I TEMPLI D' ORO
I pastori di Sardegna, nelle dolci sere di primavera che rendono ancor più bella quella terra antica e misteriosa, mentre conducono per la campagna sterminata e selvaggia il gregge numeroso e docile, sono soliti cantare una malinconica canzone : - Mia vecchia madre terra, ancora non sei stanca? Ben mi accorgo che gli anni numerosi non riescono a opprimere il tuo cuore generoso. Sei ben viva, lo so, poiché ancora sai nutrire, di gioia o di tristezza, le canzoni dell' usignolo ; sei ben viva, lo so, poiché ancora sai donare senza posa orgoglio e sogni agli uomini tuoi figli ; che più di ogni altra cosa sanno amarti, che più degli altri popoli meritano di averti ! -
Occorre sapere che, secondo un' antichissima tradizione, la Sardegna faceva parte della mitica Posidonia e venne risparmiata, assieme alla Corsica, alla Sicilia, a Malta e a Creta, da quel terribile cataclisma che fece inabissare la grande isola, divenuta oramai leggendaria. Ma occorre anche sapere che, a differenza di tutte quelle terre, abitate da gente avida e meschina, la Sardegna era abitata da uomini per i quali l' oro, sempre causa di guerre e di discordie, fu sempre menzogna: una cosa inutile, insomma.
Fiorivano, comunque, anche in Sardegna, in quei tempi lontanissimi, intorno alla fiera semplicità del nobile popolo sardo, templi mirabilmente decorati, lussuosissimi e sontuosi, finemente profumati dall' aroma di mille giardini; erano templi coi quali la popolazione dominatrice credeva di adorare il dio Sole ; ma si sbagliava: poiché quel popolo adorava, in realtà, solamente la propria ricchezza.
Accadde così che si presentarono, una volta, ai virtuosi pastori sardi che disdegnavano il lusso e le vane gioie, alcuni individui vestiti con grande sfarzo. - Ma non capite, specie.di uomini rozzi e ignoranti? - dissero quelli con infinita superbia - noi siamo i sacerdoti del fulgido Sole ; inchinatevi a noi, dunque, come vi inchinereste davanti al vostro dio. Sappiate, pastori di Sardegna, che gli uomini tutti, in altre terre, al nostro comando si prodigano a cercare nelle viscere della terra il nobile metallo che splende, di modo che noi lo si possa usare per onorare il dio Sole.
Costruiremo infatti altri templi d' oro , che anche renderanno più dignitosa e accogliente questa vostra terra arida e inospitale. Avete capito dunque? Il Sole vi chiede oro ! Il dio vostro padrone vuole da voi, suoi indegni servi, il metallo che brilla ! -
Stettero ad ascoltare, i Sardi pastori, quelle parole ; e i sacerdoti , da ciò incoraggiati, così vollero proseguire: Trafiggete la terra con le vostre braccia rudi e forti, e liberate dall' oscurità della terra il lucentissimo metallo.
Noi ritorneremo fra qualche tempo: fate perciò in modo che ci possa accogliere il caldo e raggiante sorriso dell' oro ! -
Partirono alla fine i sacerdoti, superbi e ridicoli in quei loro abiti scintillanti di gemme. Rimasti soli, i pastori si chiesero: Ma veramente abbondaneremo noi il nostro fedele gregge per sprofondare nel cuore della terra alla ricerca di quel metallo lucente? Noi non riusciamo a credere che il Sole realmente pretenda da noi un così inutile dono. O siamo forse noi troppo ignoranti per comprendere l' importanza di quanto ci è stato richiesto? -
Così riflettevano i confusi e ingenui pastori sardi; quando a un tratto uno di loro, certo il più colto e il più saggio, allontanandosi quasi con sdegno, in tal modo riprese i propri compagni: - Pazzi ! Pazzi ! - urlava- non è nostro padrone il signore della luce; egli non vuole da noi il metallo dal giallo colore, e sono uomini avidi e stolti coloro che hanno osato proporre a noi, uomini di antica tradizione, una fatica che non capiamo e che, in nessun modo, potrebbe dare consolazione al nostro spirito ! -
Un' unica voce si levo` in lode del saggio pastore : - È giusto ! È giusto! Altro che oro ! Torniamo invece alle nostre pecore, che già per troppo tempo sono rimaste sole e incustodite ! -
Ma poi - osò chiedere un pastorello, fra tutti il più giovane e il più inesperto- che diremo ai sacerdoti quando torneranno a raccogliere l' oro che ci hanno comandato di cercare? -
Non temete - li rassicuro` il vecchio pastore sapiente - risponderò io per tutti. Ma ora non preoccupatevi più di questo, e tornate al vostro vero lavoro. I vostri greggi vi attendono ! -
Fu così che i pastori tornarono ognuno al proprio ovile e, per un po', il tempo passò come se niente fosse accaduto.
Ma ritornarono, come avevano promesso, ancora più superbi e fastosi, quegli uomini che si dichiaravano messaggeri del Sole.
Stupirono di tanta povertà, e tremendamente indignati così si rivolsero a quegli uomini che avevano osato disobbedire : - Vecchi bofolchi - urlarono inferociti - uomini indegni dell' onore concessovi, come avete osato dispregiare i comandamenti del vostro dio, il Sole? Come avete osato, spregevoli uomini di Sardegna? Incivili, rozzi e ignoranti: ecco ciò che siete ! Noi vi avevamo offerto su di un piatto d ' argento la possibilità di riscattare dalla miseria questa vostra inutile vita, ma come ci avete ripagati? Tanti giorni sono trascorsi dalla nostra venuta in tal paese di accattoni, ma il giallo sorriso dell ' oro ancora non nobilita questa vostra terra barbara ! -
Il giallo sorriso, non dell' oro, inutile e dannoso metallo, ma del grano e degli asfodeli nobilita la nostra amata terra ! - proclamo` con coraggio il fiero pastore; egli orgogliosamente difendeva la propria terra oltraggiata, difendeva se stesso e il proprio lavoro, che era stato il lavoro dei padre, e del padre di suo padre ; difendeva i propri compagni, un po' spaventati forse, ma certo orgogliosi di lui. Tutto ciò gli dava una forza straordinaria: - Non siamo noi, o uomini stolti - proseguiva con foga che dobbiamo strappare alla terra la ricchezza da porgere al Sole ; è il Sole invece, il potentissimo, che dalla terra fa sbocciare per noi la fresca e viva poesia dei fiori. Questo suo dono gentile noi ricambiamo con la nostra dura fatica fra gli ovili, non con l' inutile lavoro che voi avete osato chiederci. Per questo motivo vi chiediamo di lasciarci, e di non tornare più a disturbare il sacro lavoro dei nobili pastori di Sardegna! -
Ma i templi? Come farete senza i templi d' oro ? - insistevano, ormai disorientati, i malcapitati sacerdoti.
I templi ? - riprese umilmente, ma con sicurezza, il saggio pastore - i nostri templi noi li abbiamo già elevati laddove risplende quel poco d'oro che ciascuno di noi, con la propria fatica, col proprio sudore, è riuscito a conquistarsi nell' animo ! -
Risero a quelle insolite parole gli stolti e avidi sacerdoti ; risero, ma con la coda fra le gambe fecero un triste ritorno alle loro case ricchissime, ai loro templi sfavillanti. Ma i templi umili, elevati dal lavoro e dalla sofferenza, dalla purezza e dalla giustizia nell' animo dei pastori sardi, salvarono la terra antica e selvaggia di Sardegna dal violento nubifragio che inabisso` la mitica terra di Posidonia.
Cantano ancora così, oggi, i pastori di Sardegna nelle dolci sere di primavera, mentre conducono per la campagna sterminata e selvaggia il gregge numeroso e docile : - Ancora non sei stanca, vecchia madre generosa ? I figli tuoi ti amano, amara terra di Sardegna, che fai fiorire gli asfodeli e le ginestre, che sai donare orgoglio e sogni agli uomini che da te sono nati ! -