AR1: una terrificante escursione nella terrificante Terra del Fuoco (Argentina)
"ETHEL MARIE"
una terrificante escursione nella terrificante Terra del Fuoco
BY AGH
Ushuaia (Argentina) Terra del Fuoco, 16 marzo 1987.
L'escursione nel canale di Beagle, che avevo prenotato il giorno prima in una specie d'agenzia, mi apparve subito in tutta la sua drammaticita'. Ero al porticciolo di Ushuaia, la citta' piu' australe del mondo, sprofondata nel sud dell'Argentina in faccia all'Antartide, a poco meno di 150 km dal mitico Capo Horn.
Dal molo da cui avrebbe dovuto partire la gita non c'era nessuna "lancia" promessa dal depliant. C'era solo la "Ethel Marie", un orrendo barcone tutto ammaccato ormeggiato poco distante, paurosamente inclinato su un fianco. I miei piu' tremendi sospetti vennero subito confermati controllando meglio il depliant. La "lancia" era proprio il barcone schifoso, l'Ethel Marie per l'appunto...
Sul ponte, un tale dal passo incerto s'aggirava tra le gomene. Sembrava avesse perduto qualcosa. Lo riconobbi dal berretto: era il "comandante", in perfetta sintonia con la sua imbarcazione. Anche lui tutto ammaccato, e con un aspetto che denunciava chiaramente la sua propensione ad indugiare un po' troppo in quelle che, di solito, vengono definite "abbonadanti libagioni". Ogni tanto s'aggrappava malamente alla ruota del timone, con uno sguardo non proprio cristallino...
Accolse con un rutto i primi turisti che salivano timidamente a bordo. Quando tutti i partecipanti, pochi per la verita', ebbero preso posto, una sorda esplosione avverti' i turisti dell'avvenuta accensione dei motori. Dopo il tremendo spavento, sulle facce dei gitanti serpeggio' una certa preoccupazione. La "Ethel Marie" salpo'. O meglio, tento' di salpare. In un clima di grande suspance, col turistame che seguiva in assoluto silenzio la manovra, la "Ethel Marie" si impunto' con la prua contro il molo, ruoto' su se stessa e striscio' lungo la banchina tra i sinistri cigolii del fasciame che gemeva con lamenti quasi umani.
Poi finalmente, non si sa come, il barcone si stacco' dal pontile con una gran legnata (altro spavento) e s'avvio' lentamente, beccheggiando paurosamente, verso l'uscita del porto. Alcuni tirarono il fiato. La manovra aveva raggelato gli escursionisti, che gia' pensavano cupamente a quel che li aspettava. Il tragitto per uscire dal porto e guadagnare il largo fu pieno di insidie. Ce ne accorgemmo, costernati, per le continue "schivate" del comandante che evitava in extremis scogli e isolotti che vedeva sempre all'ultimo momento. Dio sa come, la "Ethel Marie" guadagno' faticosamente il mare aperto. Ora si era relativamente piu' tranquilli. Perlomeno il pericolo di finire sugli scogli sembrava , almeno per il momento, scongiurato.
Finalmente cominciammo a scorgere, da lontano, quel che era stato promesso sul depliant (e anche qualcosa di piu' e che il depliant si era ben guardato dal menzionare): colonie di leoni marini, che riposavano pigramente su degli isolozzi letteralmente ricoperti di merda. Il tanfo era inenarrabile. Tutt'intorno sterminati stormi di uccelli marini che, all'approssimarsi della barca, si alzavano in volo e accorrevano in massa per cacare sulla testa dei turisti.
I meno previdenti, che si erano scaraventati fuori per far fotografie, rientrarono precipitosamente sotto coperta, con un aspetto non proprio raccomandabile e tra le sghignazzate maligne di quelli che, scoraggiati dal ventaccio gelido, erano rimasti al riparo. Navigammo perigliosamente nel mitico Canal Beagle per quasi due ore, scampando al naufragio in altre due o tre occasioni, e solo per puro miracolo.
I momenti piu' angoscianti erano quando la "Ethel Marie" accostava a qualche isolotto per ammirare la fauna (e la merda). Il turistame si riversava tutto da quella parte facendo inclinare ancor piu' pericolosamente l'imbarcazione, col gravissimo rischio di ribaltarci. Evenienza che naturalmente mi atterriva, senonaltro all'idea di dover naufragare su quelle isole merdose e dover per giunta convivere forzatamente con i poco socievoli ed assai aggressivi leoni marini. Quando il turistame si spostava da una parte io mi precipitavo dalla parte opposta nel patetico tentativo di riequilibrare i pesi. Col penoso risultato di venir considerato da tutti, equipaggio compreso, uno stravagante o una specie di eccentrico.
La gita finalmente volgeva al termine. Stremati dal freddo, il naso de-sensibilizzato dal tanfo delle isole, la nausea per le oscillazioni del barcone e i vestiti puzzolenti bersagliati dagli escrementi, non vedevamo l'ora di metter piede a terra. Dopo una mezz'oretta di navigazione sulla via del ritorno, con la tensione che saliva mano a mano in vista dell'entrata in porto e dell'attracco, improvvisamente i motori della "Ethel Marie" esalarono un cupo brontolço per poi spegnersi di colpo.
Il turistame s'azzitti' preoccupatissimo. In cabina calo' un silenzio sinistro. Si udiva solo il rumore del vento gelido e lo sciabordço delle onde sullo scafo. Il mare scuro tutt'intorno, la riva ancora tremendamente lontana. Facce sgomente tra i passeggeri. E adesso che succede? L'altoparlante gracchio'. Gracchio' a lungo, come se qualcuno ci scatarrasse dentro. Poi la voce del comandante. Tutti s'aspettavano, atterriti, il messaggio "signore e signori stiamo affondando, ci vediamo a riva..." Invece, che Iddio lo abbia in gloria, non c'erano problemi, o almeno cosi' sembrava. Il comandante invito' i passeggeri a spostarsi a prua, che ci sarebbe stata una "sorpresa"...
Il turistame, prevalentemente composto da vecchiarde, trasmigro' rapidamente verso la parte anteriore della "Ethel Marie". La preoccupazione comunque, almeno da parte mia, non cesso' affatto. In cuor mio temevo che la "sorpresa" fosse un supplemento di prezzo, accompagnato da un annuncio tipo: "...coloro che non intendono versare la quota richiesta sono pregati di raggiungere Ushuaia a nuoto, grazie".
E anche stavolta, e che Iddio ci conservi il comandante, con sollievo generale e mio in particolare venne annunciata la distribuzione di cioccolato nella cabina di prua, e per giunta gratis. Un'ora piu' tardi, alle 18.00 precise e quand'era ormai quasi buio, eravamo gia' in porto, con un attracco incredibilmente perfetto che lascio' di sale i passeggeri, che gia' s'erano rassegnati a un frontale con il molo.
Il comandante bofonchio' qualcosa per accomiatarsi, mentre noi potevamo calpestare, entusiasti, la cara, vecchia madre terra. Mentre la "Ethel Marie" ripartiva per non so dove, ci voltammo per salutare l'equipaggio: il comandante, che agitava anch'egli il braccio in segno di saluto, inciampo' e cadde pesantemente nella stiva.
by Agh