Odiano Greta Thunberg perché hanno paura
Odiano Greta Thunberg perché la considerano una ragazzina incapace di capire che il mondo dei grandi è complesso, che non si cambiano le cose con lo schioccare delle dita, che in ballo c’è il potere di chi non ha nessuna intenzione di mollare la presa, e piuttosto che mettere in discussione i privilegi di oggi preferisce lasciare che il mondo si distrugga domani.
Il problema di questa visuale è che Thunberg in realtà non è soltanto una diciottenne volitiva. È colei che, insieme a molte altre ragazze e ragazzi, sta mostrando che i re del mondo sono nudi, che si riempiono la bocca di parole come “transizione” ed “ecologia” ma che stanno soltanto cercando un modo per sopravvivere alla catastrofe di cui sono responsabili senza cambiare nulla del proprio atteggiamento predatorio.
Thunberg è il simbolo del futuro che vuole manifestarsi, che viene a chiedere al presente il perché della propria egoistica follia.
Thunberg è consapevole della complessità del reale, ma sa anche che buona parte di questa complessità è funzionale a mascherare la mancanza di volontà di chi avrebbe il potere di cambiare le cose.
È cruciale quindi un ripensamento del concetto stesso di “speranza”, inteso come affidamento passivo ai grandi che si occupano delle cose serie. Come ha detto l’attivista svedese,
«Non possiamo più permettere al potere di decidere cosa sia la speranza, la speranza non è un qualcosa di passivo, non è un bla bla bla, la speranza vuol dire la verità, vuol dire agire».
È anche per questo che Thunberg fa paura ai complottisti: perché non parla di un potere globale invisibile, nascosto, contro il quale ci si deve limitare a lamentarsi e a ringhiare comodi davanti alla tastiera.
Parla di un potere globale visibile, patetico e ciarliero, davanti al quale tutti abbiamo il dovere civico di infuriare mettendo tutto il corpo di cui siamo capaci.