte, la facoltà di scegliere liberamente : essi avrebbero potuto riprendere la via del mare e tornare perciò alla propria gente, oppure avrebbero potuto decidere di trascorrere il resto dei loro giorni tra la gente semplice e povera di Sardegna, che certo sapeva combattere, ma anche sapeva amare e sorridere ; e che essi, oramai, a proprio beneficio, avevano imparato a conoscere.
I quattro non ebbero dubbi ; d' altronde, cosa avrebbero lasciato di tanto irrinunciabile, al di là del mare ? Non, forse, una vita intrisa di pericoli e di sangue ? Mai nessuno, inoltre, giacché erano orfani, avrebbe disperatamente atteso il loro ritorno.
Perché, dunque, non provare a dimenticare il passato e a condurre una nuova e una più sincera esistenza ? Com' era lucente e profumata l' azzurra distesa del mare adesso che il tintinnio delle spade e delle lance non l' abbruttivano con il loro canto di morte ; e com' era più sereno il loro cuore adesso che, lontani dalla guerra, potevano a pieni polmoni respirare la dorata fragranza del grano e degli asfodeli.
La scelta era fatta, dunque, e mai niente e nessuno avrebbe potuto modificarla. Fu così che i quattro Saraceni, un tempo accerrimi nemici, scelsero di dividere con quegli uomini, che avevano scoperti assai migliori della propria stessa gente, la gioia e il dolore, il riposo e la fatica, la delusione e la speranza.
Essi impararono con piacere a coltivare l' arida terra di Sardegna, a custodire i greggi sui pascoli impervi, a intrecciare le reti per la dura pesca ; inoltre ben presto conobbero quattro belle e oneste ragazze del luogo, e con queste si unirono in matrimonio, vivendo a lungo soddisfatti e sereni, circondati dall' amore dei figli che crebbero forti, sani e numerosi. E quando morirono, ormai vecchi e stanchi, tutti quanti piansero lacrime amare e sincere.
Già, è vero : quei quattro " nemici" vissero a lungo in terra di Sardegna amati, onorati e rispettati ; al punto che ancora oggi l' intera popolazione sarda li ricorda nell' immagine de I QUATTRO MORI, glorioso simbolo della nostra antica terra, così amara e così bella.

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