Copy Link
Add to Bookmark
Report

Pala di Brera di Piero della Francesca

Alessia's profile picture
Published in 
Arte
 · 6 years ago
1
Pala di Brera di Piero della Francesca
Pin it

Descrizione Preliminare: si vede un gruppo di personaggi all’interno di una struttura architettonica chiusa; al centro del dipinto c’è una donna seduta, con le mani giunte, che tiene sulle ginocchia un bambino. La donna è circondata da sei uomini, tre per lato, e dietro di lei si trovano altre quattro persone dall’aspetto androgino. Il bambino sta dormendo ed ha al collo una collana con un ciondolo di colore rosso che sembra di corallo. In primo piano si vede un uomo con l’armatura, inginocchiato e con le mani giunte. Dal soffitto pende un grande uovo appeso ad un filo.


Analisi oggetto

Analisi materiale

Carta d’identità

Il quadro che vediamo è un dipinto su tavola (170 x 248 cm) e si trova nella Pinacoteca di Brera a Milano; il termine Pala indica che era destinato ad essere collocato su un altare. La pala è di genere sacro e l’iconografia è quella della “Sacra Conversazione”, la Maestà (Madonna e Bambino), infatti, è circondata da angeli e da santi. Da notare, che la posizione dei personaggi, rispettava in genere una precisa gerarchia: la Madonna era l’unica ad essere seduta, i santi erano collocati in piedi, le persone normali erano invece inginocchiate. La critica è concorde nell’attribuire il dipinto a Piero della Francesca (1410/20-1492). Si può supporre che la pala sia stata dipinta dopo il 1472 (data della nascita del figlio dei committenti che sembra rappresentato nel Bambino). Il titolo dell’opera è “Pala di Montefeltro” (dal nome dei committenti) o “Pala di Brera” (perché è conservata presso l’omonima Pinacoteca di Milano).

Tempera
La pittura a tempera su tavola lignea vive il suo periodo di massimo splendore tra il XIII e il XV secolo, cioè dalla diffusione delle croci dipinte a quella dei polittici e alla successiva evoluzione di questi in pale d’altare.

Il supporto
Il supporto più diffuso, anche se non l’unico, per la pittura a tempera, è costituito da legno ben stagionato di pioppo, tiglio o salice (ma anche noce e quercia). Spesso la tavola si compone di più assi saldate fra loro da colla di caseina e con traverse inchiodate sul retro. Il difetto principale di quest’intelaiatura così rigida (cui si cerca spesso di supplire in sede di restauro) è di impedire i naturali movimenti del legno, dovuti alle variazioni ambientali di temperatura ed umidità: si generano così spaccature ed incurvature della tavola. Già nel XV secolo del resto si usano talvolta traverse scorrevoli inserite in incavi a coda di rondine per ovviare a questo inconveniente.
Il lato della tavola destinato a ricevere la pittura viene ben spianato; si procede all’eliminazione di nodi e cavità (colmate con segatura mista a colla), mentre i chiodi vengono ribattuti e coperti con sottili lamelle di stagno, con strati di cera, o con tasselli lignei, per evitare il formarsi di ruggine.
La tavola lignea deve essere preparata per ricevere la pittura. Col termine preparazione si intendono tutti gli strati intermedi fra il supporto e la pellicola pittorica. Essa può essere ottenuta in modi più o meno sofisticati: generalmente si procede con gesso unito ad un legante, come colle proteiche o la colla di pelle. Tale composto, una volta steso in vari strati, viene levigato e lisciato.
In altri casi la superficie della tavola, dopo esser stata spalmata con vari strati di colla animale, viene lasciata essiccare e quindi ricoperta con una tela di lino. Questa cosiddetta “impannatura”, o “incammottatura”, giova ad attenuare l’intensità dei movimenti del legno, offrendo una superficie più stabile agli stati soprastanti. Il passo ulteriore è costituito dall’ ingessatura della tavola. Sul lino si stendono vari strati di “gesso grosso” e colla, li si lascia seccare per alcuni giorni, poi se ne applicano altri di colla e gesso sottile, cioè sciolto in acqua e scaldato a bagnomaria. Quando l’ultimo strato è ben asciutto, lo si raschia accuratamente in modo da ottenere una superficie liscia e compatta. A questo punto la tavola è pronta a ricevere la pellicola pittorica.

Pigmenti
La pittura su tavola fa spesso ricorso alle cosiddette tempere. Esse nascono dall’ unione di pigmento sciolto in acqua e legante.
Leganti sono chiamati quelle sostanze con le quali vengono mescolati i pigmenti per farli aderire al supporto. In base alla natura del legante si ottengono tempere magre oppure grasse.
Le tempere magre si sciolgono in acqua e sono ottenute con un legante di origine animale, come l’uovo, la caseina del latte, le collette animali di pelle, pergamena osso e pesce; oppure vegetale, come il lattice di fico, le gomme e le farine di cereali.
Le tempere grasse invece sono quelle che contengono come leganti, oltre alle sostanze precedenti, anche oli grassi e resine.

Analisi formale e compositiva
Gli archi tagliati e i frammenti di mensola che sporgono fanno supporre che l'opera sia stata ridotta. Sulla base di questa supposizione molti critici dell'arte hanno smentito le precedenti ipotesi secondo le quali Piero della Francesca non aveva applicato anche in questa opera nessuno degli schemi prospettici che aveva utilizzato fino a quel momento.

Lo spazio architettonico del dipinto è costruito applicando le regole della prospettiva centrale (sappiamo, infatti, che Piero della Francesca fu un attento studioso della prospettiva) e mostra un ambiente di gusto classico (che ricorda un edificio romano o una cappella rinascimentale), con lesene, cornicioni, archi, volte a botte ed una grande conchiglia decorativa nel catino absidale.

Le figure sono collocate al centro di questo ambiente e presentano i tratti caratteristici dei personaggi di Piero della Francesca: espressione impassibile e pensosa, atteggiamento solenne, assenza di movimento.

Pala di Brera di Piero della Francesca
Pin it

La luce è particolarmente chiara e brillante, proviene da sinistra e si diffonde dappertutto, senza creare forti contrasti. Anche i colori sono piuttosto chiari e i toni sono abbastanza tenui. Notiamo, in primo luogo, che il bastone che San Giovanni regge con la sinistra, permette di tracciare un triangolo all’interno del quale si trovano sia la Vergine, che l’uovo e il Duca in preghiera: il nucleo principale della composizione si trova quindi racchiuso in questo schema triangolare (o piramidale).

Pala di Brera di Piero della Francesca
Pin it

Rileviamo poi che il punto di fuga della costruzione prospettica si trova in corrispondenza del volto della Madonna: la struttura geometrica mette così in evidenza la posizione centrale della Vergine fra la volta architettonica, simbolo del Cielo, e il pavimento, simbolo della Terra.

Pala di Brera di Piero della Francesca
Pin it

Il filo da cui pende l’uovo segna l’asse verticale di simmetria, che si incontra con l’asse orizzontale esattamente sul volto della Vergine che risulta quindi essere il centro geometrico di tutto il dipinto.

Pala di Brera di Piero della Francesca
Pin it

L’uovo indica il centro dell’arco absidale, ma prima che la pala fosse tagliata coincideva anche con il punto di fuga, infatti, se proviamo a completare il disegno della struttura architettonica oltre il bordo superiore del dipinto, potremo vedere che il nuovo centro della composizione si troverà proprio nel nostro uovo.

Pala di Brera di Piero della Francesca
Pin it

Scelte compositive
L'autore sceglie di rappresentare la scena all'interno di una architettura classicheggiante poiché la considera adatta per costruire una scatola prospettica secondo la metodologia della prospettiva esatta, il cui punto di fuga la testa della Vergine. Inoltre una struttura di questo tipo aumenta il senso di sacralità e monumentalità dell'opera.
La Madonna, in base al criterio gerarchico tanto caro all'iconografia cristiana dell'epoca, è più grande degli altri personaggi, e lo stesso Federico da Montefeltro è più esposto all'esterno per rispettare l'aura sacrale che si crea attorno alla vergine col Bambino e ai Santi. L'indagine minuziosa dei particolari e il descrittivismo analitico sono evidenti richiami alla pittura fiamminga, e si possono notare nei dettagli dell'armatura del duca, nelle pietre degli angeli e negli abiti ricercati, dagli ampli panneggi.
In questo dipinto l'autore mette in pratica i suoi studi sugli effetti dell'uso della luce per diversi scopi: dare più volume e plasticità alle figure, bilanciare il quadro con diverse scelte cromatiche negli abiti, rendere ancora più efficace l'effetto prospettico attraverso il contrasto tra luci ed ombre (nei cassettoni, nelle tarsie, nella conchiglia e nell'uovo di struzzo). La luce inoltre riflette nell’armatura di Federico la struttura architettonica funziona in questo modo da elemento di gioco prospettico. Da questa cura minuziosa dei particolari si può facilmente capire che Piero è stato influenzato da una componente fiamminga. Il riflesso dell’armatura, infatti, ricorda molto “I coniugi Arnolfini” di Van Eyck, in questo caso i personaggi e l’ambiente si riflettono in uno specchio che si trova in secondo piano.


Analisi contesto
Autore

Piero nacque intorno al 1415 a Borgo San Sepolcro: il padre, Benedetto, era mercante di cuoiami e di lane, mentre la madre, Romana di Perino, era originaria del vicino borgo di Monterchi. San sepolcro era allora un fiorente centro strategicamente collocato all'incrocio tra Toscana, Marche ed Umbria: passato dalla signoria dei Malatesta al controllo dello Stato della Chiesa nel 1431, papa Eugenio IV lo cedette, poco dopo la battaglia d’Anghiari (29 giugno 1440), al Comune di Firenze. Nella città dell'alta vai tiberina Piero dovette fare il suo primissimo apprendistato pittorico, insieme al poco conosciuto Antonio d'Anghiari: ma le sue prime opere note manifestano una profonda comprensione dell'arte fiorentina del primo Quattrocento, in particolare della pittura chiara, luminosa e prospettica di Domenico Veneziano. A fianco di questo artista Piero è infatti documentato nel 1439 a Firenze, come aiuto per l'esecuzione degli affreschi con le "Storie della Vergine" per il Coro della chiesa di Sant'Egidio. E' qui che il giovane Piero conosce i capolavori di Donatello e Masaccio che gli lasceranno una traccia profonda e indelebile. Negli anni '40 lavora a Ferrara per conto del marchese Lionello d'Este: purtroppo le opere di questo periodo sono andate perdute. A Rimini dipinse nel 1451 all'interno del tempio malatestiano "S.Sigismondo e Sigismondo Pandolfo Malatesta". Frattanto nel 1445 riceve una commissione per realizzare il "polittico della Misericordia". Nel 1452 termina "Le leggende della Vera Croce"iniziata da Bicci di Lorenzo nella chiesa di S.Francesco ad Arezzo gli affidano la realizzazione di un polittico per la loro chiesa attorno al 1454; sempre a questo periodo risalgono la "Madonna del parto" e la "Resurrezione". Piero si trasferisce temporaneamente a Roma (1459), invitato dal papa umanista Pio II Piccolomini per dipingere a fresco alcune scene nei palazzi vaticani, distrutte cinquanta anni più tardi per far posto agli affreschi di Raffaelo. Al servizio di Federico da Montefeltro , duca di Urbino, nel 1467 produce il dittico raffigurante "Federico e Battista da Montefeltro", la "Flagellazione", la "Sacra conversazione" meglio conosciuta come "Pala di Brera" e la "Madonna di Senigallia". In questi anni, stimolato dall'ambiente intellettuale della corte, Piero si dedica anche alla stesura di alcuni trattati teorici, intesi a ricondurre alla essenziale e misurabile regolarità delle forme geometriche l'infinità varietà degli oggetti naturali. Sono giunti sino a noi il "Trattato dell'Abaco", una sorta di manuale di matematica elementare come quelli in uso nelle scuole d'abaco; il "Libellus de quinque corporibus regularibus", dedicato a Guidobaldo duca di Urbino e pubblicato da Luca Pacioli dopo la morte dell'artista come opera propria; infine la fatica maggiore, il "De ProspeclivaPingendi'V trattato ricco di-disegni e inteso come guida pratica alla prospettiva, che avrà grande fortuna anche nel secolo successivo. Divenuto cieco nei suoi anni estremi, Piero della Francesca si spegne a Borgo San Sepolcro il 12 ottobre del 1492.

Contesto storico culturale
Piero della Francesca opera nell'intero arco del XV secolo, in pieno Rinascimento italiano.
La grande trasformazione operata in campo culturale, il ritorno all'antichità classica come fonte d'ispirazione formale e razionale, là visione dell'arte come strumento di conoscenza e di indagine della realtà, furono i caratteri distintivi di questo periodo, sostenuti da una grande libertà espressiva e sperimentale.Pittori, scultori e architetti si avvalsero per la prima volta di ricerche di anatomia, ottica, matematica e geometria, trasponendone i risultati nella loro arte. La più rilevante novità consistette nell'elaborazione della prospettiva matematica (o lineare), un metodo di descrizione figurativa del reale che consente di correlare tutte le parti della composizione artistica entro rapporti e proporzioni reciproche, all'apparenza perfettamente rispondenti alla visione effettiva.

Il passaggio dai Comuni alle Signorie fu cruciale per lo sviluppo della pittura italiana: le corti signorili diventarono centri d’elaborazione e di diffusione della cultura e dell'arte. Il mecenatismo dei signori era dettato dalla volontà di addobbare e abbellire la propria città ma anche di ostentare il potere e il prestigio della corte. I grandi artisti rinascimentali della fine del XV secolo trovarono così protezione e incoraggiamento da parte di importanti famiglie italiane: presso i Montefeltro, oltre a Piero, operarono Paolo Uccello e a Raffaello, che qui iniziò la sua carriera artistica; presso i Gonzaga di Mantova fu attivo Andrea Mantegna, nella ferrara degli Estensi prestarono la loro opera Cosmè Tura e Francesco del Cossa e presso i Medici di Firenze Sandro Botticelli e il Pollaiolo. A Venezia sorse invece una grande scuola pittorica che ebbe come capofila Giovanni Bellini, ma vi fecero esperienza anche artisti venuti da fuori, come Antonello da Messi

Committenza, pubblico e funzioni comunicative
I committenti dell’opera sono i duchi Federico da Montefeltro, presente nella tavola, e sua moglie Battista Sforza. Si tratta di una tavola votiva realizzata per la chiesa francescana di San Donato degli Osservanti, dove per un periodo fu sepolto il duca Federico da Montefeltro, in seguito spostata nella chiesa di San Bernardino, nel 1811 arrivò a Milano in seguito alle requisizioni Napoleoniche. Secondo alcuni la tavola era destinata ad essere esposta in San Bernardino, la casa francescana dove avrebbero riposato le sue spoglie; la tavola è dunque una pala funeraria.


Analisi Soggetto

Significato denotativo
Nella tavola sono rappresentati quattro angeli, in prossimità della Madonna, e sei santi, tre per lato: sulla sinistra compaiono san Giovanni Battista, san Bernardino da Siena e san Girolamo; sulla destra, sempre partendo da sinistra, vi sono san Francesco, san Pietro martire e san Giovanni evangelista. La Vergine è in trono quale Regina del Paradiso, tiene sulle ginocchia il Bambino che dorme adagiato su una pelle d’agnello di cui è foderato anche il mantello della Madre. Il Bambino ha al collo un laccio di corallo con due pendenti: un ciondolo che presumibilmente è d’ambra e un ramo di corallo, perfetto nei particolari, che finisce proprio sul plesso solare. La cosa in se stessa non sarebbe degna di nota se il laccio fosse proporzionato alla figura del Bambino. L’iconografia è quella della maestà, i santi si trovano un gradino più in basso della Madonna e degli angeli, in primo piano c’è Federico da Montefeltro, committente dell’opera, che è raffigurato in un momento d’estremo raccoglimento. Egli indossa l’armatura, ma non è in procinto di combattere perché ha posato le armi.

Significato connotativi
La tavola è un esempio mirabile di quel ordine formale che è qualcosa in più che una semplice scelta stilistica: è la fiducia in un universo basato su un’armonia di fondo di matrice razionale e matematica. Tutto è simmetrico e preciso, in particolare l’architettura sullo sfondo, che è il qualcosa in più che possiede quest’immagine. Siamo all’interno di una chiesa, all’incrocio tra navata e transetto, giusto davanti l’abside. Lo spazio quindi è rappresentazione, non solo, di un luogo sacro, ma di un ordine cosmico basato sulla chiarezza e sulla razionalità. Particolare originale di questo spazio è la forma della semicupola del catino absidale, a forma di conchiglia. Dalla sua sommità pende un uovo di struzzo. Il significato dell’uovo va cercato in una credenza medievale, secondo la quale le uova degli struzzi venivano dischiuse dal calore del sole, e pertanto erano prese a simbolo della immacolata concezione della Madonna. Nelle chiese orientali si appendevano delle grandi uova di struzzo, come simbolo sia della nascita, che della resurrezione (pensate alle uova pasquali). L’uovo è, in effetti, un antichissimo simbolo della creazione, e alcuni miti egiziani e indiani raccontavano che il mondo aveva avuto origine da un immenso Uovo Cosmico.
Probabilmente anche la conchiglia rimanda allo stesso significato, perché si credeva che al suo interno la perla si formasse senza intervento della fecondazione maschile. Questi particolari rimandano quindi al mistero della nascita di Gesù, inteso come miracolo dal quale far discendere la possibilità dell’uomo di salvarsi.

Pala di Brera di Piero della Francesca
Pin it

Nella tavola si possono leggere anche significati meno mistici, ma più storici. La datazione della tavola ci fa ritenere che essa alluda anche alla nascita del figlio Guidobaldo, avvenuta agli inizi del 1472, e alla morte, sei mesi dopo della moglie Battista Sforza. L’atteggiamento di preghiera di Federico di Montefeltro sarebbe quindi originato anche dalla sua volontà di esprimere la sua preghiera per la moglie deceduta e per il figlio appena nato. Da ricordare, infatti, che la tavola era sicuramente destinata ad ornare la futura tomba di Federico, ed è probabile che il condottiero in essa volesse coniugare i suoi sentimenti religiosi con i suoi principali affetti terreni: la moglie e il figlio. Battista muore precocemente nel dare alla luce suo figlio, ma lascia un gran vuoto che Federico pensa di poter colmare incaricando Piero della Francesca di dipingere una Pala che raccogliesse tutto il contenuto simbolico di una unione perfetta.

Pala di Brera di Piero della Francesca
Pin it

La Madonna, figura centrale della composizione, ha un’espressione dolce e assorta, e volge lo sguardo verso il Bambino che dorme, abbandonato sulle sue ginocchia; essa esprime la dolcezza della maternità (ricordate che il dipinto è stato collegato alla nascita del figlio del Duca), ma anche la compassione della Madre di Dio per i destini umani. Ai piedi della Vergine, Federico da Montefeltro prega, invocando la sua protezione: se l’atteggiamento del Duca è umile e devoto, la sua concentrazione e il fatto che sia rivestito dell’armatura, rivelano il suo carattere energico e il suo valore guerresco. Potete ancora notare che il Duca è inginocchiato sul pavimento, e che i Santi si trovano sul suo stesso piano, mentre la Vergine e gli Angeli si trovano su un gradino più alto. Fra i Santi (che sono Giovanni Battista, Bernardino da Siena e Gerolamo a sinistra; Francesco, Pietro Martire e Andrea a destra), risalta la figura di San Giovanni Battista, che si trova di fronte al Duca, forse per ricordare Battista Sforza, moglie del Duca; il gesto del Santo, che indica il Bambino, ricorda invece che ne aveva annunciata la nascita. La figura di Giovanni Battista è sempre emblematica, ma, in questo dipinto, la linea che unisce la punta del suo dito indice con quella dell’indice delle mani giunte di Federico passa attraverso il monile di corallo appeso al collo di Gesù bambino. Questi dunque è “indicato” come “l’albero di corallo” che è “l’albero della vita” o “l’albero della coscienza trascendente”. Nella collana di corallo rosso che Gesù bambino tiene in mano sono celati rimandi al rosso del sangue, simbolo di vita e di morte, ma anche dalla funzione salvifica legata alla resurrezione di Cristo. La croce di cristallo, tenuta da San Francesco, simboleggia lo “sviluppo
spirituale” che, come ha insegnato Cristo, sostiene l’uomo puro e casto, spinto all’acquisizione della “cristallina” purezza del corpo, dell’anima e dello spirito: purezza e dedizione ai “veri” principi cristiani (rifiuto della corruzione, del potere, della ricchezza, della lussuria).

Pala di Brera di Piero della Francesca
Pin it

Ricomposizione dati e valutazione critica
Carta d’identità dell’opera

Oggetto: Dipinto, tempera su tavola
Genere: Sacro
Tema: Sacra conversazione
Titolo: Pala di Brera, Pala di Montefeltro
Autore: Piero della Francesca
Data: 1472-1473 circa
Collocazione originaria: chiesa francescana di San Donato degli Osservanti, e successivamente chiesa di San Bernardino
Collocazione attuale: Pinacoteca di Brera( Milano) Tecniche e materiali: Tempera su tavola Dimensioni: 170 x 248 cm

Relazione tra forma e contenuto
L’espressività formale e il significato dell’opera sono perfettamente legati. I personaggi sono in un momento di raccoglimento spirituale, specialmente il duca, ed il tempo sembra essersi fermato. I contorni delle linee sono ben evidenziati e contribuiscono a dare il senso di immobilità, irrealtà ed eternità. La luce, come in tutte le opere di Piero, ha un ruolo molto importante, è una luce diffusa e mette in risalto il colore delle vesti e dei corpi. Lo spazio prospettico della chiesa, i personaggi sono all’incrocio tra il transetto e la navata centrale, aumenta il carattere metafisico dell’opera, infatti nulla meglio della chiesa rappresenta il legame tra l’uomo e Dio.

Valutazione riassuntiva
L’opera è stata definita una tra le più importanti ed enigmatiche pale d’altare del Rinascimento perché unisce diversi elementi artistici del periodo. È una tempera su tavola, tipica tecnica artistica rinascimentale che sarà sostituita più avanti con la pittura ad olio), inoltre l’ambiente è prospettico. L’opera è molto rilevante anche sotto il profilo coloristico, infatti, Piero della Francesca sintetizza in se tutti gli studi fatti fino ad allora sul colore. La pala è importante anche per il suo significato, inoltre è una delle prime volte che il committente è rappresentato in un momento di raccoglimento e non in uno di trionfo.

next →

Comments

1
AniphaeS's profile picture
@AniphaeS

Wowwwww....grazie mille Alessia per questa completissima analisi. Aspettiamo le prossime :)

6 years ago
loading
sending ...
New to Neperos ? Sign Up for free
download Neperos App from Google Play
install Neperos as PWA

Let's discover also

Recent Articles

Recent Comments

Neperos cookies
This website uses cookies to store your preferences and improve the service. Cookies authorization will allow me and / or my partners to process personal data such as browsing behaviour.

By pressing OK you agree to the Terms of Service and acknowledge the Privacy Policy

By pressing REJECT you will be able to continue to use Neperos (like read articles or write comments) but some important cookies will not be set. This may affect certain features and functions of the platform.
OK
REJECT