Sanremo è stato un rito collettivo ?
Pasolini parlava del calcio come di un “linguaggio con i suoi poeti e prosatori”, un “sistema di segni” che è “l'ultima rappresentazione sacra del nostro tempo. È rito nel fondo, anche se è evasione”. Lo stesso discorso si può fare oggi anche per Sanremo?
Si tratta di un concorso canoro per alcuni esaltante e per altri mediocre, d’accordo. Ma, a guardarlo bene, Sanremo è principalmente un termometro degli italiani e un potente rito collettivo che ne racconta e modella la psiche. Al netto dei lustrini, delle superficialità e delle banalità, l’efficacia del Festival non dipende affatto dalla qualità dei cantanti in gara o dalla professionalità della conduzione.
Deriva piuttosto dal fatto che gran parte della comunità si è raccolta intorno al fuoco a sentire canzoni, elaborando insieme i propri conflitti e dolori. Quest’anno, con l’innesto cruciale del Fantasanremo, gli spettatori hanno partecipato attivamente a un rito che ha saputo esorcizzare il dolore e la pesantezza accumulati durante la pandemia, portandoli finalmente a giocare senza pensieri.
Come ha spiegato Cristine Legare, psicologa dell'Università del Texas, i rituali «aiutano a definirci come gruppo, sono segnali pubblici di sostegno al gruppo che facilitano la cooperazione e creano un senso di finalità condivisa».
In questa fase delicatissima in cui stiamo cercando di uscire da due anni devastanti, tanto la nazionale di calcio quanto il festival - poco interessanti di per sé, ma fondamentali se calati in questo contesto - appaiono come strumenti essenziali per creare un senso di cooperazione e di progetto condivisi. Visti in questa chiave le vittorie dell’Europeo e dell’Eurovision, per esempio, sono stati due potentissimi antidepressivi di massa, e il fatto che si tratti di “evasione” non ne esclude la sacralità. Anzi: permette anche a un popolo spiritualmente ignorante come il nostro di unirsi ad elaborare insieme un rito, anche se in maniera inconsapevole.
È poco rilevante, in fondo, che le canzoni in gara siano state belle o brutte. Quel che conta è il fatto che, per qualche giorno, milioni di persone hanno giocato allo stesso gioco.