La malattia non è un nemico (ne per forza un dono)
Una delle narrazioni molto diffuse del nostro tempo, veicolata tanto dalla retorica online quanto da televisioni e giornali, è l’idea che la malattia - fisica e mentale - sia un nemico da sconfiggere, e che chi riesce nell’impresa di guarire sia un eroe.
“Sta combattendo la sua guerra”, si sente spesso dire con le migliori intenzioni, rapportandosi alla sofferenza con toni bellici. “Ha sconfitto il suo nemico”, si esulta in caso di guarigione.
Il problema è che questo linguaggio, che può aiutare ad attivare energie altrimenti sopite, ha delle controindicazioni pesantissime: alla lunga può generare un clima devastante in chi affronta un momento difficile, spingendolo a pensarsi come perennemente abitato da un nemico da cui difendersi. Sentirsi sempre con la guerra dentro non aiuta sempre a trovare le risorse psicofisiche per sostenere la quotidianità del dolore.
E chi non riesce a superare velocemente la malattia, di conseguenza, appare a se stesso e agli altri come un perdente, responsabile della propria sconfitta nella guerra contro il male. Come se non bastasse il dolore ad abbattere chi soffre, si aggiunge il carico della sconfitta.
La malattia non va vista come un nemico, quindi, ma neanche necessariamente come un dono, come una retorica melensa e dannosa vorrebbe. La malattia può sì essere un’occasione per fermarsi e capire, ma non va mitizzata così come non va demonizzata; è una condizione anormale dell’organismo, da affrontare con lucidità. Senza vederci necessariamente un nemico o una possibilità, ma un fatto naturale della vita.
Andrea