A cosa serve l'alternanza scuola-lavoro?
Ieri un ragazzo di diciotto anni è morto in un cantiere di Udine all’ultimo giorno di alternanza scuola-lavoro, il percorso obbligatorio per gli studenti dell’ultimo triennio delle scuole secondarie di secondo grado (che durano almeno 90 ore nei licei, 150 per gli istituti tecnici e 210 negli istituti professionali), che vorrebbero collegare l’esperienza scolastica in aula con un’attività professionalizzante.
In teoria dovrebbero “esaltare la valenza formativa dell’orientamento in itinere e svolgere un processo di formazione integrale della persona e del sé”, in pratica finiscono col piegare gli studenti ai bisogni delle aziende, come i fanciulli di Atene offerti in sacrificio per saziare la fame del Minotauro-Mercato.
L’alternanza scuola-lavoro è stata negli anni il modo con il quale le aziende hanno ottenuto lavoro gratuito da ragazzi e ragazze, privandoli del tempo di studio e di formazione.
E, ancora più a fondo, questa modalità didattica si è rivelata un puro addestramento alla sottomissione di massa, una diseducazione civica con cui ribadire il tentativo - iniziato decenni fa - di trasformare la scuola in un’agenzia di collocamento, volta a fare uno screening degli studenti e a ridurli dentro le mansioni da svolgere nel mondo del lavoro.
La morte del diciottenne Lorenzo Parelli rappresenta un triplice monito: del lavoro non retribuito, dello svilimento della scuola e degli scarsi livelli di sicurezza dei luoghi di lavoro.