Cosa significa prendersi cura di sé
Quando si parla di “cura di sé” si pensa a un’attenzione ossessiva su se stessi, sul proprio corpo e sul proprio tempo, totalmente vanitosa ed egocentrica.
In effetti la nostra società ci spinge di continuo a comportamenti e pensieri narcisistici, e ci trasmette l’idea che prendersi cura di sé significhi avere un corpo che rispetta gli standard e che una persona che si prende cura di sé sia sempre attiva, in grado di fare mille cose e tutte alla perfezione.
È per questa ragione che ci sentiamo in colpa se non riusciamo nell’arco di una giornata a meditare, leggere un libro, fare yoga e crossfit, stare con i nostri familiari, coltivare amicizie, lavorare, cucinare, avere la casa pulita e in ordine, pubblicare un post su Instagram, fare volontariato, scrivere un romanzo, avere una grande performance sessuale. Ecco perché tendiamo a riempire ogni spazio vuoto, che cerchiamo sempre di ottimizzare il tempo, di capitalizzare i nostri talenti, di infilare mille impegni nella stessa giornata. Questo significa che lo spazio vuoto finisce con il farci paura, con il farci sentire in colpa.
Cosa significa invece prendersi cura di sé? Fare quello che è giusto nel momento giusto e nella giusta misura. Non si tratta di rispettare standard e barrare le caselle che ti faranno essere la persona perfetta, ma di seguire un percorso che tu tracci di volta in volta, che crei una giusta misura tra bisogno di stabilità e bisogno di movimento.
Prendersi cura di sé significa riconoscere dove ti trovi e dove desideri andare, e iniziare a costruire un ponte per arrivarci. Non si tratta di fare una maratona, ma neanche di rinunciare a qualunque cambiamento. È l’idea del ponte a fare la differenza, e quel ponte lo costruisci e lo attraversi alla tua velocità e secondo il tuo passo, non in un lampo, non secondo un ritmo prefissato.
Si tratta di avvicinarsi a se stessi, e questo avvicinamento va fatto con le proprie gambe. Del resto, più ti avvicini più ti rendi conto di quanto sia sterminata questa soggettività, e di come questo percorso non abbia fine.
Illustrazione di Chiara Fantin @chiaramente_illustration