La comicità relazionarla di Pio e Amedeo
Pio e Amedeo hanno appena vinto il SEAT Music Award su Rai1 “per aver innovato il linguaggio televisivo e saper cogliere le sfaccettature della vita quotidiana”.
Eppure, che piacciano o no, Pio e Amedeo sono esattamente il contrario dell’innovazione del linguaggio. La loro è una comicità reazionaria, che ribadisce gli stessi schemi visti e rivisti da decenni.
Se vuole essere libera, irridere il potere e mostrare che il Re è nudo, la comicità non può certo avere paura di urtare le suscettibilità, prendere in giro i pregiudizi, le identificazioni e i luoghi comuni.
Ma deve essere lucidamente scomoda e fastidiosa, attenta ai cambiamenti sociali, e deve raccontarli da una posizione obliqua. Deve letteralmente “divertire”, ossia reinventare lo sguardo degli spettatori sull’ordinario.
Quella di Pio e Amedeo, al contrario, è la comicità di una cultura arroccata sui luoghi comuni, che non mette in discussione niente ma anzi riafferma gli stessi stereotipi tanto cari alla cultura italiana.
È comoda, per questo non mette mai in discussione il potere cattolico, la famiglia tradizionale, la cultura maschilista, la casta politica, le disparità sociali. Racconta le solite storie, il solito culto del potere, e conforta chi ha paura del cambiamento sociale. Sembra dire che in fondo essere italiani significa ancora e sempre la stessa cosa, che non stiamo davvero cambiando.
Forse, invece, è arrivato il momento di dire quanto sia noioso questo modo di fare satira, tutt’altro che irriverente e innovativo, e metterci una pezza.
Di Lundini, magari.