l'Europa che muore
Mentre noi ci accapigliamo spesso sul nulla, intontiti dai nostri privilegi, sulla frontiera che tocca Bielorussia, Polonia e Lituania da giorni migliaia di profughi siriani, curdi e iracheni sono ostaggio di un gioco di potere tra il governo di Minsk e l’Unione Europea. Ed è solo l’inizio di una gigantesca tragedia annunciata.
Mentre cercavano di raggiungere la capitale, la polizia bielorussa ha condotto migliaia di migranti al confine con la Lituania, tra le acque gelide del fiume Neman, e quella polacca ha iniziato a sparare lacrimogeni.
Una crudeltà terribile usata per mostrare un’altra crudeltà che va avanti da anni: quella di chi non affronta il fenomeno migratorio, volta le spalle, lascia soli alcuni paesi, non trova una soluzione di sistema, non riconosce le proprie responsabilità. Tutto sembra dirci che ci troveremo presto a gestire ondate migratorie enormi, figlie della nostra incuria e della volontà precisa di molti nel voler lucrare sulla vita dei più deboli.
Accade da anni in Grecia, in Croazia, a Melilla e in tutte quelle vie di accesso all’Europa che la maggior parte delle persone ignora, e che sono territorio di distruzione dei diritti umani. Non è più tollerabile, e per questo è necessario esserne consapevoli e non accettare questa visione disumana.
Come sosteneva Agnes Heller, l’Europa è un territorio di paradossi: qui sono nate le democrazie moderne e i regimi totalitari, qui parliamo di diritti e li sottraiamo a chi ha un passaporto debole e chiede aiuto.
In un’Europa sempre più chiusa ci sono delle crepe aperte, e a pagarne lo scotto sono e saranno sempre di più le persone che chiedono diritti e che, al contrario, diventano strumento di un gioco di potere. La scorsa notte è morto di freddo un bambino di un anno nella foresta tra Bielorussia e Polonia.
Quanto ancora abuseremo del nostro potere?