Affrontare la paura della guerra
Pensavamo che la paura di questi ultimi anni stesse per passare, e invece adesso ne abbiamo ancora di più.
Paura dell’incertezza, del cambiamento irreversibile di ciò che consideravamo normale, di quel che ci avevano assicurato non sarebbe mai più successo.
Ci sono tanti motivi per cui questa guerra fa più paura di altre, e ci sono anche ragioni egoistiche: siamo terrorizzati dall’idea di perdere quei privilegi di cittadini occidentali che vogliamo continuare a dare per scontati, non vogliamo problemi e abbiamo imparato a tenere sporcizie come la guerra fuori dalla porta di casa pur di garantire il nostro livello di benessere.
Ma siamo più interconnessi che mai, e questa interdipendenza è il pregio e il difetto della modernità stessa: “è moderno chi deve domandarsi che cosa fanno oggi cinesi e islandesi”, scriveva già cinquant’anni fa Michel Foucault. Per questo dobbiamo pretendere un’assoluta sobrietà dell’informazione e della divulgazione, e chiedere correttezza, precisione e puntualità a chi diffonde notizie e approfondimenti.
Ma, se vogliamo affrontare seriamente questa minaccia - che arriva nel peggior momento di fragilità psichica collettiva di una popolazione emotivamente sfibrata - dobbiamo prima di tutto dare a noi stessi delle regole di navigazione inaggirabili e definite, fuggendo dalle approssimazioni, dai clickbait e dall’usanza diffusa di diventare o usare punti di riferimento su temi che non si conoscono e questioni che non si capiscono. Dall’infomania che spinge a ingurgitare di tutto pur di mettersi la coscienza a posto.
Stare alla larga da chi capitalizza sull’ansia di dire alle persone cosa devono o non devono pensare. Ponderare, confrontare fonti, studiare per capire come rendersi davvero utili. Metterci il corpo. Non disperdere energie in discussioni sterili con esperti di geopolitica dell’ultima ora e benaltristi vari, tenersi fuori dalle risse e dalle provocazioni.
Costruire reti solidali, attente e consapevoli, tra persone che abbiano la fermissima consapevolezza di non potersi in alcun modo permettere, oggi, di perdere la lucidità.