La pericolosa arte di sottolineare i libri
Ognuno, con i propri libri, ha il diritto di fare quello che vuole.
C’è chi li tratta con devozione assoluta e si guarda bene dall’intaccarne la perfezione e chi, invece, riempie le pagine di segni, appunti e sottolineature.
(Io - lo ammetto - faccio parte della seconda scuola).
C’è poi, a un polo, chi sottolinea con matita e righello e, all’opposto, chi usa penna o evidenziatore un po’ come viene.
Capita che i primi guardino con orrore i secondi, e che i secondi considerino ossessivi i primi.
Quel che scegliamo di sottolineare di un libro, in fondo, racconta ciò che desideriamo essere; il modo in cui sottolineiamo, invece, dice molto su quello che siamo davvero.
Quando poi capita di prendere in mano libri del passato con vecchie sottolineature, a volte sembra di avere di fronte un oggetto capace di raccontare di noi molto più di un diario. Gli appunti a margine sono spesso vere e proprie radiografie, e ci fa tenerezza vedere cosa e come avevamo scelto di mettere in evidenza. Proviamo imbarazzo nell’osservare quello che ci era sfuggito.
Perché a volte sottolineare è più intimo che scrivere, e certe linee sono vere e proprie confessioni.
Un pensiero a parte, poi, meritano le orecchie ai libri, capaci di far saltare sulla sedia in molti, persino più degli evidenziatori.
Il fatto è che per quelli come me fare le orecchie (ai libri propri e non a quelli di altri, sia chiaro) è un modo per far vivere il libro, per trasformare un burattino di carta in un bambino che con le sue nuove orecchie acquista spessore (in tutti i sensi). Piegare gli angoli delle pagine è un atto quasi carnale, e vale la pena ricordare che è praticabile solo su supporto cartaceo (sconsiglio di farlo con un lettore di eBook).
Alcuni pensano che il rispetto si eserciti nel lasciare le cose così come sono, mentre altri sono convinti che si possa amare qualcosa solo permettendole di cambiare. Così come alcune persone amano intensificare il proprio corpo con i tatuaggi e altre si impegnano a tenerlo intonso. Insomma, ognuno ha il diritto di fare un po’ come gli pare. Non c’è un modo migliore degli altri: vale la pena sottolinearlo.
A penna.
Andrea