Le "sarracas" sarde
STORIE DI EMIGRAZIONE SARDA
Nelle lettere Pietrina scrive quello che può scrivere: "i padroni già mi pagano, i soldi ve li ho mandati, ieri sono andata alla stazione Termini dove ci sono tutte le serve dell'Italia, faccio pranzo e cena, colazione e anche la merenda". Un giorno, 1'11 settembre del 1957, proprio il giorno prima della grande festa di san Salvatore, nella mia lettera c'era scritto:
"Cari babbo e mamma, e fratelli e sorelle. Ieri i padroni mi hanno portato a macchina a Ostia. Loro dovevano fare il bagno. Io avevo la gonna lunga e sono rimasta seduta in macchina tre ore. Il sole era forte e sudavo. Gente ne ho visto molta, tutti nudi. Io mi crepavo dal caldo, ogni tanto andavo a una fontanella a bere perché l'acqua scendeva fissa e gratis, ma era calda. E penso che per me, a Foghesu, l'acqua invece era la fonte o la sorgente di Abba Frida sotto un grande monte di calcare o quella di Luèsu, la valle delle cascate col capelvenere. L'acqua di Foghesu la devi bere inchinandoti, inginocchiandoti e sorseggiando da una pozza, l'acqua di Roma la bevi in bicchiere o sotto un rubinetto d'acciaio. A Roma insomma l'acqua non è quella della sorgente ma quella del rubinetto nel lavandino dei piatti e qui al mare l'acqua da bere è quella delle fontanelle di ghisa. Sto pensando alle due acque di Foghesu e di Roma. Tutti a gambe fuori, io a gambe coperte. Tre volte ho fatto vai e torna dalla macchina perché ho portato anche la frutta una volta, e poi il caffè. Di sera tornati a Roma, a ora di cena. I padroni hanno comprato il gelato, lo hanno mangiato loro, non me ne hanno dato. Io tutto bene. Domenica forse vado a vedere il Papa in piazza san Pietro. L'importante è che vi mando i soldi. A una mia amica di Sadali i padroni danno 25 mila. La vostra Pietrina vi abbraccia piangendo ma pensa sempre a voi e vi vede a mano presa davanti al caminetto". Col tempo le cose si erano aggiustate, ma sempre padrona e serva, padroncini signorini e serva. Spesso mi facevano scendere dopo pranzo o dopo cena a comprare il gelato. A me non ne hanno mai dato. Tanti anni così, quasi venti anni. Ma mi davano ventimila lire.
Tratto dal libro: Le ragazze son partite di Giacono Mameli