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BFi numero 09 anno 3 file 03 di 21

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 · 5 years ago

  

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-------------[ BFi numero 9, anno 3 - 03/11/2000 - file 03 di 21 ]------------
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-[ C0LUMNS ]------------------------------------------------------------------
---[ DiRiTT0 D'AUT0RE 0 LEGGE DEL PiU' F0RTE?
-----[ Carlo Gubitosa <c.gubitosa@peacelink.it>


DIRITTO D'AUTORE O LEGGE DEL PIU' FORTE ?

Storia del diritto d'autore sul software.

In seguito alle forti pressioni della lobby dei produttori di software, le
modifiche alla legge sul diritto d'autore, approvate dal Parlamento il 26
luglio, hanno introdotto nuove misure repressive contro la copia ad uso
personale del software, equiparata alla duplicazione di massa e al commercio
abusivo di programmi, e punita con gli stessi anni di galera riservati ai
contrabbandieri di software pirata. Con queste nuove modifiche, la legge sul
diritto d'autore si trasforma in uno strumento irragionevolmente repressivo
che ha il chiaro obiettivo di tutelare gli interessi economici di Bill Gates
e degli altri "padroni del software", in aperto contrasto con il principio di
proporzionalita' tra reato commesso e condanna subita.

Di Carlo Gubitosa <c.gubitosa@peacelink.it>

In Italia il diritto d'autore e' regolato dalla legge 633 del 1941, modificata
a piu' riprese per includere anche i programmi software nella lista delle
"opere dell'ingegno" tutelate contro le possibili violazioni del "copyright".

Il 23 dicembre 1992 il decreto legislativo 518/92 ha introdotto una prima
modifica alla legge 633/41. Anziche' estendere ai programmi le stesse
regole valide per le altre opere dell'ingegno, il decreto ha riservato al
software un trattamento particolare, che punisce i "pirati di programmi" in
maniera molto piu' dura di quanto non si faccia con i pirati di musica o di
libri. Dietro questo "trattamento speciale", riservato unicamente alla
copia del software, molti esperti di informatica e giuristi hanno individuato
le pressioni esercitate dalle grandi case produttrici di software per far
approvare, a tutela dei loro interessi, una legge particolarmente punitiva
contro la copia dei programmi per elaboratore.

In merito alle pressioni esercitate dalla lobby del software per
l'approvazione del decreto 518/92 si sono espressi anche Renzo Ristuccia e
Vincenzo Zeno Zencovich, in un testo dal titolo "Il software nella dottrina,
nella giurisprudenza e nel D.LGS. 518/92", edito dalla Cedam di Padova nel
1993. In questo testo si legge come la rapidita' di approvazione del decreto
"[...] fa ritenere che sicuramente il testo del decreto legislativo fosse da
tempo pronto e che attraverso la delega al governo si sia tagliato corto al
dibattito parlamentare, evitando persino il parere delle Commissioni
competenti, non previsto dalla legge delega. Il metodo e' certamente singolare
e discutibile anche sotto altri profili. [...] Il decreto chiude per l'Italia
un dibattito ventennale sulla tutela giuridica dei programmi per elaboratore
elettronico.
E' stato un dibattito condotto con toni insolitamente accesi e che ha visto
gli operatori del diritto anteporre, forse piu' del lecito, gli interessi di
una categoria imprenditoriale all'analisi razionale degli strumenti giuridici
utilizzabili."

Lo "strumento punitivo" nascosto tra le righe del decreto legislativo 518/92
e' l'aggiunta di un piccolo articolo, il 171 bis, un articolo modificato il 26
luglio del 2000 in senso ancor piu' repressivo, senza che in Parlamento o sui
mezzi di informazione ci sia stato un dibattito serio su una questione cosi'
delicata come la copia personale del software.

Prima della modifica del luglio scorso, l'articolo 171 bis recitava
testualmente che:

"Chiunque abusivamente duplica A FINI DI LUCRO programmi per elaboratore,
o, ai medesimi fini e sapendo o avendo motivo di sapere che si tratta di
copie non autorizzate, importa, distribuisce, vende, detiene a scopo
commerciale, o concede in locazione i medesimi programmi, e' soggetto alla
pena della RECLUSIONE da TRE MESI a TRE ANNI e della MULTA da L. 500.000 a
L. 6.000.000."

In base all'articolo 171bis, ad esempio, Giovanni Pugliese, segretario
dell'associazione pacifista PeaceLink, e' stato processato come
"importatore, venditore e distributore di programmi a scopo commerciale"
per la semplice presenza nel suo computer di una copia (gia' installata)
del programma Word 6 di Microsoft, evidentemente adibita ad uso personale e
dell'associazione. Al termine di un iter giudiziario iniziato nel 1994 e
terminato nel 2000, Giovanni Pugliese e' stato dichiarato innocente.

Per presunte violazioni (peraltro mai dimostrate) dell'articolo 171 bis,
nel maggio 1994 centinaia di nodi della telematica sociale italiana sono
stati oscurati, con una inutile catena di sequestri e processi (la piu'
grande operazione di polizia informatica della storia dell'umanita') che si
e' conclusa con un nulla di fatto e ha avuto solamente un effetto
intimidatorio contro la copia ad uso personale de software. Tutti i dettagli
di questa "spedizione punitiva" contro la telematica sociale di base sono
contenuti nel libro "Italian Crackdown", disponibile in libreria e anche in
rete, all'indirizzo www.apogeonline.com/openpress.

Aggrappandosi all'articolo 171 bis si e' cercato di dimostrare il "fine di
lucro" insito nella copia ad uso personale dei programmi, per molti versi
analoga alla copia di musica ad uso personale (pratica sociale ormai accettata
e diffusa).

In seguito all'approvazione delle prime modifiche alla legge 633/41, alcuni
magistrati piu' illuminati hanno fatto le necessarie distinzioni tra copia
ad uso personale e commercio su larga scala di software pirata, tra "scopo
di lucro" e semplice profitto. Le nuove modifiche alla legge sul diritto
d'autore sono nate proprio per contrastare questo orientamento
giurisprudenziale.

La piu' famosa di queste sentenze e' quella del 26 novembre 1996, emessa
dalla pretura circondariale di Cagliari: copiare software non e' reato,
almeno per quanto riguarda il caso esaminato dal giudice Massimo Deplano.

Nella sentenza si legge che "La duplicazione e la detenzione acquistano
rilievo penale in tanto in quanto siano finalizzate rispettivamente al
lucro ed alla commercializzazione. Tali condotte sono pertanto sanzionate
solo se sorrette dal dolo specifico indicato. In particolare deve ritenersi
che, di per se', la duplicazione del programma non solo non assurge in alcun
modo a fatto penalmente rilevante, ma e' senza dubbio consentita dalla
normativa attuale in tema di diritto d'autore".

Deplano sostiene questa affermazione con argomenti ben precisi: "Cio' si
ricava [...] dall'articolo 68 della L. 633/1941 che permette, ed anzi
indica come libera la riproduzione di singole opere o loro parti per uso
personale dei lettori (rectius fruitori) con il limite del divieto di
spaccio al pubblico di tali beni onde logicamente evitare la lesione dei
diritti di utilizzazione economica spettanti al titolare del diritto
sull'opera. Si puo' pertanto escludere che violi la fattispecie citata il
soggetto, pubblico o privato che detenga per utilizzarla una copia
abusivamente duplicata del programma. L'elemento che rende invece penalmente
illecita la duplicazione e' dato dal fine di lucro, dalla volonta' diretta
specificamente a lucrare dalla riproduzione. Deve infatti garantirsi al
titolare dei diritti sull'opera il vantaggio esclusivo di mettere in commercio
il programma, e quindi di lucrarvi senza dover patire e subire danni da
illecite concorrenze".

E' interessante anche leggere il parere del magistrato riguardo alla
differenza tra lucro e profitto: "Invero il fine di lucro connota tutte le
fattispecie focalizzate dall'art. 171 bis, ma il suo significato dev'essere
chiarito. Il termine lucro indica esclusivamente un guadagno patrimoniale
ossia un accrescimento patrimoniale consistente nell'acquisizione di uno o
piu' beni; esso non coincide in linea di principio con il termine profitto,
che ha un significato ben piu' ampio. Il profitto puo' implicare sia il
lucro: quindi l'accrescimento effettivo della sfera patrimoniale, che la
mancata perdita patrimoniale ossia il depauperamento dei beni di un
soggetto. In altri termini nel profitto puo' rientrare anche la mancata
spesa che un soggetto dovrebbe, per ipotesi, affrontare per ottenere un
bene. Il lucro costituisce solo ed esclusivamente l'accrescimento positivo
del patrimonio; il profitto anche la sola non diminuzione dello stesso".

Proprio a causa di queste doverose distinzioni tra "lucro" e "profitto" che
avevano aperto una possibile breccia per la depenalizzazione della copia ad
uso personale del software, ancora una volta la lobby dell'informatica ha
utilizzato tutto il potere a sua disposizione per modificare le norme sul
diritto d'autore in direzione contraria all'orientamento espresso dagli
stessi magistrati. Nella nuova versione dell'articolo 171 bis, infatti le
parole "a scopo di lucro" sono state sostituite con la frase "per trarre
profitto". In pratica dal 26 luglio del 2000 anche chi trae profitto dalla
copia singola di un programma, cioe' chi risparmia i soldi necessari per
comprarlo, va punito con la stessa durezza riservata a chi copia programmi
a scopo di lucro, per rivenderli clandestinamente e guadagnarci.

Nessuno si sognerebbe di dare da sei mesi a sei anni di galera per aver
copiato un CD musicale di un nostro amico che vogliamo ascoltare con calma
a casa nostra. I "programmi per elaboratore", invece, godono di un
trattamento diverso, e la loro copia ad uso personale e' criminalizzata e
perseguita dalla legge con gli stessi strumenti legislativi, gli stessi
milioni di multa e gli stessi anni di reclusione che si utilizzano per chi
vende in modo sistematico e professionale copie non autorizzate di software
coperto da copyright, attraverso una rete commerciale di distribuzione
clandestina.

Con le modifiche del luglio 2000 apportate alla legge sul diritto d'autore,
la punizione riservata per la copia del software ad uso personale va da sei
mesi a sei anni di carcere, pene analoghe a quelle riservate in caso di
omicidio colposo plurimo, che puo' essere punito con sei mesi di reclusione.
Ancora una volta un tema fondamentale come il diritto d'autore sul software
viene regolato in base agli interessi e alle pressioni lobbistiche di una
categoria imprenditoriale, anziche' in base alla volonta' popolare e
democratica che dovrebbe essere il fondamento di qualsiasi legge.

In un articolo apparso il 28 luglio 2000 sulla rivista elettronica "Punto
Informatico" (www.punto-informatico.it), Massimo Mantellini ha duramente
commentato le nuove dispozioni in materia di diritto d'autore sul software,
affermando che "e' difficile non vedere in trasparenza la lunga mano degli
industriali del software su una serie di atteggiamenti che la legge ispira,
primi fra tutti quello di porre molta attenzione alla condanna pubblica, su
giornali e mezzi di informazione specializzati, dei pirati o quello di
destinare ad iniziative informative antipirateria il 50% di quanto viene
sequestrato. Per non parlare della costituzione di un registro presso la
Questura di quanti lavorino con materiale protetto da copyright. Una vera e
propria azione di controllo degna di un regime sudamericano."

Anche l'avvocato Andrea Monti, presidente di Alcei (www.alcei.it),
L'Associazione per la Liberta' nella Comunicazione Elettronica Interattiva,
ha espresso un parere seccamente contrario alla nuova normativa. Secondo
Monti "e' evidente che la legge in questione non e' stata concepita sulla
base del diritto, ma delle pressioni di potenti gruppi che considerano il
diritto d'autore come 'cosa loro'".

Oltre all'inasprimento delle pene riservate a chi copia software per uso
personale, la nuova legge sul diritto d'autore contiene anche molti altri
aspetti controversi. Ad esempio la perseguibilita' d'ufficio dei fatti di
duplicazione abusiva rischia di aggravare la situazione degli uffici
giudiziari penali, gia' oberati di procedimenti da smaltire. Inoltre
l'ampliamento dei poteri della SIAE previsto dalla nuova legge avra' gravi
ripercussioni su tutti gli autori e i programmatori che sceglieranno di non
iscriversi a questa societa' o che non vorranno apporre il "Bollino Siae"
sulle loro opere.

Di fronte a questo nuovo pasticcio legislativo che ci ha colto di sorpresa
sotto l'ombrellone, rimane ben poco da fare. Una possibile alternativa e'
quella di mettere in atto una forma di boicottaggio del software
commerciale utilizzando solo programmi e sistemi operativi liberi, come ad
esempio il sistema operativo Linux e la suite di programmi per ufficio
"Staroffice", in alternativa ai programmi prodotti dai "signori del
software". Un'altra possibilita', alla vigilia delle prossime elezioni, e'
quella di chiedere al candidato del nostro collegio elettorale dov'era
quando e' stata approvata la riforma sul diritto d'autore. Probabilmente
l'accordo con i grandi poteri economici dei giganti del software, giudicato
strategico alla vigilia di una scadenza elettorale, potra' trasformarsi in
un boomerang che tornera' indietro a colpire proprio quella classe politica
che credeva di trarre vantaggio dal sostegno indiscriminato a un forte
gruppo di potere e alle bieche misure repressive che tutelano gli interessi
di questo gruppo.

A tempo debito tutti i nodi vengono al pettine, e l'imminente scadenza
elettorale potra' essere un'ottima occasione per chiedere a chi vorra'
rappresentarci in Parlamento di esprimersi in merito a una legge che tutela
gli interessi delle grandi case produttrici di software, ma non i diritti
delle singole persone, e punisce con la carcerazione la copia dei
programmi, anche se fatta senza scopi commerciali o criminali, ad uso
personale, ad uso didattico, a beneficio di associazioni, gruppi di
volontariato, organizzazioni non governative, scuole.

E' tempo che la copia ad uso personale dei programmi, che nulla ha a che
vedere con la cosiddetta "pirateria informatica", esca dalla clandestinita'
e cessi di essere criminalizzata. E' tempo di legalizzare e accettare la
copia ad uso personale, pratica sociale che affonda le sue radici nella
storia dell'informatica, come una naturale evoluzione della tecnologia e
dei comportamenti sociali. Il lavoro dei programmatori non si tutela
mandando in galera altre persone, ma creando le condizioni affinche' il
mondo dell'informatica non sia piu' dominato da nessun monopolio di fatto
che limiti la liberta' di iniziativa nella programmazione.

Carlo Gubitosa


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